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Si pose a guida della deputazione il sig. Pasquale Tancredi, soggetto assai influente, e perché non avvezzi a camminare sì lungo tratto a piedi, la deputazione poté stentatamente arrivare ad ora di mezzogiorno, e quando il generale non poté riceverla.
Si dové ubbidire ed il solo Pasquale Tancredi continuò per qua a rilevare le vetture per gli affievoliti deputati.
Al di costui arrivo i rivoltosi che aspettavano fuori l'abitato se lo posero in mezzo, chiedendogli notizie, ed assicurati della pace conclusa, se ne dispiacquero alquanto, e più quei diavoli figli di Giuda, i sangiovannesi, i quali proruppero in minacce contro la deputazione che si voleva massacrare al ritorno.
E si immagini il lettore quale impressione produr potevano sugli animi e nelle famiglie dei deputali siffatte voci! Povere famiglie, palpitanti attendevano il loro ritorno.
Il Sig. Governatore, negli alti suoi poteri, approvò lo stabilito col generale e s'impose alla deputazione di ritornare il domani con le condizioni accettate dal popolo, ed immancabilmente per le ore quindici, soggiungendo che il domani, domenica, sarebbe entrato in S. Marco in Lamis col buono o con la forza.
Ma perché nei tumulti popolari ci è sempre un certo numero di uomini che o per un riscaldamento di passione o per una fanatica persuasione o per uno scellerato disegno o per un maledetto gusto del soqquadro o per un pravo fine di pescare nel torbido, fanno di tutto per spingere la cosa al peggio, propongono e promuovono i più spietati consigli, soffiano nel fuoco ogni volta che principia ad illanguidirsi; non è mai troppo per costoro, vorrebbero che il tumulto non avesse né fine, né misura, così nella permanenza della deputazione in Rignano, venuto da lì un tale Giuseppe Gaggiano, detto "Inquisito", a comprare sigari per la truppa, non essendovene in Rignano a sufficienza, recò pure la notizia della pace conclusa, e che, per confermare il popolo, sarebbe la deputazione tornata in compagnia di alcuni ufficiali garibaldini.
Ed a questa voce da taluni e, come dicemmo, dai maledetti ed inumani sangiovannesi, si replicava quella istessa insinuazione: si uccidano, si uccidano! Oh allora sì che il tremore del paese, il terrore facevano sentire tutta la loro possanza! Lo spavento che si accrebbe in quelle povere famiglie al solo pensare che chi minacciava la vita ai loro di già aveva le loro vestimenta, le mani lorde di sangue umano ed innocente.
E come che nei tumulti per contrappeso ci è sempre un certo altro numero di uomini che con pari ardore e con insistenza pari ai primi si adoprano per produrre l'effetto contrario, taluni, mossi da amicizia e da riconoscenza, altri, senz'altro impulso che di un pio e spontaneo orrore del sangue, questi, e più Agostino Nardella "Potecaro", caporione del popolo, minacciando, come tigre sdegnata, i sangiovannesi, che avviliti ingambarono la loro coda, gli fece sentire che se per poco avessero ardito rivolgere una parola sola di insulto alla deputazione, quando sarebbe tornata, li avrebbe tutti sterminati.
Gloria alla influenza del "Potecaro", il Cielo il benedica, perché alle sue parole quale allarme non successe a tale notizia? Minacciato il popolo si ritirò, e poco dopo, verso un'ora di notte, la deputazione ritornò sana e salva a consolare le scorate famiglie.
A prima ora del seguente mattino, domenica, tutto il popolo armato trovatasi altra volta schierato fuori al Piano, la deputazione riunita diede lettura della convenzione stabilita col generale in Rignano.
Non tutti la sentivano bene e specialmente riguardo al disarmo.
A siffatte minacce il popolo sammarchese che quasi era persuaso ad accettare le condizioni di pace, surse altra volta a gridare che se la truppa doveva venire non doveva entrare armata, ma depositar doveva ancor essa le armi ove si richiedeva il deposito delle armi cittadine.
Strana pretenzione! Ed il galantuomismo ed il clero non potevano persuaderli.
Si dovè ricorrere ad Agostino Nardella "Potecaro", che con la sua influenza sul popolo ne fece raggiungere lo scopo, ed il disarmo avvenne, depositandosi li fucili nel camposanto.
Intanto l'ora di appuntamento era per passare, ed essendosi ottenuto il deposito delle armi, si spedì Pasquale Tancredi al Generale, onde far noto che la deputazione non si muoveva ancora, perché stava disponendo le cose per la votazione del plebiscito, essendosi il disarmo già fatto.
Così assicurati il Governatore ed il Generale, si apparecchiavano uscire da Rignano e muovere verso S. Marco in Lamis, e da qui, dopo che la popolazione si calmò, la deputazione contenta si mosse ad incontrarli.
E tu, lettore carissimo, non puoi immaginarti, né io saprei dirti il cambiamento istantaneo che successe nella popolazione poco prima sì feroce, come quando succede in un teatro il cambiamento di scene, che da quella che si faceva vedere una carcere, una casa di lutto, ne succede un'altra briosa, allegra come quella che per festa, così avvenne in quel giorno.
In men che non lo dico le facce degli uomini si erano rimesse da quell'aspetto ferigno, e tutti indistintamente allegri uscivano dalla casa comunale, dalle botteghe, dalle strade col Sì sulla falda del cappello e nelle pieghe dei berretti e molti, per farla più sontuosa, uscivano col Sì di tre colori che facevano fare da un pittore, e quel Sì che tanto abborrivano e che se fosse stato pronunziato in tempo avrebbe riscattato il paese dallo spavento e dal terrore, si pagava financo ognuno un grano.
Tutte le porte, tutti i balconi, tutte le finestre ornate si erano di bandiere tricolori con lo stemma di Savoia, ed in mancanza di questo si vedevano faccioletti di colore con in mezzo la croce bianca.
E così parate tutte le strade davasi il segno certo della pace accettata ed il cuore che prima era oppresso dal timore e dallo spavento si apriva a respirare la vita.
Verso le ore venti la truppa comparve sulle Coppe e si vedeva la cavalleria in bella linea disposta sulla cresta delle montagne. Allora tutto il galantuomismo con bandiere tricolori e tutta la popolazione si mosse ad incontrarla, salutandola con gli evviva a Garibaldi, al re Galantuomo. Prima a calare fu l'avanguardia e quattro dragoni si misero alla custodia dei fucili depositati; un tenente delle guide a cavallo fece schierare la popolazione in due ali e la istruì come doveva salutare la truppa.
04-Reazione in S. Giovanni Rotondo
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