
Fagaceae
Quercus pubescens In evidenza
Caratteristiche
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Immagine
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Nomenclatura e sistematica
Quercus pubescens Willd. = Q. lanuginosa Thuill. = Q. nicotrae Lojacono. (Famiglia Fagaceae). Roverella, Quercia pubescente, Rovere pelosa. Nomi dialettali: 'Streppòne' (sammarchese).
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Origine del nome
Il termine Roverella non significa piccola Rovere; esiste un gruppo, dato da Rovere, Roverella e Farnia, che presenta molte forme ibride con caratteri intermedi fra quelli tipici delle tre specie. Il termine pubescente deriva dalla pubescenza diffusa su ramuli, gemme, foglie, assi fiorali maschili e femminili. Il termine peloso è sinonimo di pubescente.
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Comportamento ed habitat
Se c'è una specie arborea aggrappata al terreno che la ospita in modo così tenace da superare anche le prove più dure, questa è la Roverella. Per sua natura è una specie piuttosto termofila (amante del caldo) e xerofila (amante della siccità) per cui la troviamo di preferenza nelle zone più basse del Castanetum, in boschi misti, consociata con il Cerro, il Càrpino nero, l'Orniello, l'Acero campestre e l'Acero Opalo. Tuttavia vegeta bene anche verso il confine superiore della zona, in climi più freschi.
Dove altre specie non hanno resistito alle condizioni avverse causate dagli incendi e dal pascolo, la Roverella è subentrata senza particolari problemi tanto che la troviamo tranquillamente anche in zone tipiche del Lauretum, in particolare dove prima c'era il Leccio. Altre caratteristiche che fanno della Roverella la regina delle piante resistenti sono: a) il suo adattamento a quasi tutti i tipi di terreno, in modo particolare a quelli calcarei, anche aridi e rocciosi. Rifugge solo dai terreni completamente argillosi resistendo bene anche in quelli argillosi dove ci sia la presenza di un po' di sabbia; b) la grande vitalità della ceppaia che le permette di resistere, allo stato di cespuglio, anche nelle situazioni più estreme e di ricostituire lo strato arboreo non appena gli interventi più distruttivi (pascolo, incendi e tagli) cessano.
Date queste caratteristiche, non ci dobbiamo meravigliare affatto che, in certe zone, dove è possibile trovare solo una vegetazione erbacea e cespugliosa in sostituzione di quella arborea fiaccata da pascoli e incendi, le uniche forme di vegetazione arborea siano date proprio dalla Roverella. -
Diffusione
L'areale della Roverella è il Mediterraneo centro-orientale di cui l'Italia occupa il margine occidentale. Di qui si estende verso i Balcani e infine in Anatolia. In Italia è presente nel settore prealpino, lungo tutta la fascia basale appenninica e nelle isole con una superficie di 500.000 ettari comprendenti solo la Roverella allo stato puro ed escludendo i boschi misti. Manca nella Pianura Padana. In purezza si trova sia come fustaia che, in modo più frequente, come ceduo.
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Portamento e radici
Morfologia
Pianta arborea appartenente alle Dicotiledoni. Albero poco slanciato, alto 10-15 m con chioma depressa, emisferica; fusto basso in rapporto alla chioma, ramoso e contorto; diametro del tronco sino a 2.5 m; rami di 1 anno pelosi, superiori a 1 anno glabri. Vive 2-3 secoli sino a 7.
Radici
La pianta da giovane ha una robusta radice fittonante che si approfondisce nel terreno; solo successivamente si sviluppano radici laterali.
Corteccia
Fessurata in senso trasversale e longitudinale in maniera tale che presenta delle scaglie quadrangolari; colore brunastro.
Gemme
Allungate (oblunghe) e ad apice acuto, grigio-scure, lunghe meno di 1 cm, molto pelose. -
Foglie
Semplici, alterne, caduche (semipersistenti); da giovani cotonose e biancastre con l'apice rossastro; da adulte cuoiose, con o senza peli; con stipole caduche; forma e dimensioni varie, di solito con lobi arrotondati e insenature poco profonde; con base a cuneo o a cuore; picciuolo di 1,5 cm. Sfregate sotto le dita evidenziano la consistenza coriacea e la tomentosità che si stacca e si appressa in masserelle.
Esse sono foglie 'semipersistenti' e cadono lentamente quando inizia il germogliamento delle gemme in primavera. In tal modo la Roverella, anche in pieno inverno, si presenta con parte delle sue foglie di un bel colore rossiccio-marrone; per questo la si distingue benissimo anche da lontano. -
Fiori
Pianta monoica con:
numerosi fiori maschili sessili inseriti in amenti penduli, lassi, lunghi 5-8 cm e con asse peloso; stami per lo più 8, antere gialle e glabre, tepali giallo-verdi; fioritura marzo-aprile.
fiori femminili, più o meno sessili, riuniti in gruppetti di 2-4 all'ascella delle foglie superiori o all'estremità dei ramuli dell'anno e inseriti su un peduncolo di pochi mm e pubescente; fioritura dopo quella maschile, aprile-maggio. - Impollinazione Anemofila
- Frutti Ghiande - Maturano nel 1. anno e sono portati in numero di 2-4 da un peduncolo peloso lungo circa 1 cm; ovoidi, di 2-3 x 1,5-2 cm, con strie longitudinali scure e cicatrice piccola, piana o poco convessa, biancastra; cupola che ricopre la ghianda per circa 1/3 e di 1,5-2 cm di diametro, con scaglie numerose, appressate e sovrapposte una sull'altra come embrici.
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Confusione e riconoscimento
Nel bosco Difesa S. Matteo sinora sono state rinvenute 3 specie quercine: Roverella, Cerro e Leccio. Il Leccio lo si riconosce per le foglie piccole, lanceolate e persistenti. La Roverella ha foglie coriacee e tomentose soprattutto nella pagina inferiore, ha portamento depresso, è eliofila, spesso cespugliosa, ha ghiande con cupola a scaglie piccole e appressate; il Cerro ha foglie membranaceo-cartacee, portamento eretto e colonnare, ricerca zone più fresche e ha ghiande con cupola munita di lunghe lacinie.
Boschi ed esemplari interessanti di Roverella sul Gargano
S. Marco in Lamis
- Difesa S. Matteo: bosco caducifoglio a prevalenza di Roverella e Cerro, in via di conversione verso l'alto fusto; l'esemplare di Roverella più vecchio si trova nei pressi della Piscina Cutinelli;
- SS 272, Km 15,6: esemplare maestoso, denominato 'Cercolone';
- SS 272, Km 15: esemplare presso l'ingresso della azienda Donna Michelina;
- Strada vicinale S. Marco in Lamis-Cagnano, Km 9: alcuni esemplari presso l'azienda Schiena;
- Le Chiancate: bosco caducifoglio con prevalenza di Roverella e Cerro governato a ceduo. -
Utilizzo
Interesse selvicolturale
La Roverella non è adatta per essere governata a fustaia in quanto, in rapporto alla chioma, molto espansa, ha un fusto basso. Questo tipo di portamento non è attenuato neanche quando le piante sono presenti con una forte densità perché, essendo una specie eliofila (amante della luce), le piante tendono a vegetare distanziate tra di loro. Inoltre, il suo legname è di scarso pregio. Infatti, per la sua durezza e resistenza, trovava impiego soprattutto nella costruzione di assi per le navi e di traverse ferroviarie, prodotti oggi sostituiti da altri materiali.
Da un punto di vista produttivo, per la Roverella non resta allora che il governo a ceduo semplice o composto con turni di una quindicina di anni. Nelle zone migliori si rilasciano circa 70 matricine per ettaro, ma in quelle rocciose il numero è notevolmente più alto. Spesso, per la ricostituzione del bosco, non si lasciano piante nate da seme, le matricine, ma i polloni meglio conformati.
Funzione ricreativa, paesaggistica e di protezione
Nonostante la non propensione per il governo a fustaia, in molte zone assistiamo alla conversione di boschi di Roverella o di Roverella e Cerro dal ceduo verso l'alto fusto. Ci sarebbe contraddizione in questo se la produzione di legname dovesse essere la funzione principale. Invece, nella maggior parte dei casi le funzioni ricreativa, paesaggistica e di protezione sono diventate preminenti su quella produttiva.
Rimboschimento
Date le caratteristiche di adattamento ai terreni calcarei e rocciosi, in situazioni molto degradate, viene naturale pensare al rimboschimento con la Roverella. In questo caso si introducono prima specie meno esigenti (varie conifere, Orniello, Carpino, Ginestre, ecc.) e poi la Roverella perché essa, anche se resistente ad ogni avversità, per potersi insediare, ha bisogno di un terreno già predisposto e pronto ad accoglierla.
Tuttavia, anche nei terreni predisposti, agli inizi, la Roverella è utilizzata assieme ad altre specie perché nei primi stadi di sviluppo si accresce lentamente e quindi la sua funzione di difesa del suolo può essere esercitata solo dopo molto tempo.
Dove però la Roverella già esisteva, piuttosto che pensare a un rimboschimento con conifere ed altre specie, forse è meglio pensare a impedire il pascolo e dar modo alla Roverella di emettere polloni da ceppaie che, spesso, seppur non visibili, continuano a mantenersi allo stato latente per un lungo periodo di tempo. Si ricorrerà alle conifere solo dove ormai non vi è più traccia della specie.
Pascolo
Il carico di animali che un bosco di Roverella può sopportare è di 1/3 di bovino adulto per ettaro. Se si fa riferimento alla produzione di ghianda, al posto dei bovini, per ogni ettaro possono essere mantenuti 2 suini più 2 ovini.
Erboristeria e farmacia
La Roverella è utilizzata nella medicina popolare. La droga è data dalla corteccia che viene impiegata per fare decotti (5 gr/100 ml di acqua) astringenti per infiammazioni emorroidarie, della pelle e delle mucose (gola, gengive, ecc.). Si fanno lavaggi, gargarismi, cataplasmi. Si possono fare anche tisane per diarree e disturbi intestinali dimezzando i gr per 100 ml di acqua. In farmacia vengono utilizzate le cosiddette noci di galla per la produzione di un tannino contenente acido gallico, iscritto nella F. U. IX comeAcidum tannicumche serve come astringente, emostatico e contravveleno per gli alcaloidi.
Industria
Dalla corteccia sono estratti i tannini impiegati nella colorazione dei tessuti, della carta, in fotografia, ecc. -
Curiosità
L'esemplare di Roverella ubicato a S. Marco in Lamis, denominato 'Cercolone', indica anche la località dove esso vegeta ed è utilizzato come punto di riferimento per le carte topografiche.
Le galle o cecidi derivano da punture delle gemme ad opera di varie specie di insetti appartenenti ai Cinipidi (Ordine Imenotteri, Fam. Cynipidae). Con la puntura l'insetto introduce le uova dalle quali si sviluppano le larve che inducono la pianta a moltiplicazioni cellulari abnormi che danno appunto le galle. Dentro di queste la larva si impupa e poi sfarfalla da un buco che pratica nella parete. Le galle migliori sono quelle nelle quali non è avvenuto lo sfarfallamento.
Quercus ilex In evidenza
Caratteristiche
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Immagine
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Nomenclatura e sistematica
Quercus Ilex L. (Famiglia Fagaceae). Leccio, Elce. .
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Origine del nome
Il termine Leccio deriva dal latino Ilex, citato da Publio Virgilio Marone ed altri.
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Comportamento ed habitat
La zona dove il Leccio vegeta meglio è ilLauretum. Talora si spinge sino al Castanetum dove però tende a diradare la sua presenza e a ridurre le dimensioni, fatte salve le zone esposte a Sud. E' una specie abbastanza rustica resistendo molto facilmente sia in luoghi dove piove molto che dove piove poco. Vegeta bene in tutti i tipi di terreno tranne che in quelli molto argillosi e in quelli umidi.
Sopporta benissimo l'ombra e le densità elevate tanto che i boschi di Leccio sono così fitti che non permettono la formazione di un sottobosco per scarsità di luce.
Il Leccio può trovarsi allo stato puro o può vegetare in boschi misti con specie del Lauretum (Lentisco, Pino d'Aleppo, Mirto, Alterno, Fillirea, ecc.), come avviene nelle pinete lungo la costa del Gargano, o del Castanetum (Roverella, Cerro, Carpini, Aceri, Orniello), come avviene nei querceti caducifogli.
La lecceta viene spesso indicata come un utile termine di paragone. Quando, infatti, si vuole parlare della vegetazione mediterranea in equilibrio, si parla di lecceta che ne è l'espressione più alta. Quindi, quando nella zona del Lauretum troviamo una bella lecceta, possiamo dire che lì la vegetazione è in equilibrio. La lecceta non si trova in tutte le zone dove dovrebbe esserci. Per quanto sia resistente e cerchi di difendere le posizioni grazie al vigore della sua ceppaia e alla capacità di produrre foglie spinose in diversi casi (sui rami basali, allo stato di cespuglio, dopo aver subito il morso degli animali al pascolo), spesso ha dovuto cedere il posto alla Roverella, molto più resistente. -
Diffusione
L'areale del Leccio abbraccia tutte le coste del Mediterraneo spingendosi all'interno della Spagna (dove occupa 3.000.000 di ettari) arrivando sin sull'Atlantico in Francia nella Regione della Loira. Fuori di questo areale è presente in coltura come per esempio in Inghilterra. In Italia è sporadico nella Pianura padana, mentre è diffuso nelle isole e lungo tutte le coste addentrandosi spesso verso l'interno. Nelle zone planiziali lungo i litorali dove un tempo la lecceta dominava incontrastata, attualmente non v'è traccia di questa pianta se non in forma residuale poiché essa ha dovuto cedere il posto alle colture agrarie. La lecceta la troviamo allora soprattutto lungo i ripidi versanti dei monti.
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Portamento e radici
Morfologia
Pianta arborea non più alta di 20 m, appartenente alle Dicotiledoni. Albero con chioma molto densa e ovale; spesso sotto forma di arbusto ed anche di cespuglio dove le condizioni ambientali sono molto avverse; ramuli grigi, tomentosi nel 1. e a volte anche nel 2.. Pianta molto longeva, può superare i 1.000 anni.
Radici
La pianta emette una radice fittonante che si approfondisce nel terreno sino e oltre 10 m. Solo in un secondo momento c'è l'emissione di radici laterali.
Corteccia
Nelle piante adulte è screpolata (non fessurata come nella Roverella) in senso longitudinale e trasversale in modo tale che forma delle scaglie più o meno quadrangolari; di colore grigio-scuro tendente al nero; nelle piante giovani è grigia e liscia.
Gemme. Piccole, globoso-ovoidali, poco numerose, pelose. -
Foglie
Persistenti, semplici, alterne, verdi e scure, glabre e lucenti nella pagina superiore, più chiare e tomentose nella pagina inferiore; consistenza coriacea; da giovani cotonose sulle due facce tanto da sembrare biancastre; forma e dimensioni varie: lanceolate o bislunghe e con margine intero da adulte, più grandi nei polloni e nelle piante giovani, spinate nella parte basale della pianta e nelle piante cespugliose; con base ed apice a cuneo; lunghezza 3-7 cm, larghezza metà della lunghezza o anche di meno; picciuolo di pochi mm; stipole lineari, lunghe meno di 1 cm, caduche; nervature mediana e laterali rilevate.
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Fiori
Pianta monoica con:
Fiori maschili
in amenti lunghi 5-7 cm, densi, penduli, asse tomentoso; amenti numerosi, con una brattea rossastra all'inserzione e inseriti alla estremità di rami dell'anno in corso; fiori più o meno sessili, isolati, con una brattea; di solito 6 tepali ovali, saldati tra loro nella parte inferiore; stami di solito 8 con antere gialle, pelose o glabre;
Fiori femminili
in gruppi di 4-6 su un asse fruttifero lungo 3-5 cm, tomentoso e munito di brattea; i fiori sono inseriti sull'asse fruttifero isolati o a coppie con peduncolo tomentoso assente o di 1 cm; 3-4 stigmi verde-giallastri. - Impollinazione Anemofila
- Frutti Ghiande - Maturano nel 1. anno e sono portati in numero di 1 o di 2 da un peduncolo peloso inferiore a 1 cm, inserito su un asse fruttifero di 3-5 cm sui rami dell'anno in corso; ovoidali, bislunghi, appuntiti, marroni-brunastri, di 1,5-2,5 x 1,-1,2 cm, con striature longitudinali; cicatrice piccola, convessa, rugosa, biancastra; cupola emisferica che ricopre la ghianda per circa 1/2 o 1/3, di diametro di 1,5-2 cm, con scaglie piccole, appressate ed embricate, triangolari.
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Confusione e riconoscimento
Le foglie spinose di questa specie possono essere confuse con quelle della quercia spinosa o coccifera. Più difficile la confusione con quelle dell'Agrifoglio.
Boschi ed esemplari interessanti di Leccio sul Gargano
Monte S. Angelo: Lecceta ai limiti della Foresta Umbra con la quale talora si compenetra;
Rignano Garganico: Difensa: lecceta;
S. Giovanni Rotondo: Lecceta che si affaccia sull'ex lago S. Egidio (Pantàno);
S. Marco in Lamis
Difesa S. Matteo: Un bell'esemplare di Leccio, molto vecchio, si trova proprio di fronte al convento di S. Matteo.
Località Foresta: lecceta;
S. Nicandro Garganico
Località diverse: lecceta;
Vico del Gargano
Convento dei Cappuccini: esemplare colossale.
Alberi da ornamento
Filari di Leccio sono presenti nella Villa Comunale di S. Marco in Lamis; altri filari sono stati messi a dimora in zone di nuove costruzioni. Filari di Leccio ornano alcuni marciapiedi di S. Giovanni Rotondo. -
Utilizzo
Interesse selvicolturale
Il governo a fustaia non è molto diffuso perché i grossi fusti di Leccio non hanno un grande pregio commerciale essendo spesso contorti e nodosi. Il legname, inoltre, è molto duro, pesante e di difficile lavorazione. E' utilizzato in ebanisteria per manici di attrezzi minuti, per lavori al tornio, eccetera.
Per questi motivi le leccete vengono governate a ceduo matricinato al fine di ricavare legna da ardere e per la produzione di un ottimo carbone, dalle nostre parti ritenuto il migliore in assoluto perché scalda molto e dura a lungo. Dove c'è il governo a ceduo composto (Umbria), è possibile anche la produzione di ghiande, molto gradite dai maiali le cui carni, con questo tipo di alimentazione, sono apprezzatissime dagli intenditori.
Funzione ricreativa, paesaggistica e di protezione
Le leccete governate a ceduo sono pressoché impenetrabili quando sono in buone condizioni ed occupano per lo più i versanti delle montagne. Hanno sicuramente un impatto estetico notevole viste da lontano. E' certo però che affinché la lecceta possa svolgere la funzione ricreativa assieme alle altre, il suo governo deve portarla verso l'alto fusto.
Rimboschimento
Nel rimboschimento, per il Leccio, vanno fatte tutte le considerazioni valide per ogni specie di quercia:
a) le piante si insediano con difficoltà nelle zone degradate perché hanno bisogno di un periodo di pre-condizionamento tramite le conifere e le specie pioniere (Carpino, Orniello, Leguminose, ecc.);
b) nei primi stadi hanno accrescimenti molto lenti e la difesa del suolo va garantita da altre specie di alberi. In suo favore va però detto che, come il Faggio non trova rivali per il miglioramento di qualsiasi terreno nel suo orizzonte, così è per il Leccio nel Lauretum.
Funzione ornamentale
Viene ampiamente utilizzato come pianta ornamentale perché molto resistente agli inquinanti atmosferici. Resiste molto bene anche alle potature tanto che di solito i filari di Leccio sono potati in maniera da assumere forme geometriche definite.
Pascolo
Dove c'è il governo a ceduo composto (Umbria), è possibile anche la produzione di ghiande, molto gradite dai maiali le cui carni, con questo tipo di alimentazione, sono apprezzatissime dagli intenditori.
Erboristeria e farmacia
Il Cerro è utilizzato nella medicina popolare. La droga è data dalla corteccia che viene impiegata per fare decotti (5 gr/100 ml di acqua) astringenti per infiammazioni emorroidarie, della pelle e delle mucose (gola, gengive, ecc.). Si fanno lavaggi, gargarismi, cataplasmi. Si possono fare anche tisane per diarree e disturbi intestinali dimezzando i gr per 100 ml di acqua. In farmacia vengono utilizzate le cosiddette noci di galla per la produzione di un tannino contenente acido gallico, iscritto nella F. U. IX come Acidum tannicum che serve come astringente, emostatico e contravveleno per gli alcaloidi.
Industria
Dalla corteccia sono estratti i tannini impiegati nella colorazione dei tessuti, della carta, in fotografia, ecc. -
Curiosità
Il Leccio è molto resistente alle avversità. Spesso però si assiste ad attacchi di un insetto, il Corebo fasciato, Coroebus fasciatus Vill. (Ordine Coleotteri, Fam. Buprestidae), che determina sulla pianta degli esiti caratteristici dati da rami giovani disseccati che assumono una colorazione tra il rossastro e il marrone chiaro. Talora questi attacchi sono molto forti ma generalmente la pianta ne esce indenne.
Le galle o cecidi derivano da punture delle gemme ad opera di varie specie di insetti appartenenti ai Cinipidi (Ordine Imenotteri, Fam. Cynipidae). Con la puntura l'insetto introduce le uova dalle quali si sviluppano le larve che inducono la pianta a moltiplicazioni cellulari abnormi che danno appunto le galle. Dentro di queste la larva si impupa e poi sfarfalla da un buco che pratica nella parete. Le galle migliori sono quelle nelle quali non è avvenuto lo sfarfallamento.
Le foglie spinate delle piante giovani e delle parti basali delle piante adulte sono ritenute un valido espediente che la specie ha messo in atto nell'arco della sua evoluzione per opporsi al morso degli animali al pascolo.
Le ghiande tostate possono essere utilizzate anche come sostituto del caffè.
Quercus cerris In evidenza
Caratteristiche
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Immagine
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Nomenclatura e sistematica
Quercus cerris L. (Famiglia Fagaceae). Cerro. Nomi dialettali: 'Cérr' (sammarchese).
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Origine del nome
Il termine Cerro deriva dal latino Cerrus, citato da Vitruvio Pollione ed altri.
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Comportamento ed habitat
Vegeta nelle zone del Castanetum e del Fagetum, ma talora si spinge sino al Lauretum. Ciò sta a significare che il Cerro si adatta a condizioni climatiche molto differenti anche se preferisce climi temperati e con un certo grado di umidità. Nelle zone più basse, ossia nel Lauretum, trova la concorrenza di Roverella, Leccio e in generale delle specie della vegetazione della macchia mediterranea. Però, mentre queste ultime preferiscono maggiormente le esposizioni soleggiate, il Cerro preferisce terreni più profondi e freschi nonché i versanti più a nord. Per quel che riguarda il terreno, l'optimum per il Cerro sono i terreni argillosi e quelli vulcanici per cui in quelli calcarei cede il passo ad altre piante. Il Leccio si alterna o si associa spesso con altre specie anche quercine, in particolare con la Roverella con la quale condivide anche ampi territori. L'affermazione di una specie o dell'altra dipenderà da quanto detto sopra ossia dal tipo di terreno, dall'altitudine, dalla esposizione e soprattutto dal grado di umidità. Spesso Cerro e Roverella coesistono nella stessa zona accentuando però la loro presenza in base alle specifiche caratteristiche.
Tipica è la disposizione delle due specie lungo i pendii al limitare del bosco. Nelle parti più basse, dove si raccoglie l'acqua di scolo e dove c'è più terreno ed umidità, vegeta il Cerro; man mano che ci allontaniamo dagli alvei dei canali e andiamo su in alto, verso il limite del bosco, dove le zone si presentano con scarsa quantità di terreno, sono più soleggiate ed aride, troviamo la Roverella. La disposizione è chiarissima nella stagione del riposo vegetativo (autunno-inverno): la Roverella, che fà da contorno ai popolamenti di Cerro, si distingue per le foglie ancora attaccate ai rami, mentre il Cerro ne è privo. Infatti, mentre il Cerro presenta i suoi rami completamente privi di foglie, la Roverella continua a mantenere parte delle sue foglie sui rami, anche se secche. -
Diffusione
L'areale del Cerro è molto vasto, ma il suo centro va dalla Croazia all'Ungheria. Di qui si irradia, ad Ovest, verso l'Italia, in qualche zona della Francia (Provenza) e della Spagna; ad Est arriva in Anatolia; al Nord è limitato dal Danubio e a sud arriva sino al Mediterraneo. In Italia è sporadico nel settore prealpino e nella Pianura padana, mentre è diffuso lungo tutta l'area appenninica e nelle isole ad eccezione della Sardegna. Nella nostra penisola il Cerro occupa una superficie di circa 300.000 ettari soprattutto come fustaia ma anche come ceduo.
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Portamento e radici
Morfologia
Pianta arborea alta 20-30 m, appartenente alle Dicotiledoni. Albero slanciato, fusti dritti, colonnari e privi di nodi con chioma folta, più o meno ellittica; diametro del tronco sino a 1.5 m; ramuli poco pelosi o glabri con presenza di lenticelle bianche. Vive 2 secoli sino a 4.
Radici
La pianta agli inizi emette un profondo fittone che penetra nel terreno. Solo in seguito si sviluppano radici laterali.
Corteccia
Nelle piante adulte è fessurata in senso longitudinale a formare dei corti cordoni anastomosati interrotti ogni tanto da fessurazioni trasversali; il fondo dei solchi è rossastro; colore grigio-brunastro, ruvida, dura, spessa.
Gemme
Con presenza di stipole lunghe sino a 2,5 cm, pelose e strette (carattere distintivo della specie); corte e tozze, ovoidali e ad apice appuntito od ottuso. -
Foglie
Caduche, alterne, semplici, verde-grigie; da giovani con peluria presente di più nella parte inferiore e lungo le nervature; da adulte quasi glabre, un po' ruvide e di consistenza membranacea (cartacea); con stipole simili a quelle delle gemme e caduche; forma e dimensioni varie, di solito con 7-8 paia di lobi irregolari con insenature profonde che possono arrivare alla nervatura principale; forma obovata per lo più con base a cuneo o a cuore ed apice ottuso tendente al piatto; lunghezza da 5 a 15 cm con media di circa 7-10 cm e larghezza 3-4 cm col massimo attorno a metà foglia; picciuolo di 1,5-2,5 cm.
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Fiori
Pianta monoica con:
fiori maschili in amenti lunghi 5-8 cm, lassi, penduli, asse con peli stellati; amenti numerosi e inseriti alla estremità di rami dell'anno precedente; fiori più o meno sessili, isolati, con una brattea; 5-6 tepali ovali, pelosi, corti, marroni; stami di solito 4 con antere pelose;
fiori femminili in gruppi di 2-5 o isolati, peduncolo corto o nullo, inseriti su rami dell'anno, 4 stigmi. - Impollinazione Anemofila
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Confusione e riconoscimento
Le foglie possono essere confuse con quelle del Farnetto. Le foglie del Cerro hanno nella pagina inferiore una pelosità rossastra lungo le nervature, hanno superficie ruvida su ambo le pagine e stipole persistenti. Le foglie del Farnetto hanno pelosità grigiastra o giallastra, superficie liscia, stipole caduche (Pignatti). Per i frutti: il Cerro matura le ghiande il 2. anno e quindi ha i rami terminali fogliosi e le ghiande portate sui rametti dell'anno precedente; inoltre le cupole sono caratterizzate da squame sottili e lunghe 1 cm. Il Farnetto ha le ghiande portate sui rami dell'anno e quindi in posizione terminale.
Boschi ed esemplari interessanti di Cerro sul Gargano
Monte S. Angelo
- Foresta Umbra: cerreta;
- Località Cerrosaldo: molti esemplari maestosi;
- Bosco Quarto: cerreta;
- Bosco di Vieste: molti esemplari maestosi.
S. Marco in Lamis
- Difesa S. Matteo: bosco caducifoglio a prevalenza di Roverella e Cerro;
- Strada vicinale S. Marco in Lamis - S. Nicandro Garganico, Km 9: alcuni esemplari presso l'azienda Schiena;
- Le Chiancate: bosco caducifoglio con prevalenza di Roverella e Cerro;
- Bosco Rosso: bosco caducifoglio con prevalenza di Cerro e Castagno.
S. Nicandro Garganico: Località Spina Pulci: cerreta. -
Utilizzo
Interesse selvicolturale
A differenza della Roverella che dà fusti nodosi e contorti, il Cerro dà fusti dritti, colonnari e privi di nodi che danno un ottimo legname da opera; pertanto si presta benissimo ad essere governato a fustaia. Il Cerro, però, si presta bene anche a un governo a ceduo composto e ceduo semplice; infatti, dopo il Castagno e il Farnetto, è la specie più produttiva. Prodotti del ceduo sono la legna e il carbone. Il Cerro è anche utilizzato per la costruzione di manici di accette, picconi, ecc. e per questo, in alcune zone, viene preferito al legname di tutte le altre specie.
Funzione ricreativa, paesaggistica e di protezione
Queste funzioni stanno sempre di più prendendo il sopravvento su quella produttiva, in particolare le prime due.
La ricreazione viene intesa in senso molto lato e riguarda non solo le popolazioni locali ma anche quelle di altri luoghi. L'aspetto paesaggistico è poi direttamente collegato con il turismo. Qui si vuol parlare del turismo naturalistico che sul Gargano si sposa benissimo con quello religioso e storico. Notevole in questa direzione può essere il contributo di fustaie estese e ben governate.
Rimboschimento
Prima di introdurre in una zona degradata il Cerro è necessario preparare il terreno per accoglierlo. Per questo, come del resto avviene per tutte le altre querce, il Cerro viene fatto precedere da altre specie meno esigenti che hanno appunto il compito di condizionare al meglio il terreno di accoglienza. Le specie che devono condizionare il terreno sono le conifere e le specie pioniere (Carpino, Orniello, Leguminose, ecc.). Tuttavia, anche nei terreni predisposti, il Cerro, come tutte le querce, è introdotto assieme ad altre specie perché si mantiene allo stato di plantula per molti anni e, agli inizi, ha bisogno di essere protetto. Solo successivamente, quando si è sviluppato, può svolgere le sue funzioni e riesce da solo a prendere il sopravvento sulle altre piante.
Pascolo
Una cerreta riesce a sopportare, senza danni, un carico di bestiame pari a 1/3 di bovino adulto per ettaro. La ghianda di cerro è molto tannica e non troppo accetta dagli animali.
Erboristeria e farmacia
Il Cerro è utilizzato nella medicina popolare. La droga è data dalla corteccia che viene impiegata per fare decotti (5 gr/100 ml di acqua) astringenti per infiammazioni emorroidarie, della pelle e delle mucose (gola, gengive, ecc.). Si fanno lavaggi, gargarismi, cataplasmi. Si possono fare anche tisane per diarree e disturbi intestinali dimezzando i gr per 100 ml di acqua. In farmacia vengono utilizzate le cosiddette noci di galla per la produzione di un tannino contenente acido gallico, iscritto nella F. U. IX come Acidum tannicum che serve come astringente, emostatico e contravveleno per gli alcaloidi.
Industria
Dalla corteccia sono estratti i tannini impiegati nella colorazione dei tessuti, della carta, in fotografia, ecc. -
Curiosità
Nel dialetto sammarchese il termine 'Cérr' è sinonimo di albero in generale. 'Nu cérr de nuce' significa un albero di noci.
Le galle derivano da punture delle gemme ad opera di varie specie di insetti appartenenti ai Cinìpidi (Ordine Imenotteri, Fam. Cynipidae). Con la puntura l'insetto introduce le uova dalle quali si sviluppano le larve che inducono la pianta a moltiplicazioni cellulari abnormi che danno appunto le galle. Dentro di queste la larva si impupa e poi sfarfalla da un buco che pratica nella parete. Le galle migliori sono quelle nelle quali non è avvenuto lo sfarfallamento.
Castanea sativa In evidenza
Caratteristiche
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Nomenclatura e sistematica
Castanea sativa Miller = Castanea vesca Gaertn. Castagno comune. Classe: Dicotiledoni, Famiglia: Fagaceae.
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Origine del nome
Castanea dal greco kàstanon = castagno; sativa dal latino sativus = coltivato; vesca = mangereccia dal latino vescor: mangiare.
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Comportamento ed habitat
Il Castagno è la specie tipica del Castanetum. In condizioni favorevoli però la troviamo sia nel Fagetum che nel Lauretum dove è arrivata soprattutto perché diffusa dall'uomo, sia come pianta agraria che forestale. Ama i terreni acidi e soprattutto ricchi di potassio; non va bene nei terreni calcarei che tollera poco.
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Diffusione
Il Castagno vegeta in Italia dai 200-300 sino agli 800-900 metri slm. E' presente sulle Alpi, sugli Appennini e nelle isole. Manca nella Pianura Padana e, sul versante adriatico, è presente quasi solo sul Gargano.
Sul Gargano, benché la maggior parte dei terreni possa essere ascritto al Castanetum, il Castagno non è molto diffuso. Vi sono circa 350 ettari in gran parte come castagno da frutto che tende a regredire verso il bosco ceduo. Non vi è infatti una coltura specializzata per le castagne tranne in casi sporadici. Le operazioni colturali sono pressoché assenti e sono limitate alle piante che si trovano nei seminativi. In questo caso le cure sono apportate per il seminativo e il Castagno ne beneficia indirettamente. I motivi sono economici. Il prodotto non spunta prezzi elevati sul mercato, miglioramenti varietali non se ne fanno, impianti nuovi non vengono realizzati e la coltura è in gran parte in abbandono.
Nella Difesa S. Matteo di S. Marco in Lamis si trova molto sporadicamente: qualche esemplare lo si rinviene nell'Orto della Menta e verso la Lammia Vecchia. La sua presenza in massa è lungo il pendio del confine Nord-Est quando dal pianoro, posto a circa 900 metri slm, si scende verso la località Canalone, posta un centinaio di metri più in basso. Qui il Castagno, ma solo verso la base del versante, che è la parte più umida e fresca della zona, forma dei popolamenti puri, di proprietà dei privati. Partendo dall'alto, invece, nuclei di querce tendono a scendere lungo il versante e a penetrare nel castagneto per un certo tratto formando una zona di transizione a querce e Castagno.
Il castagneto sul Gargano
La stima non è fatta in base ai dati catastali ma in base alla conoscenza dei pastori che sul territorio ci vivono da sempre e che quindi lo conoscono meglio di chiunque altro.S. Marco in Lamis 220 ettari (Località Cardenale + Bosco Rosso ha 90; Località Coppa di Mezzo + Gallo D'Oro ha 70; Località Piedi Canalone ha 60) Cagnano Località Saleva chiane ha 50 S. Nicandro Garganico ha 30 Vico del Gargano ha 20 Monte S. Angelo ha 10 (per lo più piante sparse tra i seminativi) S. Giovanni Rotondo ha 10 (piante sparse tra i seminativi) -
Portamento e radici
Pianta di grande sviluppo con branche robuste e molto ramificate. In Europa, secondo quanto dice il Fenaroli, è la pianta più longeva potendo arrivare a 3.500 anni. E' anche la pianta che raggiunge i diametri maggiori potendo arrivare ai 20 metri. Per quanto riguarda l'altezza, raggiunge facilmente i 20-30 metri. Spesso sul suo tronco si sviluppano i corpi fruttiferi di alcuni funghi mangerecci tra i quali Fistulina hepatica (lingua di bue).
Corteccia
Nei fusti giovani è rossastro-bruna con lenticelle trasversali. Negli individui adulti è brunastra con grosse fenditure verticali a formare cordoni uniti tra loro.
Gemme
Rossastre, corte, tozze -
Foglie
Caduche, lanceolate, lunghe 10-20 cm, con margine dentato, con apice acuminato, a base a cuneo, con nervature molto rilevate, con picciuolo di 2-3 cm. Colore verde lucente di sopra e pallido di sotto, piegate verso l'alto a doccia e leggermente curvate lungo l'asse principale. Inserite a spirale sui rami, sembrano disposte in modo alterno su di un unico piano a causa della torsione del picciuolo.
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Fiori
Pianta monoica con fiori maschili raggruppati in glomeruli portati in amenti eretti, lunghi circa 20 cm. Gli amenti, in piccoli gruppi, sono inseriti alle ascelle delle foglie; fiori femminili, di solito 3, posti alla base dell'amento maschile posto più in basso o alla base degli ultimi 2-3 amenti superiori. Sono protetti da un involucro che diventerà il riccio.
- Epoca di fioritura Giugno
- Impollinazione Avviene prevalentemente tramite il vento, ma anche tramite insetti; le api sono assidue visitatrici dei fiori di Castagno.
- Frutti Sono acheni (detti comunemente castagne) i quali maturano nella cupola detta riccio. Nei frutti si distinguono una base con una cicatrice detta ilo e un apice che presenta la torcia, insieme di filamenti duri dato dai resti degli stili e del perianzio disseccati. Quella che comunemente viene chiamata buccia e che può essere di diverso colore che va dal nero al marrone, dal rosso al biondo, è detta pericarpo o epicarpo. La pellicina interna, che può staccarsi più o meno facilmente, è detta episperma. Le castagne che hanno la pellicina facilmente staccabile in dialetto sammarchese sono dette 'mmunnarole'.
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Confusione e riconoscimento
La specie non dà adito a confusione. Si ricordano specie dello stesso genere solo perché si ritiene che costituiscano una soluzione per le malattie più comuni e pericolose del Castagno che sono il cancro della corteccia, provocato da un fungo, l'Endothia parasitica, e il mal dell'inchiostro, anch'esso portato da un fungo, il Phytophtora cambivora. Poiché le due malattie hanno provocato grossi danni si è cercato di farvi fronte per mezzo di due sistemi: il primo consiste nell'utilizzo di portainnesti immuni alla malattia: la Castanea crenata, di origine giapponese e resistente al mal dell'inchiostro e la Castanea mollissima, di origine cinese presunta resistente al cancro corticale; il secondo sistema consiste nell'utilizzo di ibridi tra la Castanea sativa ed altre specie. Si cerca, cioè, di fare per il Castagno quanto già fatto per la Vite.
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Utilizzo
Produzione di legname
Il castagneto governato a fustaia dà fusti diritti e di buon pregio commerciale. Essi sono specializzati per la produzione di legname da opera il quale rappresenta uno dei più importanti prodotti forestali d'Italia. In particolare, il legno del Castagno garganico è molto apprezzato perché resistentissimo alle intemperie. Se ne ricavano assi e infissi che durano secoli, ma è difficile da trovare sul mercato.
Produzione di frutti (castagne)
Ci sono delle fustaie specializzate per la produzione di frutti. In questo caso il castagneto è detto 'selva'ed è una via di mezzo tra la coltura forestale e quella agraria. Questo tipo di coltura un tempo era alla base dell'economia di molte zone montane perché capace di fornire castagne (il prodotto principale), un discreto pascolo sotto gli alberi e legna derivante dalla potatura. I funghi erano considerati un di più anche se attualmente è da dire che in certe annate possono costituire il prodotto che dà più reddito. Ora il Castagno da frutto, in forma specializzata, rimane solo in certe stazioni particolarmente favorevoli.
Produzione di pali in boschi cedui
Spesso il castagneto è governato a ceduo per la produzione di pali di diverso diametro. In questo caso il castagneto è detto 'palina'. I pali di castagno sono molto resistenti alla marcescenza perché ricchi di tannino. Il ceduo di castagno è il più produttivo di tutti i cedui. Nelle situazioni migliori può raggiungere anche incrementi annui di 20 metri cubi per ettaro contro i 2-4 della Roverella. Questo aspetto fa sì che molti consigliano di trasformare il castagneto da frutto in ceduo. Il taglio è a raso e il turno va dai 10 ai 30 anni per gli assortimenti più grossi.
Produzione di legna da ardere
Anche se la quantità di legna prodotta per ettaro e per anno è notevole, bisogna dire che la sua qualità non è molto elevata in quanto dà molta cenere e poca fiamma.
Produzione di miele
Le api che si nutrono dei fiori di castagno producono un miele molto scuro.
Valore paesaggistico
I castagneti hanno un grande impatto ambientale. Il loro valore, da questo punto di vista, tende ad essere superiore a tutti gli altri valori economici. Infatti, un'azienda agrituristica che abbia un castagneto maturo assume una capacità di attrazione che supera di molto costosi investimenti in termini di miglioramento estetico, sanitario,di accoglienza, ecc. -
Curiosità
Il Castagno è pianta autoctona?
Sono stati ritrovati in Italia tracce del Castagno nel Terziario. Successivamente, durante la glaciazione di Wurm, sembra che la pianta sia scomparsa dall'Europa per rientrarvi ad opera della diffusione operata dall'uomo, durante l'epoca romana, dalle stazioni più calde dove si era rifugiata. Dunque non ci dovrebbero eccessivi problemi nel riconoscergli l'indigenato in quanto, secondo Pignatti, pur se aiutata dall'uomo, dopo la glaciazione di Wurm ha ripreso il suo spazio originario.
Una storiella
Il Castagno e la ragazza
Una giovanetta andò a sedersi sotto un Castagno centenario. 'Come sono sfortunata', si lamentava. 'Vorrei avere i capelli biondi e invece ce li ho neri; vorrei essere alta e sono bassa. Ma il mio dolore vero sono queste gambe non abbastanza diritte'. L'albero, che non ne poteva più di tutte quelle lagnanze, aprì uno dei suoi ricci che si trovavano più in alto e, plink!, mollò una grossa castagna sulla testa della giovane procurandole un bernoccolo grande così. 'Che male, che male!', urlò la ragazza. Il Castagno, ridendosela, esclamò: 'Questo sì che è un dolore vero!'
Varietà di Castagno nel Gargano
Mancano studi specifici e completi sulle varietà locali del Gargano. Da indagini fatte di recente in occasione della terza sagra sul Castagno, organizzata nel 2002 a S. Marco in Lamis, è emerso che in questo Comune le varietà più conosciute sono le seguenti: La Rossa, La Bionda, La Nera, La Marrone, La Spinosa, la Purelola, Tuberosa. Nell'agro di Cagnano c'è un modo analogo di classificare le castagne in base al colore della loro buccia (Epicarpo). Non è stato ancora accertato se però con lo stesso nome si denotano la stessa varietà o varietà diverse. Nel Comune di Vico, dove c'è un nucleo di castagni relativamente esiguo rispetto ad altri comuni del Gargano, ve ne sono altre per le quali sono state redatte delle schede ampelografiche.
In genere le varietà sono di dimensioni medio-piccole, ma non mancano quelle di grosse dimensioni (marroni).
Il Castagno in erboristeria
Del Castagno sono utilizzati foglie e corteccia di rami di 1-2 cm di diametro. Le prime di raccolgono, assieme al picciolo, in primavera e si essiccano all'ombra; la corteccia si raccoglie in primavera o in autunno e si fa essiccare al sole. Le foglie, per la presenza di un saponoside, vengono utilizzate per infusi contro la tosse, soprattutto quella a carattere convulsivo (2 gr in 100 ml di acqua; 2-3 tazzine al giorno); la corteccia per pelli arrossate e delicate (decotto di 6 gr in 100 ml di acqua; lavaggi e compresse applicate per 10-15 minuti). Per esaltare il colore dei capelli biondi si usa l'acqua di cottura delle bucce di castagne come dopo shampoo.
Esemplari-
Esemplare al bosco di Tiani (S.Marco in Lamis, località Cardinale)
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Esemplare tenuta di Pulecherie (S.Marco in Lamis, località Chiancate)
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Esemplare in terreno abbandonato (S.Marco in Lamis, località Chiancate-Copparone)
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