È un composito magma della fantasia: una comune creatività del sentimento e della ragione in rapporto alla età e alla sapienza. Sensibilità e intuizione nella loro tabulazione creano a un tempo leggende, simboli, miti, riti e illuminazioni sempre nuove e sempre antiche. Nella memoria resta nostalgia di un passato, godimento di un presente, fiducia e speranza in un avvenire. Secondo l'età del tabulante, mutano così fìlmicamente immagini mitiche e raffigurazioni reali di un protosanto indigete.
Se nasce un figlio a fatica, la madre presto l'affida per ogni motivo di rischio al santo che dall'alto della valle tutto veglia e protegge.
Dormono i bimbi e sognano un loro santo manicheo, tra il Babbo Natale e il bau bau recando doni per i buoni e sferze per i cattivi.
Ma già i fanciulli sognano e inventano un San Matteo tutto d'oro: d'oro il convento, vestiti d'oro i frati in chiesa, d'oro la Defensa e d'oro ancor più fino è la barba di Matteo.
Qualche audace adolescente nei tempi andati premeditava sortite avventurose oltre la cinta urbana: seguiva sentieri fioriti lungo lo Starale e si perdeva nel verde all'ombra del boschetto. Esplorava gli angoli deserti nella parte del convento abbandonato, da dove promanava un tanfo d'umido e di furtive deiezioni.
L'estatica ammirazione delle tavolette votive incustodite era la meta di una gita devota e divertita delle comitive.
Ma beata e dissennata adolescenza che ama scoprire e godere in solitudine la scoperta e sapida gioia di vivere in armonia con se stessa e con l'ambiente: alla ricerca di verdi recessi e di meandri ombrosi dove effusamente l'anima più canta e
co' silenzi del luogo si confonde.
Là, dove più verticalmente si impone la alpestre maestà di San Matteo, c'è una minuscola cappellina dedicata all'Angelo del Monte e si ascoltavano gli esili fili di voce di una sorgiva in agonia, presaga di una morte irrevocabile.
Ma felici di esistere su brevi specchi d'acqua, in un luminoso polverio di ditteri, si mirava l'agile danza delle libellule. Era una tacita musica che solo le anime sottili possono cogliere e fermava il tempo in un sereno incantamento.
Tuttora dal petto del Celano l'acqua sorge e trabocca dai pozzi di erme casipole ormai tradite dall'uomo che baccheggia tra il nuovo borgo e l'inguine del monte.
E c'è tra quelle umili casette un grande noce (o c'era? Mio Dio, sarebbe così sparito l'ultimo vestigio di quell'età dei prodigi). Là gli avvisi materni consigliavano di non sostare a prender fresco: nefasta era l'ombra di quell'albero per la greve umidità e malefica per il ricordo delle streghe. Però San Matteo rideva con noi quando ci scrollavamo divertiti il peso di quelle stregonerie e della scopa più veloce di un aereo.
Da quel fondo, San Matteo, a parte la sua imponenza, si svela e parla con antica confidenza.
Insegue più vasti sogni e mete la gioventù del luogo, esplorando con più avventura i verdi paradisi che circondano il convento.
Ma, sempre alle spalle di San Matteo, l'incanto dei miraggi è realtà.
Seguendo il volgere delle stagioni, vanno i giovani lungo umidi sentieri dove si nascondono le mammole; calpestano variopinti tappeti di viole, luminose e bianche radure di narcisi, colonie di fragole di un rosso squillante e il chicco quintessenza di aromi.
Felice, invero, una volta, ora funesta.
Felice quando i giovani scendevano dal bosco con un fascio irto sulla groppa, come un trofeo di balda giovinezza: lo si portava al focolare o al mercato per un pezzo di pane.
Era un tempo diritto civico per il ceppo natalizio, per i lari familiari e per quelle fracchie che, con pio simbolo e intento rituale, aprivano nelle tenebre il luminoso passaggio a una Mater smarrita in cerca del Figlio.
Allora...
Oggi una selvaggia e irrefrenata volontà di uomini e di vacche viola e divora la storica 'Defensa' di San Matteo per farne una desolata landa di pastura.
Misera sorte di una terra privilegiata dallo studio botanico per la varietà delle erbe e fiori unici o rari.
(Unico mio agrifoglio, nei pressi di un campo per bocce, tu non ci sei più, né più respiri col tuo verde splendente).
Oggi la devota pietà cristiana cede sempre più al giuoco dello spettacolo: a una orgia di fuoco che neppure l'Inferno invidia, né assolve.
(Si estendeva una volta la Defensa attorno a San Matteo per tredici chilometri quadrati coperta da milletrecento ettari di boscaglia: a quanto l'ha ridotta l'irruente volontà distruttiva?)