Nel triennio 1838-1840
"fu chiamato per la seconda volta a diriggere [sic] con maggior solerzia le cose comunali che reso più prattico seppe essere indefesso ai bisogni tutti dei suoi amministrati, cosicché gli orfani si avevano gli asili, gli inoperosi la fatica e gli infelici protezione ed aiuto. Fu in questo tempo appunto che, costruito appena fino alla Cappella la nuova strada, questo popolo, fu la prima volta e nell'ammirazione istessa dei primi indigeni del nuovo mondo, vidde la corriera. Fu pure questo fatto l'ammirazione dell'Intendente della Provincia cavalier Lotti, al quale promesso avea di riceverlo in Patria per carrozza [...] Trecento bracciali vi lavoravano tre giorni; e ciò che prima era malagevole transitando a piedi, fu per sua cura reso adatto passeggiando in carrozza. Soddisfacendo l'esigenza del popolo ed i voleri delle autorità", prosegue il necrologista, "fu confermato per l'esercizio del triennio seguente".
A riprova di ciò e di altro ancora, nonostante la distruzione dell'archivio di una "tra le più illustri badie del nostro regno", attribuita, senza alcun fondamento, alla furia giacobina del generale Duhesme durante la repressione dei moti dei sanfedisti sammarchesi che proprio in un prete, don Antonio Scesa, avevano trovato il loro Alceo, esistono prove irrefragabili in specifiche allegazioni forensi stampate a Napoli nei secoli passati.
Né sono da trascurare i "clamori" sollevati, in varie occasioni, dalla popolazione contro l'esoso pagamento delle decime sacramentali la cui eco provocò "la nausea de' Regi Ministri e de' Superiori ecclesiastici".
Questa comunque la reazione del Giuliani alla notizia della sua "ricusa" in una lettera del 15 febbraio 1841:
"Gentilissimo amico, da Napoli sono avvisato che a mio nome siasi presentata supplica a S.E. il Ministro per la ricusa alla carica cui mi si proponeva dal sig. Intendente per il secondo triennio e la domanda calava alla lodata autorità per informo. Mi sono disturbato non poco a quest'annuncio, perché veggo fin dove arriva l'umana malizia. Sarei obbligato all'autore della memoria se riuscisse nel suo disegno e mi dispiace solo che non sapendo in che modo siasi espresso, temo che abbia a dispiacersene l'ottimo sig. Intendente che [mostra] tanta bontà per me.
Nel ricevere la presente, pregovi prendere la difesa e giustificarmi.
Leonardo Giuliani".
Alcuni mesi prima del truffaldino espediente, sulla testa del Giuliani si erano addensate altre fosche nubi, foriere di tremende accuse che dalla falsificazione di atti pubblici si estendevano alla concussione e al peculato.
Il 10 settembre 1840 sul tavolo dell'intendente Gaetano Lotti era giunto un circostanziato elenco di reati che il sindaco-notaio avrebbe consumato nell'arco di un ventennio.
Secondo l'anonimo accusatore
"il Giuliani, fatto notaio, ha commesso molte falsità [...] Nel 1820 per l'ingordigia si prese il denaro della cassa carbonica; usò mille diaboliche opere per essere sindaco e fece tanto che eccitò due partiti de' Gabriele e de' De Theo allo sdegno che ne nacque in pubblica piazza guerra civile con la morte di taluni [...] Ha fatto biancheggiare la chiesa collegiale (dice lui per ducati 48) nel mentre ne bastavano una ventina [...] Perché non ha fatto la candela a ribasso? Difensore del patrimonio comunale [perché si trova] in mezzo l'appalto della terragiera [sic]? In mezzo l'appalto del Camposanto? Si permetterà che costui continui ad esser sindaco? E sarà possibile che lo stesso venghi [sic] confirmato? Il presente foglio non viene sottoscritto dal supplicante per non compromettere la propria vita, essendo il sindaco Giuliani partitante, capace di qualunque delitto e per essere il supplicante ministro del santuario".
Il
Nel 1822 e '23, secondo la testimonianza del vicario foraneo Francesco Paolo Spagnoli, il Soccio "si era posto alla testa dei coloni di Zazzano per dare lite anche all'amministrazione diocesana ed ai suoi fìttuari per cui pose quegl'infelici coloni alla disperazione e nella miseria".
Era don Giovanni, a quanto si disse, un "prete bello" non insensibile al fascino femminile per il quale si guadagnò diverse censure canoniche, ma, giova ripeterlo, di carattere tempestoso, incline, per distorto senso morale, all'insinuazione e alla calunnia. Chiacchierato esecutore testamentario si serviva, talora, delle mani quale mezzo persuasivo nei confronti di poveri diavoli caduti nella pania dell'usura esercitata su larga scala, senza la benché minima increspatura di coscienza.
Fu immediatamente querelato dal Giuliani che si costituì parte civile nel processo durante il quale si accertarono le falsità delle accuse mossegli e per le quali il calunniatore subì una sicura condanna la cui entità si potrà ricavare dalla lettura della sentenza del giudice G. Magiorini custodita nell'archivio pretorile.
Su di una camicia che custodisce le sue carte processuali, il Giuliani ha scritto:
"Si conservano questi atti giudiziari per sola memoria e non mai per fine di vendetta la quale Iddio l'ha riservata... Tutte le tribolazioni finirono in gloria del perseguitato e a confusione dei suoi nemici i quali in fine se ne dispiacquero".
In un contesto cittadino sempre alle prese, lo si è già detto, con i quotidiani problemi della sopravvivenza, chiuso in se stesso, estraneo se non ostile alla circolazione di idee di rinnovamento politico propugnato nel nonimestre costituzionale dalle vendite Carbonare e poi riaffermato da una sparuta minoranza di "effervescenti liberali" nel 1848 per il quale il Giuliani aveva apertamente manifestato "interesse e simpatia", fare il sindaco non doveva essere oggettivamente un'impresa di poco conto.
Ma è proprio in una temperie del genere, tra crescenti occupazioni e preoccupazioni che il sindaco-giurista trovò, a conforto delle "tribolazioni", lo spazio per adempiere ad un faticoso quanto dispendioso impegno civile nel quale profuse le migliori energie cercando nell'archivio dell'intendenza e in quello della capitale la documentazione necessaria per la stesura di "memorie" e allegazioni forensi su temi di scottante attualità: ristabilimento dei confini territoriali con i limitrofi Comuni stabiliti dalla Commissione Feudale; reintegra dei terreni demaniali con il ripristino su di essi degli usi civici e risoluzione dei contratti di fida con i conduttori delle terre ex-badiali per l’uso dei pascoli a favore degli armentari locali.
L'economia del lavoro non consente che un fugace accenno su qualcuna delle più significative cause promosse e sostenute dal Giuliani "senza scomodare in alcun modo la Comune" nel Consiglio di Intendenza a Foggia, nella Gran Corte dei Conti e nella Consulta Generale del Regno a Napoli ove, a sue spese, soggiornò in diverse circostanze "rinunciando agli emolumenti della professione", fornendo così ulteriore prova del suo vivo senso di civica responsabilità non disgiunto dalla chiara visione giuridica dei problemi su cui fondava la forza delle sue argomentazioni per sostenere i legittimi interessi dei suoi amministrati.