Rosaceae
Malus sylvestris In evidenza
Caratteristiche
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Immagine
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Nomenclatura e sistematica
Malus sylvestris Miller = Pyrus malus var. sylvestris Auct. = Malus acerba Murat. (Fam. Rosaceae). Melo selvatico o Melastro. In dialetto è detto 'Melàine' (sammarchese).
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Origine del nome
Malus: così i Romani chiamavano il Melo.
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Comportamento ed habitat
E' ubiquitario e lo troviamo dal Lauretum sino al Fagetum. Lo troviamo ai margini delle radure, nel bosco come specie del piano dominato, lungo i pendii assolati. Non forma popolamenti puri ma vegeta isolato su terreni di diversa natura verso i quali è indifferente. Questo è un fatto molto importante in arboricoltura in quanto proprio per questo il Melastro viene utilizzato come portainnesto su terreni difficili là dove altri portainnesto darebbero risultati minori.
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Diffusione
E' presente in tutta l'Italia, isole comprese. Sul Gargano è presente ovunque.
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Portamento e radici
Morfologia
Arbusto o alberello di 6-7 m sino a 10, appartenente alle Dicotiledoni. Rami spinosi e con tomento da giovani. Rami adulti glabri. Vive sino a 80 anni.
Corteccia
Da giovane grigio chiara con sfumature rossastre. Da adulta grigio scura fessurata in scaglie irregolari che tendono a desquamarsi.
Gemme
Rotondeggianti in punta. Marroni, di colore dei ramuli. -
Foglie
Caduche, alterne, semplici. Verde-chiare, lucenti e glabre di sopra da adulte; pubescenti di sotto e con grossa nervatura centrale e 3-4 laterali. Consistenza coriacea. Con 2 stipole caduche, aghiformi, biancastre o rossicce, lunghe quanto il peduncolo. Ovali o ellittiche, con margine dentellato. Apice acuto, base acuta o rotondata. Lunghe 4-7 cm e larghe 2-4 cm. Picciuolo lungo 1-3 cm.
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Fiori
Sono ermafroditi e in infiorescenze con 3-7 fiori terminali ed erette, su rami corti di 2-3 cm. Peduncolo fiorale di 1-3 cm, peloso. Sepali 5, stretti, terminanti con una punta scura e rivolti verso il basso. Calice gamosepalo, peloso. Corolla con 5 petali obovati con unghiatura che si restringe di colpo, bianchi internamente o con macchie rosa, esternamente macchiati di rosa o rosso, lunghi 1-1,5 cm, larghi 0,5-0,8 cm. Stami 10-20 con filamenti biancastri e antere gialle. Ovario unico a 5 logge con 2 ovuli ciascuna; 5 stili saldati tra loro alla base.
- Epoca di fioritura Aprile-maggio
- Impollinazione Entomofila
- Frutti Pomi di 3-4 cm. Globosi o schiacciati tra i resti del calice ed il peduncolo. A maturità verdi, giallastri o rossi. Presentano resti del calice. Peduncolo lungo quanto il frutto. Asprigni. Semi a forma di goccia, scuri, compressi, 2 per loggia.
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Confusione e riconoscimento
Nell'ambito del genere Malus ci interessano due specie:
1. Melo selvatico o Melastro. Malus sylvestris Miller = Pyrus malus var. sylvestris Auct. = Malus acerba Murat.
2. Melo comune, Malus domestica Borkh. = Pyrus malus L. = Malus communis DC = Malus sylvestris var. mitis Wallr. ; incl. var. tomentosa Koch et var. dasyphylla Asch et Gr.
Secondo alcuni autori il Melo selvatico sarebbe indigeno anche per l'Italia o per lo meno sarebbe introdotto da così lungo tempo che ormai si può ritenerlo spontaneo e da esso deriverebbero le numerose varietà coltivate di Melo.
Secondo altri autori i Meli coltivati trarrebbero la loro origine da incroci molteplici tra il Melastro e specie provenienti dall'Oriente; queste forme sarebbero poi stabilizzate dalla coltura (Pignatti).
Nel bosco Difesa S. Matteo troviamo, ovviamente, solo il Melastro che in primavera lo si riconosce nelle macchie o sul limitare del bosco molto facilmente per i fiori grandi, bianchi e soffusi di rosa o di rosso all'esterno; i fiori sono molto evidenti in fase di schiusura. -
Utilizzo
Uso agricolo
In agricoltura, per le sue caratteristiche di vegetare bene su terreni di diversa natura, è utilizzato come portainnesto del Melo comune, soprattutto in situazioni non ottimali.
Altri usi
L'interesse silvocolturale del Melo selvatico è pressoché nullo perché piccolo di dimensioni, di lenta crescita e il legno è poco pregiato, meno di quello del Perastro. Il legno, duro, va bene per lavori al tornio. I frutti vanno bene per l'alimentazione degli animali. -
Curiosità
Pyrus amygdaliformis In evidenza
Caratteristiche
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Immagine
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Nomenclatura e sistematica
Pyrus amygdaliformis Vill. (Fam. Rosaceae). Pero Mandorlino. In dialetto è detto 'Perazze' (sammarchese).
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Origine del nome
Il Pero mandorlino deriva il suo nome dalle foglie che sono lanceolate come quelle del Mandorlo.
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Comportamento ed habitat
Esiste per lo più in forma di arbusto alto 1-3 metri e raramente in forma di alberello alto 4-5 m, appartenente alle Dicotiledoni. Tronco e rami in genere contorti. Con spine all'apice dei germogli. Rami giovani ricoperti di tomento biancastro che poi perdono con l'età.
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Diffusione
Vive dal Lauretum al Fagetum in forma sporadica, ma talora anche in macchie. Lo troviamo nelle garighe percorse dal fuoco, spesso unico alberello che riesce a resistere ai ripetuti passaggi del fuoco; lo troviamo ancora lungo le scarpate ferroviarie. Vegeta nelle macchie, nelle radure, lungo i sentieri.
E' presente nell'Italia meridionale e nelle isole. Nel versante tirrenico sale sino in Liguria. -
Portamento e radici
Corteccia
Da adulta, grigio-bruna, profondamente incisa in placche quadrangolari di 2-3 cm. di lato. Rami grigi chiari; ramuli grigi rossastri chiari.
Gemme
Grosse, robuste, rossastro-scure che contrastano con il colore grigio-chiaro dei rametti. Gemme a legno: grigie, dello stesso colore dei rami. -
Foglie
Caduche, alterne, semplici. Verdi nella pagina superiore; pagina inferiore più chiara, con piccole rilevature e presenza di sostanze cerose. Margine intero o con pochi denti apicali. Consistenza coriacea. Pelose da giovani e glabre a maturità. Lunghe 2-7 cm e larghe 1-3 cm. Picciuolo lungo 1-3 cm. Lanceolate oppure obovate, a margine intero.
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Fiori
Comparenti prima delle foglie. Sono ermafroditi e in infiorescenze 8-12 flore. Peduncolo fiorale di 2-3 cm. Petali 5, bianchi, ellittici, con apice arrotondato e smarginato, unghia cuneata e pelosa. Sepali 5, pelosi, triangolari, rivolti verso il basso. Stami circa 20, con filamenti biancastri e antere marroni. Ovario unico. Stili 5, liberi, non saldati alla base come nel genere Malus; più corti degli stami.
- Epoca di fioritura Aprile-maggio
- Impollinazione Entomofila
- Frutti Pomi di 1-3 cm. Giallastri a maturità con punteggiature o macchiettature rugginose. Con resti del calice. Peduncolo robusto e lungo quanto o più del frutto. Con granelli legnosi nella polpa aspra. Vanno bene per alimentare suini.
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Confusione e riconoscimento
Nell'ambito del genere Pyrus interessano tre specie:
1. Pero selvatico o perastro, Pyrus Pyraster Burgsd = Pyrus communis var. achras (Gaertner) Wallr.
2. Pero mandorlino, Pyrus amygdaliformis Vill.;
3. Pero comune, Pyrus communis L.
Secondo alcuni autori il Pero comune non esiste spontaneo e deriva da miglioramenti genetici esercitati nei confronti del Pero selvatico; secondo altri dall'incrocio tra il Pero spontaneo e specie dell'Asia Occidentale.
Secondo altri autori ci sarebbe un ciclo del Pyrus communis L. di cui il Pyrus pyraster e il Pyrus amygdaliformis sarebbero due varietà botaniche.
Secondo altri autori neanche il Pero selvatico sarebbe indigeno in Europa ma sarebbe stato introdotto da molto tempo dall'Asia centro-occidentale. Tuttavia esso si sarebbe ambientato così bene da essere ora spontaneo.
Nel bosco Difesa S. Matteo troviamo il Pero mandorlino e il Pero selvatico.
Il Pero mandorlino e il Perastro hanno entrambi i rami ad apice spinescente; differiscono per le foglie (ovate e a margine seghettato nel Perastro, lanceolate e a margine intero nel Pero Mandorlino), per i frutti (più piccoli nel Pero mandorlino) per la lunghezza relativa tra stami e stili (lunghezza stami = stili nel Perastro e stami più lunghi degli stili nel Pero mandorlino). -
Utilizzo
Funzione ornamentale
Per le sue piccole dimensioni viene utilizzato come pianta ornamentale nei casi in cui ci sono piccoli spazi a disposizione o quando c'è necessità di avere altezze contenute.
Altri usi
Il suo legno, duro, può trovare impiego per lavori al tornio, ma per lo più è utilizzato come legna da ardere e in questo caso si rileva un buon combustibile. -
Curiosità
Pyrus pyraster In evidenza
Caratteristiche
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Nomenclatura e sistematica
Pyrus pyraster Burgsd = Pyrus communis var. achras (Gaertn.) Wallr. (Fam. Rosaceae). Pero selvatico o Perastro. In dialetto è detto 'Perazze' (sammarchese).
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Origine del nome
Pyrus: nome con il quale i Romani indicavano il genere (Dato da Virgilio e Plinio - Dalla Fior). Pyraster = perastro.
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Comportamento ed habitat
Di solito vive da solo o insieme a pochi altri esemplari negli arbusteti, al limitare del bosco, nel bosco stesso, dal Lauretum sino al Fagetum.
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Diffusione
E' presente in tutta l'Italia soprattutto sull'Appennino centro-meridionale. Sul Gargano è diffuso ovunque.
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Portamento e radici
Morfologia
Arbusto alto 3-4 metri sino ad albero di 15-20 metri, appartenente alle Dicotiledoni. Rami spinosi all'apice.
Corteccia
Bruna, a placche rettangolari con solchi profondi tra esse.
Gemme
Tozze e coniche. Scure, glabre. -
Foglie
Caduche, alterne, semplici. Verde-scure e lucenti di sopra; di sotto più chiare. Consistenza coriacea. Stipole caduche e strette. Pelose da giovani e glabre a maturità. Più o meno ovali o tondeggianti con base ristretta, cordata o rotonda ed apice appuntito. Margine dentellato. Lunghe 3-6 cm e larghe 2-5 cm. Picciuolo lungo 2-5 cm.
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Fiori
Comparenti prima delle foglie. Sono ermafroditi e in infiorescenze a corimbi con 3-7 fiori e più. Peduncolo fiorale tomentoso e di 3-4 cm. Calice peloso con 5 sepali. Corolla con 5 petali ovali, bianchi, talora rosati all'esterno, ad apice rotondato. Stami 20-30 con filamenti biancastri e antere rosse. Ovario a 5 logge e 5 stili pelosi alla base e lungo quanto gli stami. Stili liberi, non saldati alla base come nel genere Malus.
- Epoca di fioritura Aprile-maggio
- Impollinazione Entomofila
- Frutti Pomi di 2-4 cm. A maturità gialli, bruni o neri. Presentano resti del calice. Peduncolo più lungo del frutto. Con granelli legnosi nella polpa. Astringenti, comunque commestibili a maturità.
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Confusione e riconoscimento
Nell'ambito del genere Pyrus interessano tre specie:
1. Pero selvatico o perastro, Pyrus Pyraster Burgsd = Pyrus communis var. achras (Gaertner) Wallr.
2. Pero mandorlino, Pyrus amygdaliformis Vill.
3. Pero comune, Pyrus communis L.
Secondo alcuni autori il Pero comune non esiste spontaneo e deriva da miglioramenti genetici esercitati nei confronti del Pero selvatico; secondo altri dall'incrocio tra il Pero spontaneo e specie dell'Asia Occidentale.
Secondo altri autori ci sarebbe un ciclo del Pyrus communis L. di cui il Pyrus pyraster e il Pyrus amygdaliformis sarebbero due varietà botaniche.
Secondo altri autori neanche il Pero selvatico sarebbe indigeno in Europa ma sarebbe stato introdotto da molto tempo dall'Asia centro-occidentale. Tuttavia esso si sarebbe ambientato così bene da essere ora spontaneo.
La variabilità di alcune caratteristiche del Perastro è notevole. In particolare varia la forma e la pelosità delle foglie; notevole è anche la variabilità delle dimensioni e del colore dei frutti che va dal giallo, al nero, al marrone.
Nel bosco Difesa S. Matteo troviamo il Perastro e il Pero mandorlino.
Il Perastro e il Pero mandorlino hanno entrambi i rami ad apice spinescente; differiscono per le foglie (ovate e a margine seghettato nel Perastro, lanceolate e a margine intero nel Pero Mandorlino), per i frutti (più piccoli nel Pero mandorlino) per la lunghezza relativa tra stami e stili (lunghezza stami = stili nel Perastro e stami più lunghi degli stili nel Pero mandorlino).
Il Perastro differisce dal Pero comune per i seguenti caratteri: il Perastro ha frutti più piccoli e rami spinescenti; il Pero comune ha frutti grandi e rami senza spine. -
Curiosità
Il legno del Perastro è conosciuto come finto ebano in seguito al trattamento con sali di ferro che lo fanno diventare nero.
Rosa canina In evidenza
Caratteristiche
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Nomenclatura e sistematica
Rosa canina L. Famiglia Rosaceae. Rosa canina, Rosa selvatica comune. Nomi dialettali: 'Cucummèdda' (sammarchese).
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Origine del nome
Rosa canina deriva dal greco kynorrhodon = Rovo dei cani perché i Greci, che così la chiamavano, ne impiegavano la radice per curare la rabbia.
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Comportamento ed habitat
Vegeta dal Lauretum al Fagetum o, in altri termini, dal mare sino alla montagna. E' quindi ubiquitaria preferendo le macchie, le siepi, i boschi radi, le radure. Insomma, la si trova ovunque ci sia spazio, anche nei campi abbandonati, lungo le macerie.
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Diffusione
La Rosa canina in Italia è diffusa ovunque e lo stesso avviene sul Gargano.
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Portamento e radici
Arbusto alto 2-3 m, appartenente alle Dicotiledoni. Fusto legnoso, prima diritto, poi arcuato e infine, nella parte apicale, diretto verso il basso. Ha spine robuste e curvate in basso, di colore rosso che col tempo diventa marrone e quindi grigio chiaro. Dai rami principali partono brevi rametti. Frequente la presenza di galle.
Corteccia
Nei rami giovani è verde con striature longitudinali, sottili, numerose e di colore nocciola chiaro. In quelli vecchi è grigia o con sfondo marrone ricoperto da macchie, lenticelle o estesi cordoni grigi. Nei rami di 1 anno si può rilevare bene qual è la successione dei colori: la parte esposta al sole è già diventata grigia, quella opposta è ancora verde, mentre quella intermedia è marrone chiaro. Vi sono però rami di qualche anno completamente marrone chiari.
Gemme
Rosse, tozze e appuntite. -
Foglie
Caduche, alterne, imparipennate a 5-7 foglioline ovali o ellittiche, di 1-2 x 1-4 cm. Le foglioline hanno margine dentato, colore verde sulle due pagine, sono inserite sull'asse della foglia senza peduncolo. La foglia ha invece un peduncolo di 3-5 cm. con stipole che lo ricoprono in gran parte.
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Fiori
Pianta con fiori ermafroditi da soli o in gruppi di 2-3 in infiorescenze all'apice dei rametti. Peduncolo fiorale di 2-3 cm, privo di peli e ghiandole. Diametro corolla: 3-4 cm. 5 petali di 2-2,5 cm, bianchi o rosa, con apice cordato e a base cuneata. Sepali 5, laciniati, ripieganti verso il basso, caduchi. Stami numerosi e sovrastanti altrettanto numerosi ovari (però in numero inferiore agli stami) con stili liberi, ricoperti di lanugine e in gruppo.
- Epoca di fioritura Aprile-luglio
- Impollinazione Entomofila o autoimpollinazione.
- Frutti (Cinorrodonti). Sono falsi frutti, dati dal ricettacolo ingrossato. Essi sono rossi, ovali o piriformi e lunghi 1-2 cm. I frutti veri sono degli acheni ovali contenuti nel ricettacolo e circondati da filamenti sericei.
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Confusione e riconoscimento
Si presenta in modo variabile poiché, in base a quanto riporta il Pignatti, non è una specie ma un insieme di forme che si ibridano facilmente fra loro e che conservano, nella discendenza, una buona continuità di caratteri. C'è chi ha enumerato oltre 100 forme.
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Utilizzo
Erboristeria e farmacia
L'uso più proprio sarebbe quello di stimolare la diuresi. Va bene anche contro lo stress in quanto i frutti sono molto ricchi di vitamina C. Un omogeneizzato di frutti freschi da applicare direttamente come maschera di bellezza per pulire e tonificare la pelle del viso, è molto efficace. Secondo qualcuno le galle avrebbero azione sedativa e addirittura narcotica.
Molto spesso viene utilizzata come pianta ornamentale e per siepi.
Risanamento terreni degradati. Favorisce la ricostituzione del manto vegetale arboreo dove manca. Infatti, grazie alle sue doti di pianta pioniera, è tra le prime ad occupare le radure e a migliorare il terreno per l'accoglimento di specie più esigenti che da sole non ce la farebbero ad insediarsi sui terreni degradati. Nonostante queste prerogative è però scarsamente utilizzata nei rimboschimenti.
Altri usi
I frutti sono eduli e si mangiano dopo averli puliti dai semi e dai numerosi filamenti che ricoprono i semi. Qualcuno ne fa un'ottima marmellata, apprezzata soprattutto in Germania e in Svizzera. Dagli stessi si ricava un decotto da utilizzare come bevanda dissetante (50 gr/l di acqua). -
Curiosità
Sui frutti, in seguito alla puntura di un insetto, il Rhodites rosae (Ordine Coleotteri, Famiglia Cynipidae), si formano delle galle che, di apparenza simile a un muschio, prendono il nome di bedeguar. Il nome di bedeguar deriva dal persiano, ma a noi è giunto attraverso la traduzione dei medici arabi.
Rubus ulmifolius In evidenza
Caratteristiche
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Nomenclatura e sistematica
Rubus ulmifolius Schott = R. rusticanus Mercier = R. discolor Auct. (Fam. Rosaceae). Rovo, Rovo comune. In dialetto sammarchese è detto 'Merìcule'.
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Origine del nome
Rubus: nome dato dai Latini ai Rovi e alle Rose selvatiche. Ulmifolius: simile a foglie di Olmo. Gli elementi della foglia, infatti, assomigliano alle foglie di Olmo. Rusticanus: di campagna. Discolor: di 2 colori per le foglie verdi di sopra e bianche di sotto per il tomento.
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Comportamento ed habitat
Vegeta dalle zone più basse del Lauretum sino al Fagetum, cioè dal mare ai 1500-2000 metri di altitudine. Vive nel folto del bosco, lungo i sentieri, nelle aree abbandonate, lungo le macerie, lungo le scarpate di strade e ferrovie, nei coltivi dismessi che inizia a ricoprire di vegetazione essendo pianta pioniera.
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Diffusione
Vegeta in tutta l'Italia.
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Portamento e radici
Arbusto di 1-2 metri, appartenente alle Dicotiledoni. Si presenta molto aggrovigliato perché dato da molti fusti, tutti di diametro molto contenuto ai quali annualmente vanno ad aggiungersi nuovi getti grazie alla sua grandissima capacità di emettere polloni. Questi ultimi crescono prima eretti e solo successivamente cominciano ad arcuarsi. E' dalla parte arcuata che, l'anno successivo all'emissione dei getti, originano le gemme a frutto, che poi daranno i fiori e quindi i frutti. La parte arcuata può incurvarsi così tanto da toccare il terreno e allora in questo punto il Rovo può emettere radici. Non sempre i nuovi getti hanno andamento eretto in quanto ci possono essere fusti ad andamento prostrato cosicché la varietà di forme riscontrabili è notevole. Il fusto ha 5 costole rilevate lungo le quali ci sono spine robuste, rossastre, diritte o un po' arcuate verso la punta giallastra, lunga 4-5 mm. L'aspetto intricato del Rovo è accentuato dalla presenza di spine anche sulle infiorescenze risultandone un ammasso di vegetazione impenetrabile. Le cinque facce tra le costole possono avere superficie piana o scanalata.
Corteccia
Violacea, pruinosa cioè ricoperta da sostanze cerose che si staccano con le dita. Liscia e glabra.
Gemme
Piccole, tozze, dello stesso colore del fusto, inserite all'ascella di rametti o lungo i rami; schiusura a marzo. -
Foglie
Caduche, alterne od opposte. Imparipennate con (3)-5-(7) foglioline. Queste sono con picciuolo breve e schiacciato ad eccezione di quella centrale che ha il picciuolo di circa 2 cm che si prolunga nell'asse della foglia. Esse sono ellittiche od obovate, a base rotondata, con apice acuminato e margine seghettato. Verde-opache di sopra, biancastre per la tomentosità di sotto. Di consistenza cartacea. Lunghe 3-6 cm; larghe 2-4 cm. Peduncolo dell'intera foglia lungo 3-5 cm, spinoso come i peduncoli delle foglioline e come i nervi.
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Fiori
Comparenti dopo le foglie. Sono ermafroditi e riuniti in racemi, corimbi o pannocchie terminali, con molti fiori, lunghe 4-20 cm, con asse centrale e peduncoli pelosi. Peduncolo fiorale di 1-3 cm, glabro, di colore verde. Sepali 5, verde-chiari, triangolari con base larga ed apice allungato ed acuminato, piegati verso il basso. Corolla con diametro di 2-3 cm, data da 5 petali separati, bianchi o rosa, più o meno tondeggianti, diametro di circa 1 cm, un po' arricciati e spiegazzati. Stami circa 30 con filamenti biancastri o rosa e antere gialle o brune. Ovari numerosi, verde-chiari, glabri, inseriti su un asse fiorale a capolino conico. Stili verdastri, di diversa lunghezza perché partendo da inserzioni diverse arrivano quasi tutti alla stessa altezza. Stigmi dello stesso colore degli stili e degli ovari.
- Epoca di fioritura Maggio-luglio
- Impollinazione Entomofila
- Frutti (More). Sono falsi frutti, verdi da acerbi, quindi rossi e infine neri a maturità. Derivano dall'ingrossamento del ricettacolo sul quale sono attaccate delle piccole drupe globose di color nero contenenti ciascuna un nòcciolo duro e sferico. Commestibili.
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Confusione e riconoscimento
I rovi appartengono al genere Rubus L. che annovera numerose specie il cui primo inquadramento sistematico è dovuto a Linneo che distingueva i rovi in quattro specie:
1. Rubus saxatilis L. Rovo erbaiolo, More rosse;
2. Rubus idaeus L. Rovo ideo, Lampone;
3. Rubus caesius L. Rovo bluastro;
4. Rubus fruticosus L. che includeva circa 40 specie. Le principali flore italiane hanno mantenuto in linea generale questa suddivisione mentre altri autori europei hanno approfondito gli studi enumerando circa 2.000 specie delle quali circa duecento riguarderebbero l'Italia (Pignatti).
Si tratta di un genere in via di speciazione, ossia di formazione di specie, per cui ci sono numerose complicazioni che neanche gli specialisti, a volte, riescono a districare. In ogni caso è molto difficile riconoscere le specie elencate in natura e occorre lavorare a casa col materiale raccolto secondo dati criteri.
Nel bosco Difesa S. Matteo sono state riscontrate solo piante che potrebbero essere ascritte al gruppo Rubus fruticosus che con molta probabilità appartengono alla specie Rubus ulmifolius Schott. -
Utilizzo
Uso alimentare
I frutti sono eduli. Da essi si ricavano marmellate e confetture. Molto utilizzati in pasticceria e gelateria.Farmacia
Il Rovo non è inserito nella F. U. I., ma i suoi frutti sono utilizzati come aromatizzanti.
Medicina popolare
I frutti freschi, ma anche succhi e sciroppi, hanno blande proprietà astringenti intestinali e per questo vanno bene nel trattamento delle diarree dei bambini perché ben accetti da essi. Questa proprietà astringente li fa impiegare anche nel trattamento delle emorroidi soprattutto come coadiuvante.
Per uso esterno si impiegano invece le foglie in decotti di 5-10 grammi di foglie secche per 100 ml di acqua. Si fanno sciacqui, gargarismi, irrigazioni, lavaggi, applicazioni di pezze imbevute su cute sofferente, mucose della bocca e intime, emorroidi, ecc.
Importanza in agricoltura
Il Rovo è una pianta che si presta ad essere coltivata per la produzione di frutti soprattutto nelle sue varietà senza spine.
Il Rovo però, sul Gargano, assieme alle Felci, costituisce una delle principali infestanti dei terreni abbandonati dalle colture. Quando si cerca di ricoltivarli ci sono problemi seri. Molti tentativi di seminare i coltivi abbandonati per ricavarne foraggi sono falliti proprio a causa di queste infestanti.
Da sottolineare è il fatto che, dopo il passaggio del fuoco, il Rovo ricaccia con una vigoria prima inesistente.
Se però guardiamo lo stesso fenomeno, ma dal punto di vista della ricostituzione del bosco dove questo, per cause diverse, èato distrutto, la sua capacità di colonizzare gli spazi vuoti e cioè la sua caratteristica di pianta pioniera fa sì che il giudizio su questa pianta cambia notevolmente. Anche perché il Rovo è una pianta che si presta ad altri usi. -
Curiosità
L'utilizzo dei frutti di Rovo a fini alimentari nelle popolazioni antiche è testimoniato dal ritrovamenti in alcuni siti lacustri di ammassi di semi di questa pianta.
Dell'uso nella medicina popolare nell'antichità vi sono testimonianze di Teofrasto, Dioscoride, Plinio, ecc.
Crataegus monogyna jacq In evidenza
Caratteristiche
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Nomenclatura e sistematica
Crataegus monogyna Jacq. Biancospino comune, Azeruolo selvatico, Azzeruolo, Lazzeruolo. In dialetto sammarchese è detto 'Spinapuce'; i frutti sono detti 'Cerasèdde'. Classe: dicotyledonae, Famiglia: rosaceae.
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Origine del nome
Crataegus: deriva dal greco 'krataigos' che è il nome dell'Azzeruolo; monogyna: deriva dal greco 'monos' = solo e 'ghiné' = donna. Per il fatto che ha 1 solo pistillo che è l'organo riproduttore femminile del fiore, dato da ovario, stilo e stigma.
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Comportamento ed habitat
Vegeta dal Castanetum al Picetum, per lo più isolato o a piccoli gruppi avendo una preferenza per i suoli calcarei e le zone in pieno sole, anche se vegeta bene in tutti i tipi di terreno. Lo troviamo nelle radure, al limitare del bosco, ma anche nel piano dominato delle foreste ad alto fusto.
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Diffusione
In tutto il territorio italiano ed è molto comune. Gli esemplari mostrati sono stati fotografati: Bosco Difesa S. Matteo, Coppe Casarinelli (S. Marco in Lamis), Ruggiano (M. Sant’Angelo).
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Portamento e radici
Arbusto, talora alberello alto 4-5 m. Molto ramoso; rami con spine dure, aguzze e scure.
Corteccia
Nelle piante giovani è liscia e scura con presenza di scaglie. Nelle piante adulte è grigio-chiara.
Gemme
Tozze, rossastre, arrotondate. -
Foglie
Caduche, alterne, semplici. Verdi e lucenti su ambo le pagine, più chiare di sotto. Coriacee, glabre. Lunghe 3-4 cm e larghe 2-3 cm. Picciuolo lungo 1-2 cm, glabro, incavato, con stipole all'inserzione sui rami, a forma diversa. Triangolari o romboidali, a base cuneata. Il lato o i lati apicali presentano profonde incisioni e grossi denti o lobi (3-5 cm). I due lati che si congiungono nella base sono a margine intero.
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Fiori
Sono ermafroditi e in gruppi di 3-8 su rami dell'anno precedenti mentre mancano sui rami dell'anno. Peduncolo fiorale di 1-3 cm, pubescente. Sepali 5, verde-chiari, uniti alla base e terminanti con filamenti allungati e triangolari; assieme al ricettacolo un po' pelosi, subito ripiegati in basso. Calice gamosepalo, che si allarga verso l'alto, lungo due volte la larghezza. Stami circa 20, disposti sul margine del ricettacolo. Filamenti bianchi, antere beige o marrone molto chiaro. Ovario unico, glabro, con 1 solo stilo donde il nome, con stigma appiattito. Petali 5, divisi tra loro, rotondati e con una piccola unghia, bianchi, con diametro di 5-6 mm, glabri.
- Epoca di fioritura Aprile-maggio
- Impollinazione Entomofila
- Frutti Drupe rosse, un po' più lunghe che larghe e con diametro di circa 7-10 mm. Con 1 nòcciolo duro e rotondo. Polpa bianca e farinosa. Presenta i resti del calice.
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Confusione e riconoscimento
Secondo alcuni autori ci sarebbero due subspecie del Biancospino:
1. Biancospino comune, Crataegus monogyna Jacq, caratterizzato da 1 stilo, 1 frutto, foglie con incisioni molto profonde e lobi privi di dentellature che sono presenti solo all'apice, antere scure; pianta che vive nel sottobosco ma vegeta bene anche in piena luce.
2. Biancospino selvatico, Crataegus oxyacantha L. = C. levigata (Poiret) DC = C. oxyacanthoides Thuill. che ha 2-3 stili, 2-3 semi, foglie con 1-2 incisioni per lato poco profonde, lobi dentellati su tutto il margine, antere rosse; predilige i luoghi ombrosi.
Secondo altri autori, tra i quali il Pignatti, non si tratterebbe di subspecie ma di vere e proprie specie la cui distinzione ha sempre provocato problemi di classificazione poiché presentano una variabilità notevole. Gli unici caratteri veramente distintivi tra le due specie sarebbero il numero di stili e quindi dei semi e la dentellatura dei lobi. Tuttavia, anche queste discriminanti non sarebbero assolute cosicché ci troviamo di fronte ad individui di Biancospino comune con 2-3 stili e dentellatura dei lobi e di fronte ad individui di Biancospino selvatico con 1 stilo e lobi non dentellati; le cose sarebbero poi ulteriormente complicate dalle facili ibridazioni. -
Utilizzo
Erboristeria e farmacia
Il Biancospino è utilizzato in erboristeria. La droga, data principalmente da polifenoli e triterpenici, non iscritta nella F. U. IX, è presente nei fiori ed è impiegata come ipotensivo nelle tachicardie e come sedativo e calmante nervoso (insonnia, palpitazioni), associata spesso alla Valeriana (fiori in infuso 1 gr/100 ml di acqua, 1-2 tazzine prima di coricarsi).
Vengono utilizzati anche frutti e corteccia per la cura di diarree e ritenzione urinaria (decotto di frutti essiccati, 5-10 gr/100 ml di acqua) ma anche per uso esterno come astringente della cute grassa.
Funzione ornamentale
Molto spesso viene utilizzato come pianta ornamentale e per siepi.
Risanamento terreni degradati
Favorisce la ricostituzione del manto vegetale arboreo dove questo manca. Infatti, grazie alle sue doti di pianta pioniera, è tra le prime ad occupare le radure e a migliorare il terreno. Nonostante queste prerogative è, però, scarsamente utilizzato nei rimboschimenti.
Altri usi
I frutti sono eduli, di sapore dolciastro-farinoso. Il Biancospino trova impiego anche come portainnesto del Lazzeruolo e del Nespolo. Il legno può essere impiegato per lavori al tornio perché duro e resistente. Da noi, tuttavia, il Biancospino è utilizzato solo per accendere il fuoco e per la produzione di ottima carbonella. -
Curiosità
Tisane
Soprattutto in Germania i fiori sono utilizzati, assieme ad altre erbe, per la preparazione di tisane in bustina, bevute al posto del tè.