Da Puglia Ex Voto, Bari Biblioteca provinciale De Gemmis, estate-autunno 1977, a cura di Emanuela Angiuli, Congedo Editore, Galatina 1977, pagg. 37-40
Padre Mario apre il salone degli ex-voto. È uno stanzone lungo almeno venti metri, la volta a botte, i muri letteralmente tappezzati di tavolette votive. Dappertutto scene disperate, scene di sangue, sangue a fiotti dalle mani di un cacciatore a cui è scoppiato il fucile, sangue dal braccio di un bambino azzannato da un cane. La volta pullulla (sic) di una umanità tanto anonima quanto disperata. Adesso è un interno rosso porpora, poche suppellettili, scarne, essenziali: un comò, un tavolo, un letto dove giace l'ammalato che sputa sangue nel catino. Altre bacinelle sono per terra accanto al letto, colme come se avessero scannato il porco, i familiari si torcono le mani per la disperazione, sul tavolo si confondono in un disordine allarmante oggetti gettati alla rinfusa: la borsa del medico, il bastone, lo scialle, una brocca...
Gli occhi di tanti sconosciuti spiano dai muri: facce in posa ritoccate male dal fotografo accanto a ricostruzioni approssimative di incidenti di carri o di automobili. Le didascalie sono frettolose, essenziali, nella ricerca affannosa dello stile nella lingua colta, impressionanti per la sintesi che riescono ad esprimere. Terribile raccontare tanti fatti in una lingua sconosciuta! Giorni e giorni in terra africana (sic) diventano: La giornata trista del caporale Catalano Giuseppe sul fronte albanese del 13° Reg. to Fanteria. Per grazia ricevuta il giorno 2-4-1941 (Cerignola).
Nella stanza continua a far freddo, ci riscaldiamo al calore della potente lampada da 1000 Watt, bisogna spegnerla di tanto in tanto per non farla fulminare. La parete torna oscura, ma ancora leggibile per i forti colori accesi e contrastanti. Grovigli di carne ci sovrastano, ci feriscono nella severità e nello stesso tempo nella ingenuità dei dipinti. Penetrante è l'odore della muffa, molti quadretti sono dipinti su lamiere ormai arrugginite, inchiodate malamente una all'altra da lunghi chiodi arrugginiti che sembrano imbevuti di sangue. Il padre guardiano assiste divertito alle nostre evoluzioni con cineprese, macchine fotografiche e fili elettrici interminabili, ascolta le nostre interpretazioni. Intanto continua questo nostro andare sotto la volta allucinante di dipinti: occhi roteanti, gente che cade dai terrazzi e sembra che voli, bambini sotto le ruote di carri, una mula fa sprizzare sangue dalla fronte di un uomo con un calcio di zoccolo. Ancora sangue acceso, assurdo, fosforescente: un cane dalle zampe bianchissime e lunghe afferra il braccio di un contadino che sprizza sangue rosso-minio, simile a una fiammata. Tutt'intorno alberi grigi, tristi, da giorno di passione. Un cavallo perde sangue dalla bocca, lo tiene il padrone per il basto, sullo sfondo di un viale in buona prospettiva, nel paesaggio primaverile. Un treno deraglia e sputa passeggeri gambe all'aria come pupazzi.
È una umanità allarmata ed allarmante, tragica, curiosa, furiosa, che vive in cadenze marionettistiche.
È notte. Un bambino pallido viene ripescato dal pozzo dove è precipitato, nel cielo blu alberi fioriti e stelle. Lo tira un uomo con una corda, le gambe puntellate sul bordo del pozzo. Scendiamo lungo la Murgia, verso Minervino. Fra viottoli serpeggianti nel grano e gli ulivi, tornano lentamente i carri dalle grandi ruote, fanno fracasso di sonagli tirandosi dietro, legati per la gola, piccoli cani disperati che abbaiano strozzati nella polvere. È quasi sera:
I cieli hanno lasciato / poco azzurro sulle pietre, / strane costruzioni / misteri che il tempo custodisce / il telaio che batte, / riecheggiano cisterne e crete, / bisbigli tra le tende / che non voglio sentire / né voglio credere / quando rintocca la campana sulla piazza / impallidiscono fanciulle / dagli occhi d'uliva / ai bianchi banditi dei camini / alle campagne che perdono bronzo / all'occhio terribile della luna.
Oggetti, espressione e testimonianza di gente che ha scelto come denuncia la formalizzazione della tragedia. Tragedia di chi è stato umiliato, espropriato di tutto ciò che era possibile, espropriare, dimenticato nella maniera più oscura per essere dimenticato.
Siamo sulla via del ritorno, le strade tortuose della Murgia si inseguono, si aggrovigliano. Ai bordi qualche papavero, molta erba per questa primavera grigia, piovosa. Muretti a secco respirano vento umido per i muschi e per le muffe, respingono steli di biada sterile. Guardo il paesaggio, è proprio quello descritto da un ex-voto: nitido, essenziale, un paesaggio di estrema solitudine. Una famiglia è assalita dai cani rabbiosi, alza le braccia all'aria, disperata, sono soli, lontani da tutti, gli altri lontani da loro, invocano un santo, il più vicino, quello dei loro avi. Chi può sentirli mai? Se si mettessero a gridare a squarciagola non li sentirebbe nessuno, proprio nessuno. Le invocazioni arrivano dritte al santo che da una nuvoletta ammicca, sorride, poi di colpo si fa triste.
Tommaso Di Ciaula