Questi appunti sono del 2006, cioè di 10 anni fa. Penso che la situazione, da allora, sia peggiorata. Nelle prossime settimane, complici alcune elezioni comunali, toccherà di sorbirsi molte chiacchiere che verteranno, ovviamente, sui Prodotti Tipici e sul mitico Territorio. Senza dimenticare, of course, il Bosco Difesa di San Matteo, il Convento di San Matteo e Borgo Celano. Ah, dimenticavo. Si parlerà animosamente di Dinosauri. Scommettiamo? |
Si parlerà in maniera approfondita di questi aspetti nel punto 3.
Obiettivi dello studio. Finalità generali dell’intervento
Lo studio prende in esame la sperimentazione di forme diverse di commercializzazione, da utilizzare in maniera integrata, per ampliare gli sbocchi commerciali dei prodotti tipici del Gargano. Propone la finalità di fornire una immagine unitaria del Gargano, capace anche di contribuire alla formazione di una identità unica del territorio ed evitare la proposizione di un territorio disunito e frammentato che nulla ha a che fare con la molteplicità delle risorse presenti.
Si ritiene che le finalità proposte si possano realizzare attraverso:
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Diffusione delle problematiche che riguardano i prodotti tipici;
Diffusione della conoscenza delle filiere produttiva dei prodotti tipici del Gargano;
Diffusione della conoscenza delle aziende garganiche inserite nella produzione:
Aumento delle modalità di vendita dei prodotti;
Ampliamento degli sbocchi commerciali.
L’ampliamento degli sbocchi commerciali investe dunque entrambi gli aspetti sui quali è necessario fare delle riflessioni.
Diffusione della conoscenza delle problematiche riguardanti i prodotti tipici del Gargano.
Quantità e qualità
In queste zone, troppi fattori produttivi (costo del denaro, approvvigionamento delle materie prime, costi del trasporto, vicinanza dei mercati, presenza di servizi alle aziende, bacini di utenza, professionalità della manodopera, centri di assistenza e di formazione, ecc.) hanno costi più elevati rispetto alla media nazionale. Ne deriva allora l’emarginazione produttiva per le aziende che tendono a competere con altre aziende ubicate in zone vocate.
La conseguenza di un simile svantaggio produttivo si traduce generalmente in un abbandono dell’attività stessa che significa abbandono del territorio oppure trasformazione delle attività in una pura economia di sopravvivenza con parametri produttivi al di fuori di ogni sistema moderno: ore lavorative non quantificate, contributi non versati, sicurezza sul lavoro inesistente, condizioni di vita pressoché inaccettabili se paragonate ad un lavoro, ad esempio, svolto in una città.
Poiché generalmente nelle zone marginali l’attività preponderante è quella legata al comparto agricolo in senso ampio (agricoltura in senso stretto, zootecnia, gestione dei boschi, trasformazione delle materie prime ad un livello molto basso), l’abbandono delle aziende significa abbandono del territorio con tutte le conseguenze che questo fatto comporta: pericolo di incendi e frane per mancata manutenzione di strade e boschi, ricettacolo del territorio rurale di ogni sorta di attività illegale, trasformazione delle strade rurali e di parte dei terreni in vere e proprie discariche a cielo aperto.
Rispetto alla quantità di prodotti rinvenibili, si possono comunque distinguere due grosse categorie di prodotti.
a) Prodotti rinvenibili in grandi quantità organizzate e per i quali è possibile pensare alla organizzazione di vendite anche in circuiti allargati. E’ il caso, per esempio, dell’olio, soprattutto quello certificato e offerto in pezzature diverse (0,50 cc - 0,75 cc - 1 litro - 5 litri). E’ il caso anche della pasta e, in parte, del vino.
b) Prodotti rinvenibili in modo disorganizzato o non in grandi quantità. E’ il caso, ad esempio, di formaggi e conserve.
Organizzare per essi vendite in circuiti allargati è senz’altro molto più problematico. Talora, per venire incontro ad alcune esigenze commerciali di carattere prettamente industriale, si rischia di snaturare il prodotto e proporre operazioni di carattere dubbio quando si parla di prodotti tipici.
E’ il caso, ad esempio, della introduzione di lieviti selezionati nella produzione dei formaggi per andare incontro alla esigenza di standardizzare il gusto del prodotto; La standardizzazione è un procedimento tipicamente industriale e contraddice nei termini la definizione stessa di prodotto tipico che richiede tecniche produttive tradizionali che non prevedono alcuna standardizzazione sofisticata.
Qualità
La prima risorsa da considerare è l’ambiente, inteso sia in senso naturalistico che nel senso della conservazione, - certamente forzata, ma ancora esistente e vitale (dove ancora esiste) -, di alcuni prodotti non del tutto soppiantati da quelli industriali e dei sistemi produttivi tradizionali che ne sono alla base.
I prodotti e i sistemi produttivi tradizionali quasi sempre sono sinonimo di qualità e di valore. Questo è un assunto che non ha bisogno di essere dimostrato e costituisce, di per sé, un valore aggiunto al prodotto di queste zone.
Il fatto stesso che un prodotto derivi dal Gargano ha in sé un valore aggiunto rispetto ad un analogo prodotto, per esempio, del Tavoliere delle Puglie.
Il mercato, dunque, tendenzialmente riconosce ai prodotti delle zone marginali una maggiore qualità e un maggior valore economico. Perché questo fatto si traduca però in fatti economici concreti, c’è bisogno di una lunga serie di fattori che siano convogliati verso un’unica direzione.
Schematicamente si può affermare che i fattori attorno ai quali è possibile costruire una politica dello sviluppo nelle zone marginali sono tre:
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Ambiente
Qualità
Cultura
Soltanto in questo caso i prodotti tipici sono ritenuti prodotti di qualità per i quali c’è, da parte del mercato, la disponibilità a pagare un prezzo superiore.
Filiere produttive
Con l’aggettivo sostenibile si intende un insieme di pratiche e di tecniche che solo di recente sono state codificate dalla legge e che, in maniera molto generica, vanno riferite ad un tipo di agricoltura denominata biologica la quale, in realtà, abbraccia non solo un insieme di tecniche produttive, ma anche un insieme di filosofie di vita che le hanno ispirate.
Per estensione, si è passati dalla produzione di materie prime con metodo biologico, all’allevamento biologico e alla trasformazione biologica degli alimenti, anch’essi normati dalla legge.
L’approccio produttivo biologico porta sicuramente al massimo della qualità possibile, ed esso deve essere la stella polare che guida i produttori. Tuttavia, bisogna riconoscere anche i prodotti tipici tradizionali che, anche se non sono biologici, non sono da sottovalutare.
Si fa riferimento, per esempio, a gran parte dei prodotti da forno che riprendono solo alcuni aspetti dei prodotti tradizionali come ad esempio gli ingredienti, ma sono realizzati con materie prime di produzione industriale, spesso con ingredienti estranei alla tradizione, e con tecniche produttive non tradizionali (forni elettrici, macchine operatrici, ecc.).
La questione degli ingredienti è fondamentale.
Si assiste spesso all’utilizzo di olio di semi di provenienza extracomunitaria, di olio di oliva in prodotti dove la tradizione vuole olio extravergine di oliva, ecc.
La questione degli ingredienti, inoltre, rimanda ad una questione ben più profonda. Rimanda cioè alla conservazione dei sistemi produttivi e degli ambienti dove essi sono prodotti. L’approvvigionamento dell’olio, infatti rimanda alla conservazione del patrimonio olivicolo la cui gestione spesso, come si sa, è antieconomica.
Le filiere produttive vanno allora conosciute e vanno illustrate come parte integrante del processo di vendita. L’acquirente, se deve pagare un prodotto ad un prezzo superiore rispetto a quello industriale, deve sapere cosa compra e come viene prodotto e deve anche sapere che il suo acquisto contribuisce al mantenimento di equilibri a rischio.
La commercializzazione dei prodotti tipici va fatta allora selezionando accuratamente ciò che si propone. Ciò implica un controllo costante sui prodotti ad iniziare dalla fase di produzione o di acquisizione delle materie prime.
Proporre una immagine unitaria del Gargano che aiuti la formazione di una identità unica.
E’ molto importante dare del Gargano una immagine unitaria. Si deve offrire al visitatore o all’acquirente una visione complessiva, organica, anche se fatta di grande molteplicità di fattori che, di fatto, ne costituiscono la ricchezza. La grande varietà di ambienti, di condizioni sociali ed economiche determinano, in fondo, l’assenza di monotonia che altri posti, anche se ben organizzati, finiscono col dare sempre la stessa immagine, curata quanto si vuole, ma ripetitiva.
Si devono interiorizzare convinzioni e comportamenti che devono portare alla eliminazione di chiusure mentali ancora in essere tra i comuni del promontorio. I paesi del Gargano non devono più vedersi come singole entità, indipendenti tra loro, ma come componenti di un aggregato unico, interdipendente. I problemi non possono essere più affrontati individualmente, ma è necessario avere una visione globale di cui ci si senta parte.
Le condizioni storiche hanno portato ad una divisione netta tra le popolazioni della costa e quelle dell’interno con esigenze ed aspirazioni spesso contrastanti. Questo tipo di atteggiamento, obiettivamente non ha portato molto lontano e le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti.
I paesi della costa hanno pensato di risolvere, ognuno per conto suo, i problemi che li riguardavano. Ognuno ha pensato di costruirsi il suo percorso di sviluppo distruggendo spesso in maniera irreversibile la risorsa primaria data dal territorio. Il risultato è che il turismo costiero dura sostanzialmente uno-due mesi durante i qual si assiste ad eccessi, spesso a furbate, di ogni genere che scoraggiano o allontanano il visitatore.
I paesi dell’interno, S. Giovanni Rotondo in testa, agganciati per lo più al fenomeno del turismo religioso legato a Padre Pio, sono andati in una direzione a dir poco insensata. Hanno realizzato una quantità di alberghi assolutamente sproporzionata rispetto alla domanda, determinando un crollo dei prezzi e una sottoutilizzazione degli impianti. Ognuno se ne è andato per i fatti propri pensando ad uno sviluppo inarrestabile e autoreferenziale.
Il Gargano dunque va proposto come unitario anche se la cosa non è facile da realizzare. Ormai non si tratta più di una scelta, ma di una necessità.
I problemi di destagionalizzare e decongestionare il turismo sulla costa, quelli di un maggiore utilizzo delle strutture dell’interno sono fermi lì come macigni irremovibili che aspettano una soluzione.
Non è certamente con un piccolo studio di fattibilità come questo che si possa pensare di affrontare la questione. È importante però sapere che gli oceani sono fatti di tante piccolissime particelle di acqua ognuna delle quali ha la sua importanza.
Analogamente, ogni sforzo, anche se piccolo, deve andare nel senso di portare ad unità una situazione di divisione, scopo primario, tra l’altro, perseguito dal GAL.