I ladri e le rivoluzioni.
Tre rivoluzioni sono memorande nel mondo. La prima che chiameremo nonna, ed è il protestantesimo, che generò la rivoluzione francese, rivoluzione madre da cui ai tempi nostri nacque la Repubblica romana, rivoluzione figlia. Ebbene, aprite la storia e troverete che nonna, madre e figlia produssero un'infinità di ladroni, i quali misero a sacco ed a ruba le terre che volevano rigenerare.
Nel secolo XVI la Riforma produsse la rivolta dei villani, che insorsero prendendo per insegna lo zoccolo contadinesco contro gli stivali dei signori. Sul Reno, in Alsazia, in Lorena, nel Tirolo, nella Carinzia, nella Stiria gli insorti corsero alle armi, e, levandosi contro il ricco, bandirono guerra alla proprietà, alla magistratura, alla nobiltà, bruciarono castelli, abbatterono chiese, pigliando di mira principalmente i signori, e giurando di non lasciar la vita ad un solo di questi viventi nell'ozio.
Ed i villani erano logici, che Lutero aveva predicato loro: “Chiunque aiuterà col braccio o altrimenti a rovinare i Vescovi e la Gerarchia Cattolica, è buon figlio di Dio”. Ora, se era un'opera buona e santa spogliare i Vescovi e i vescovati, come poteva dirsi cattiva invadere i tribunali, occupare i castelli, e saccheggiare i vasti poderi dei possidenti?
E questi ladroni erano logici, perché, dopo di aver rubato in nome dello Stato sotto gli ordini di Robespierre, stimavano di poter rubare ancora in nome proprio. Giacché lo Stato essendo lo insieme dei cittadini, se il furto è lecito ad alcuni milioni di persone riunite fra loro in società, non può venire proibito ai membri che compongono questa società medesima.
Finalmente la Repubblica Romana regalò agli Stati pontifici un numero senza numero di latrocini. Carlo Luigi Farini ne parla a lungo nel suo Stato Romano e ci racconta una parte dei latrocini commessi sotto quel tristissimo Governo. “Fra gli inni di libertà e gli auguri di fratellanza (così il Farini) erano violati i domicili, violate le proprietà; qual cittadino nella persona, qual era nella roba offeso, e le requisizioni dei metalli preziosi divenivano esca a ladroneggi e pretesto a rapinerie”.Ed erano logici anche questi furfanti, applicando ai Romani le dottrine della rivoluzione, e poiché era stato lecito ai cosi detti uomini del Governo togliere il Regno al Papa, facevano ragione i malfattori che non potesse loro vietarsi di levare le sostanze e la vita ai privati, che una sola è la morale, e tutti i diritti, tutte le proprietà poggiano sulla medesima base.
Il nostro Vittorio Alfieri fu dei più caldi a provare in versi ed in prosa che i rivoluzionari francesi dell’ottantanove non erano che ladri, e non sarà male levarne qualche citazione:
Dalli, dalli
Agli empi, ai ladri, ai miscredenti, ai pravi
Ammazzapreti, ammazzadonne ignavi,
Reprobi e schiuma delle inferne valli.
Alfieri, Misogallo, Sonetto XIX (14 dicembre 1792).
Certi nomi si accoppiano, altri no.
Verbi grazia stan ben Libero e Giusto;
E a meraviglia stan LADRO ed Ingiusto.
Ma no Dio pure maritar mai può
Libero e Ingiusto, ovvero Giusto e LADRO.
Alfieri, Misogallo, Epigramma LIX (28 luglio 1792).
Rubino i ladri, è il loro dovere; il mio
E’ di schernirli, al boia d'impiccarli;
Il seppellire lascisi all’obblio.
Alfieri, Misogallo, Sonetto XI (13 settembre 1792).
Vecchi, bambini, carchi di lattime
Balbettando virtudi avete raso
Un Regno e sovra le RAPINE OPIME
Di non attico sal vuotato il vaso.
Alfieri, Misogallo, Sonetto II (26 luglio 1790).
“Spogliare, atterrire ed uccidere; indi uccidere, atterrire e spogliare; e indi ancora atterrire, uccidere e spogliare e sempre poi tutti tre questi verbi di regno, raccozzati e voltati in quanti modi può dare la volontà suprema e la forza, son soli l'arte e il segreto di pastoreggiare (governare)”.
Queste citazioni provano che se l'Alfieri, tuonando contro i ladri dei tempi suoi, e descrivendo la ladronaia francese, fece opera liberalissima, io non farò male bollando i ladri dei tempi miei, e tentando di far conoscere i ladri del Regno d'Italia da Torino a Roma. E come all'Alfieri fu elevato un monumento a Firenze nella Chiesa di Santa Croce, così io posso sperare che a suo tempo mi tocchi il medesimo onore. Coraggio adunque, e dalli, dalli.