Col termine ex voto si intende un dono offerto alla divinità come attestazione di un intervento salvifico, testimonianza di fede e documento di storia e di costume, l’ex voto rappresenta la manifestazione più antica e, nello stesso tempo, più attuale dell'invisibile filo che lega l'uomo al soprannaturale.
Il fenomeno non nasce in ambito cristiano: Egizi e Arabi, Ebrei, Greci e Romani solevano offrire ex voto alle loro divinità; il Cristianesimo ha ereditato l'uso e lo ha trasmesso arricchendolo di diversi e più pregnanti significati.
Gli Egizi offrivano ai loro dei raffigurazioni antropomorfe: figure maschili e femminili accoccolate o offerenti inginocchiati. Anche nelle stipe votive mesopotamiche sono state rinvenute figure maschili e femminili in atteggiamento di offerenti.
Di un ex voto anatomico, raffigurante cioé un organo, abbiamo testimonianza nel Libro dei Re: Ai Filistei che, dopo il rapimento dell'Arca dell'Alleanza, erano stati colpiti da un'invasione di topi e da una strana malattia che faceva imputridire i loro visceri, i sacerdoti consigliano di restituire ad Israele l'Arca accompagnata da doni votivi:
Se voi rimandate l'Arca del Dio d'Israele non rimandatela a vuoto, ma rendetele quel che dovete per il peccato, e allora sarete guariti... Farete cinque ani d'oro e cinque topi d'oro, secondo il numero delle provincie dei Filistei, perché vi fu una stessa piaga per voi tutti e per i vostri satrapi. (I Re, VI, 4-5)
Anche nell'Islam era diffusa la pratica del dono votivo: le offerte venivano fatte cadere in un pozzo al di sotto della Ka'ba o nei cosiddetti 'pozzi di Zemzem'.Al santuario della dea Sequana, collocato alle sorgenti della Senna, si recavano pellegrini gallo-romani affetti dalle più svariate malattie, come ci testimoniano le centinaia di ex voto anatomici ritrovati: quelli offerti per chiedere la guarigione da una malattia (teste maschili e femminili nelle quali si possono individuare affezioni degli occhi e delle orecchie, lebbra; arti malformati, fratturati, reumatoidi, talvolta steccati e bendati; seni affetti da ipertrofia o cancro; poliviscerali raffiguranti l'addome con i suoi organi interni) e quelli per testimoniare la grazia ricevuta (statuette in legno raffiguranti organi sani, pellegrini, oranti, raffigurazioni di cavalli e di animali domestici guariti da qualche malattia, indizio dell'importanza che anche in quella cultura l'animale aveva nella vita e nell'economia del gruppo sociale. [Nota 1]
Gli ex voto etruschi erano per lo più fittili: figure di madri sedute con un bambino in braccio, raffigurazioni di oranti, anatomici e, soprattutto, poliviscerali, nei quali gli Etruschi eccellevano grazie alla conoscenza dell'anatomia animale riveniente dalle pratiche divinatorie di epatoscopia e consultazione dei visceri.
Nel mondo classico c'era una netta distinzione, non solo concettuale ma anche terminologica, tra le due categorie di offerte: i Greci chiamavano ikesìa il dono fatto per chiedere una grazia e soterìa quello per grazia ricevuta; i Romani distinguevano con la sigla V(otum) F(eci) L(ibens) M(erito) il dono fatto per chiedere una grazia e con la sigla V(otum) F(eci) G(ratiam) A(ccepi), che tuttora lo contraddistingue, sia pure italianizzata in V(oto F(atto) G(razia)A(vuta), quello per grazia ricevuta.
Tra gli ex voto per grazia ricevuta il genere più noto e rappresentativo è costituito dalle tavolette raffiguranti la scena del miracolo, largamente diffuse nel mondo classico.
I santuari di Kore Persefone a Locri Epizefiri e di Pitsà ci hanno restituito una gran quantità di pinakes (come questa categoria di ex voto veniva chiamata) figurati, in terracotta e dipinti su legno. Sui pinakes del santuario di Asclepio, a Cos e ad Epidauro, veniva raffigurata la scena della guarigione: in alcune si vede il dio che guarisce mediante l'imposizione delle mani, in altre il miracolato che esibisce l'arto risanato. La particolareggiata dicitura informava sul tipo di malattia, sulla cura suggerita dal dio, sulle generalità del votante e talvolta sul nome del pittore o del figulo. La tradizione vuole che Ippocrate abbia approfondito le sue conoscenze in materia di ars medica proprio studiando le iscrizioni dell'asklepieion. [Nota 2].
Almeno per quanto riguarda gli ex voto oggettuali od anatomici la tradizione non ha subito soluzione di continuità: alle divinità pagane si sostituirono dapprima i martiri e poi i vari santi cristiani e le raffigurazioni di parti malate del corpo umano continuarono ad essere appese alle pareti delle cappelle dei santi esattamente come lo erano state nell'asklepieion.
Diverso discorso va fatto per la tavoletta votiva, la cui tradizione conosce una flessione dalla tarda latinità al Quattrocento, dovuta probabilmente alle frequenti pestilenze che afflissero il Medioevo e alla conseguente distruzione di materiale ritenuto infetto.
La rappresentazione su pale e predelle d'altare del committente inginocchiato in atteggiamento di orante e ancor più la raffigurazione dei miracoli più famosi dei santi possono essere considerati gli antecedenti della moderna tavoletta votiva: valgano come esempi la predella di Gentile da Fabriano che rappresenta san Nicola che seda una tempesta, quella di Jacopo Bellini che raffigura san Vincenzo Ferrer che salva una bambina caduta da un balcone o ancora quella di Simone Martini che raffigura quattro miracoli del beato Agostino Novello.
Da queste scuole alle botteghe artigianali il passo fu breve e nacque una categoria di pittori specializzati in scene votive. Il devoto narrava al pittore il miracolo ricevuto, pattuiva il prezzo e dava un certo termine per la confezione del voto; quindi ritirava l'ex voto e lo depositava nel santuario prescelto. Per i meno abbienti c'era anche la possibilità di usufruire di fondi già preparati, con un cielo scuro, un mare in tempesta e un'anonima imbarcazione, un incidente di carretto, una persona giacente a letto cui venivano aggiunti l'apparizione del santo o della madonna autori del miracolo e le generalità del votante.
Così la tavolette dipinta, divenuta categoria a se stante, con propri stilemi e linguaggi, si affermò in tutta l'Italia e dall'Italia si diffuse in tutta l'Europa cattolica.
La tipologia degli ex voto non si limita agli anatomici e alle tavolette dipinte ma comprende anche oggetti tra i più svariati: dagli abiti da sposa o da battesimo alle fotografie; dalle trecce di capelli ai ricami a soggetto sacro; dalle catene e dai ceppi offerti in voto da marinai sfuggiti alle incursioni barbaresche e alle azioni di pirateria che hanno afflitto per secoli le regioni costiere alle armi donate dai soldati scampati alla morte in guerra; fino agli oggetti in oro, espressione di un'antica oreficeria locale di tradizione artigiana.
E proprio in virtù di questa sua poliedricità il fenomeno ex voto, al di là della sua valenza religiosa e cultuale, si propone come fonte documentaria di storia vissuta: storia economica, sociale e politica di un territorio, ma anche storia quotidiana di un popolo devoto che nei momenti più difficili e cruciali affida le proprie sorti al santo o alla madonna nei quali si identifica.
L’ex voto connota il santuario come locus sacer lo diversifica da altri luoghi di culto, ne fa e ne illustra la storia: la sua storia devota e la sua storia religiosa all'interno della diocesi. Ne segna la nascita, l'evoluzione cultuale, l'eventuale declino; ne disegna i contorni e il bacino di utenza, definisce i periodi di maggior afflusso di pellegrini, puntualizza periodi di crisi, epidemie, calamità naturali.
La galleria degli ex voto di un santuario, quando naturalmente gli esemplari coprano un arco di tempo abbastanza ampio, costituisce una grande mappa del territorio nella quale sono ben visibili i costumi, l'economia, le devozioni particolari, finanche le superstizioni e le credenze magico-religiose. Basta guardarla attentamente e saper leggere, attraverso le centinaia di vicende personali narrate per immagini, una storia più ampia, comune a tutto il popolo devoto di quel territorio; una storia che non è mai stata scritta ma che è stata intensamente vissuta ed elaborata attraverso un atto di fede quale è il dono per grazia ricevuta.
L'analisi comparativa, diacronica e sincronica, delle migliaia di ex voto conservati nei luoghi di culto della Puglia, dai grandi santuari alle edicole rurali, dalle chiese cittadine alle cappelle confraternali, sfoglia le pagine del libro della storia del nostro territorio.
Nei santuari del Gargano e della Capitanata, poli culturali e stationes della via sacra che portava alla grotta dell’Arcangelo Michele, sono concentrati i due terzi delle tavolette votive pugliesi, circa tremila esemplari a fronte del miglio della terra di Bari e delle pochissime testimonianze del Salento interessato da fenomeni magico-religiosi di tutt'altro tipo che si esprimono in forme proprie.
I santi e le madonne garganici, da san Michele a san Nazario, dalla Madonna della Libera alla Madonna di Siponto, da san Matteo a san Leonardo si pongono come referenti di protezione non solo contro la malattia, ma anche e soprattutto contro le avversità quotidiane di un popolo di pastori, contadini e marinai che dovevano giornalmente confrontarsi con l'asperità del territorio, i morsi di serpi e di cani rabbiosi e le avverse condizioni meteorologiche.
L'ex voto, nelle sue varie forme e modi è tutt'insieme il segno di un passaggio, di una supplica precedente, spesso di un preciso impegno preso, sempre di una grazia ottenuta e di un 'ontatto realizzato, di un successivo atto di ringraziamento, di una testimonanza pubblica del voto che resta come memoriale di una presenza. [Nota 3]
La galleria dei miracoli parla il linguaggio di un variegato microcosmo di struggente umanità. Vi sono narrate ordinarie storie di vita quotidiana divenute “straordinarie” in virtù di un intervento soprannaturale e, pertanto, assurte a testimonianza: testimonianza della personale vicenda ma anche testimonianza della potenza salvifica e taumaturgica della Madonna. Non a caso nei processi per l’autenticazione della miracolosità di un’immagine sacra gli ex voto vengono prodotti come prove. E se la definizione canonica di santuario è luogo nel quale avvengono eventi prodigiosi, allora si può affermare, che
un santuario senza ex voto, non è un santuario o non lo è pienamente, cioè non è quel luogo sacro a cui si conviene come meta di un viaggio, breve o lungo, fatto con finalità religiose, in vista di ottenere una grazia o di sciogliere una promessa lasciandovi un segno. [Nota 4].
Anna Maria Tripputi