Ma per meglio valutare tanta provvida attività, occorre andare più indietro nel tempo; e rilevare così precedenti che esigevano urgenti rimedi per incombenti condizioni fatiscenti: termine esatto.
A voler dare una sensazione viva e immediata, torniamo ai già usati mezzi sensibili sul filo di un olfatto canino. Questa volta pero non si tratta di odori metaforici e simbolici, atti comunque a dischiudere un mondo di bellezza, bensì di testi storici, brutalmente reali, anzi realistici: odori molesti emessi da stalle, da ovili e da latrine.
Appunto in questi giorni scrive uno storico francese:
Raccolgo materiali da anni. Storie e tradizioni popolari giunte praticamente fino a noi evidenziano questo carattere 'sensibile' della credenza religiosa'. Ma, quel che a noi importa: 'Tra naso e fede sembra mancare ogni affinità. Eppure Cristo vuol dire unto, cioè profumato, anzi l'intera teologia traspira fragranze (il Maligno, invece, puzza) (Nota 13).
Non sappiamo invero se il diavolo puzzi; è certo però che ogni genio distruttore lascia rovine sempre graveolenti che fanno male al cuore più che al naso.
Già si è detto di uno di quei tre artefici, di un Angelo che nel 1965 si trovò a risolvere il grosso problema dei locali per l'ingente patrimonio librario che si accentrava in San Matteo. Ebbene, egli coraggiosamente trasformò stalle e magazzini in risplendenti locali per la biblioteca. Sarà certo rimasto tra le pagine di tanti libri abbandonati o giacenti da gran tempo un po' di quel tanfo secolare, ma non più il greve odore di stallatico e di ircino.
E già di Stignano si è detto di un padre francescano che con fustigante coraggio bandì dai locali bestias et universa pecora, ridonando al convento il pristino decoro. Ma di ben altro ancora si sottace.
Eguale sorte è toccata a un altro coro, di non minore interesse architettonico, destinato non ai bisogni dello spirito, ma a quelli del corpo.
Eretto dalla parte del convento all'altezza della tettoia, era stato comunque toccato dalla gentile carezza di una mano sensibile all'arte, cosa usuale a quel tempo rinascimentale.
Le nicchie erano disposte a semicerchio; alte, snelle e ben costrutte, atte ad accogliere i 'gestanti', senza paravento davanti e sedile comodo col giusto buco al centro.
Il numero vistoso delle nicchie significava ovviamente una compresenza corale. O santa pudicizia di questi padri antiqui: facile immaginare il concerto al rombo di tante sottobocche.
E ancora, nei primi decenni del Novecento, per noi fanciulli e anche per quelli di più tenera età, San Matteo si associava a una ripulsa per via dei tetri odori che ti venivano incontro entrando dalla parte del convento. In quel tempo i frati, quali fittuari, erano legati al Comune padrone dal dovere di tenere a disposizione per i pellegrini e guardie municipali i locali inerenti ai due primi corridoi che limitano il chiostro.
In quale stato pietoso si erano degradati gli ambienti per l'incuria è facile immaginarlo; ma quanto ai 'resti' che, stando e andando, lasciavano pellegrini e guardie è meglio un bel tacere.
Per salire al posto delle guardie, si passava per un corridoio che ha a sinistra le scale, a destra il chiostro e in fondo, allora, la clausura. Scendeva da quelle scale un persistente, fetido odore che era una pessima presentazione del Convento.
Nella primavera del 1919, in attesa dei pellegrini, si era pensato a una radicale pulizia e il padre maestro ordinò che la facessero gli allievi del collegio: cinque giovanissimi adolescenti e un fanciullo, sei in tutto. Si entrò inizialmente in un oscuro vano.
Ai primi tentativi di pulizia, tutti si rifiutarono di proseguire: si guazzava in una melma nefanda il cui afrore mozzava il fiato. Il fanciullo svenne: ci fu clamore per un po' di panico.
Con senso di responsabilità il padre guardiano del tempo dispose la sospensione di quel servizio. Andò al Comune per un'energica protesta e affidò poi una provvisoria ripulitura ad alcune pie donne del Villaggio.
A pochi passi da San Matteo, là dove si imbocca il placido sentiero che sospinge alla Pinciara, c'era una volta una lapide con l'epigrafe che ricordava un morto per disgrazia. Baluginò lì a un certo fanciullo un primo barlume di coscienza storica, considerando non senza stupore le dolorose vicende dell'esistenza umana.
Sorge ora colà, scavata nella dura roccia, una notevole costruzione adibita a servizi igienici. È la più recente ed evidente dimostrazione di un probante testo emblematico di efficienza nel quadro programmatico di una piena funzionalità rispondente ai nuovi compiti che questi frati si sono assunti.
Si è inteso dire tutto questo, non per scherzare con alcune note di colore tipiche del costume di quel tempo, ma con lo scopo di offrire un sensibile (giusto termine) parametro per un raffronto adeguato tra le miserande condizioni di settanta anni fa e la splendida realtà odierna, nella quale ora San Matteo liberamente respira e intensamente vive.