Non mi arrischio a parlare di questo argomento se non in forma di parabola, e questa non sarà mia, ma del profeta Isaia.
Un uomo (non so se fosse uno scultore di professione o uno che scolpiva immagini sacre per devozione) se ne andò nella foresta portando la sua scure o ascia sulle spalle, per trovare un legno e farne un idolo. Dette una occhiata ai cedri, ai faggi, ai pini, ai cipressi; tagliò un tronco dall'albero che gli parve più adatto, e lavorando uno di essi a colpi di bietta e scure, ne fece degli stecchi coi quali accese il fuoco, si scaldò e cucinò il suo cibo. Per l'altro pezzo invece usò la squadra, tirò le linee, lo sgrossò, e, usando ora il mazzuolo ora lo scalpello, ora la sgorbia ora il bulino, andava imprimendogli forma umana. Abbozzò la testa, tagliò due occhi, profilò un naso, aprì una bocca, abbozzò qualche onda di capelli vicino al viso e andò formandogli le spalle, le braccia, il petto e il resto del corpo fino ai piedi. E quando ebbe completato la figura di un uomo, lo pose sopra un altare e lo adorò.
Mi direte che questo secondo pezzo è stato molto lavorato, che possiede qualità di un individuo. Sì, le ha; ma sono quelle che voi gli avete fabbricate. Ha la bocca, perché gli avete fatto una bocca; ha gli occhi, perché gli avete fatto degli occhi; ha le mani e i piedi, perché gli avete fatto delle mani e dei piedi. E se non è così, provate un po' a dirgli che cammini con quei piedi; che lavori con quelle mani; che parli con quella bocca; che veda con quegli occhi. Ma allora, se è rimasto un pezzo di legno tale e quale com'era prima, perché non viene buttato al fuoco? O perché non vien posto sull'altare anche l'altro pezzo di legno?
Ecco qui il carico di responsabilità che porta con sé il fabbricare creature! E allora, vi compiacete di fare e disfare uomini? Quanto sarebbe meglio che fabbricaste a voi stessi la coscienza di coloro che avete fatto e di coloro che avete distrutto! Due azioni Dio ha riservato solo a se stesso: creare e predestinare. I potenti di questo mondo hanno già usurpato a Dio la facoltà di creare, perché di nullità fanno creature; ma vedo che in questo caso hanno usurpato anche quella del predestinare. Uno nel fuoco, l'altro sull'altare. Ma attenzione che anche fra voi devono esserci i condannati e i predestinati: se siete stati condannati (non so da chi), peggio per voi, dovrete bruciare; se invece siete stati da lui prescelti, buon per voi, regnerete.
E ci sarà mai stato uno di questi onnipotenti che si sia accusato colpevole di questo peccato di predestinazione? Accusato no, mai. Scusato, sì. E in modo elegante. 'Tizio ha avuto il tale incarico; Tizio ha avuto la tale ricompensa'. E la persona che parla è la stessa persona che ha dato la ricompensa, che ha concesso l'incarico, che ha fabbricato 'Tizio'. Ma se siete stati voi in persona a fare tutte queste cose, perché dite “ha avuto”? È proprio il caso del nostro Aronne interpretato alla lettera. Che cosa fece Aronne e che disse in occasione di quella storia dell'idolo? Ciò che fece fu fondere, forgiare e formare il vitello: Formavit, fecitque vitulum conflatilem (Nota 18). E ciò che lo stesso Aronne disse, fu che il vitello uscì dalle fiamme: Egressusque est hic vitulus. Uscì. Ma se siete stati voi a fondere, se siete stati voi a forgiare, se siete stati voi a curare l'oro degli orecchini, o nel migliore dei casi a tener ben stretto l'oro che riceveste senza chiedere, perché dire che 'Tizio ha avuto'? Egressus est? Perché questo è il frasario dei fabbricatori di vitelli. E in effetti
le vostre creature sono tali, che non avete il coraggio di dichiarare di esserne gli artefici.
Gli indegni che voi costruite e ponete nei posti di maggiore responsabilità provocano anche loro le stesse terribili conseguenze. E se non credete, guardate. Leggi divine e umane calpestate; popoli defraudati e impoveriti; migliaia di morti, alcuni in guerra per colpa del Governo, altri in pace per mancanza di giustizia, altri negli ospedali per mancanza di cura; e soprattutto l'ira di Dio provocata, l'essersi resi indegni dell'assistenza della sua protezione; le province, il regno e la stessa nazione tutta intera esposta ad un'estrema rovina, che già avrebbe tutto distrutto se non fosse stato per le preghiere di alcuni uomini giusti.
E sulle spalle di chi grava il peso di tutte queste conseguenze? Sulle spalle di coloro che fanno o che sostengono gli autori e provocatori di esse: Ego feci, Ego feram (Nota 24). Voi l'avete fatto, voi ne risponderete.
Ma come fanno, con un peso così grave sulle spalle, ad andarsene così leggeri, che quasi non toccano il suolo? Come può non pesare questo rimorso sulla coscienza? Come può non mordere l'anima questo cruccio? Come può non renderli inquieti, come può non sgomentarli, come può non farli addirittura impazzire il pensiero di questa resa di conti che pur dovranno dare a Dio?
E con tutto ciò sono cristiani! E con tutto ciò si confessano!
Ma io non condanno, né lodo; io mi meraviglio, insieme con le turbe: et admiratae sunt turbae.