(Autore scheda Alessandro Augello. Foto A. Augello e Michele Colletta)
La materia prima
La razza Carne di maiale.La razza di appartenenza del maiale dalla quale deriva la materia prima ha scarsa importanza per l'ottenimento di una buona pancetta. Intanto bisogna dire che dei suini in commercio, quelli allevati nei grossi centri di produzione, pochi sono di razza pura essendo la gran parte di essi data da ibridi (o meglio incroci o meticci) il cui ottenimento è un segreto industriale. Razze pure, e in particolare razze locali, è possibile trovarle nei piccoli allevamenti o nelle fattorie dove magari ci sono ancora gli eredi di antichi ceppi conservati più per la caparbietà di qualche allevatore che per i reali meriti produttivi, qualità a parte, naturalmente. Sistema di allevamento dei maiali Il sistema di allevamento è importante soprattutto per la ginnastica funzionale e per l'igiene e, solo indirettamente, per la qualità della alimentazione in quanto, oltre a quella data dall'allevatore, ci può essere la ricerca e la scelta di alimenti da parte dell'animale. Però, il fattore più importante per l'ottenimento di una buona materia prima è senz'altro l'alimentazione. I sistemi di allevamento praticati per i suini sono i seguenti.
Sistema industriale ovvero allevamento in box Consiste nell'assegnazione, entro un box, di un certo spazio (in mq) per ogni maiale. Per esempio 20 maiali in 30 mq. L'alimentazione è controllata come pure è sotto stretto controllo l'aspetto sanitario. Gli animali di partenza sono ibridi e la qualità della carcassa dipende anche dai livelli nutritivi. Si tratta di allevamenti con migliaia di capi allevati, dove ogni piccolo risparmio su un solo fattore produttivo si traduce in grosse cifre per l'elevato numero dei capi. Il risultato di questo sistema di allevamento lo può giudicare chiunque. Per quanto riguarda il sapore, tra maiale, pollo, tacchino e vitello, è bravo chi riesce a distinguere cosa sta mangiando.
Sistema artigianale mediante utilizzo di un recinto Si tratta del maiale o dei maiali, comperati da piccoli presso un allevamento industriale oppure prodotti in azienda, ai quali si danno gli scarti di produzione (per esempio siero di latte, frutta piccola e malformata e via dicendo) o gli avanzi, integrati da crusca, mais, grano, fave, ecc. Sono animali che danno buona materia prima e, per lo più, servono per l'auto-approvvigionamento della famiglia del contadino.
Sistema semibrado Si tratta di piccoli allevamenti messi su da contadini e allevatori che hanno a disposizione degli spazi: per esempio un pascolo, un bosco, un'aia, ecc. L'animale è libero di andare dove vuole e ritorna all'azienda per l'acqua e la integrazione alimentare, di solito con concentrati (cruscami, cereali, leguminose da granella). I ritmi di accrescimento sono quelli naturali e non ci sono forzature. La materia prima che si ottiene è ottima.
Sistema brado Gli animali, scrofe e figli, se ne vanno in giro per tutto il giorno dove vogliono. Ritornano in azienda la sera per bere e integrare l'alimentazione trovata. Talora ritornano in azienda dopo essersi assentati per qualche giorno. Può mancare il verro, sostituito da Cinghiali allo stato libero, per cui gli animali che ne derivano sono incroci tra il Cinghiale e il Maiale. Una situazione del genere presuppone un gran numero di ettari a pascolo e territori più o meno marginali e difficili dove gli animali hanno la possibilità di riprodursi in libertà. Sul Gargano ce ne sono molti di posti del genere e chi riesce ad ottenere questi maiali, è fortunato: la qualità della materia prima è eccellente. La razza, in questo caso, ha scarsa rilevanza.
Alimentazione, peso alla macellazione e qualità della carcassa Per avere una buona pancetta bisogna partire da animali di un certo peso e che abbiano un buono strato di grasso. Gli animali allevati con il sistema industriale sono macellati attorno ai 70-80 kg per avere una carcassa magra da consumare come carne. La pancetta ottenuta da questi animali, al di là della qualità, è una pancetta magra, non certo l'ideale per un prodotto di qualità. Gli animali allevati in azienda, a questo peso, possono avere anche uno strato di lardo elevato perché di solito le conoscenze zootecniche di chi alleva questi animali non sono grandi. Per cui ci possono essere errori alimentari, legati soprattutto ai livelli nutritivi, (bassi agli inizi ed alti alla fine quando dovrebbe essere esattamente il contrario) che portano ad un maiale grasso che non sarà l'ottimale per la carne, ma è ottimo per la pancetta. Gli animali allevati con il sistema brado e semibrado, sui 70 Kg, presentano, di solito, una scarsa quantità di grasso, ma i 70 kg li raggiungono ad un'età molto più avanzata degli animali allevati con il sistema industriale. Una buona pancetta potrà ottenersi, col sistema brado e semibrado, da animali al di sopra del quintale.
Le fasi di preparazione del prodotto
Scelta dell'animale Maiali allo stato brado.Nell'allevamento tradizionale, dati i pesi elevati che si richiedono per questo prodotto, è importante che i maschi siano castrati per evitare sapori poco graditi. Altrimenti bisognerà indirizzarsi verso una femmina. Siccome la pancetta è un prodotto da consumare crudo, occorre accertarsi sulle caratteristiche igieniche dell'animale per evitare infestazioni da parte di parassiti. Sotto questo aspetto, la produzione industriale offre maggiori garanzie perché gli animali sono sottoposti a visite periodiche da parte del veterinario e la loro macellazione avviene nei macelli dove c'è la visita da parte del veterinario. Nella produzione artigianale, invece, l'animale è ammazzato in casa. Fa fede allora unicamente l'esperienza da parte dell'allevatore nel riconoscere situazioni sanitarie anomale e soprattutto la sua onestà. Ad ogni modo, dare un'occhiata in prima persona in questa fase non è una soluzione da scartare se vi è la possibilità di farlo. La consuetudine sul Gargano lo consente. Sezionamento della carcassa e sagomatura dei pezzi A seconda del tipo di pancetta che si vuole ottenere, si ottengono pezzi diversi. Se si vuole una pancetta da arrotolare, si ricava un pezzo intero dal quale si eliminano le costole. Per una pancetta piana si possono ricavare anche pezzi più piccoli. Si possono lasciare, in questo caso, anche le costole. Salatura Si ricopre la carne con abbondante sale grosso in modo da non lasciare scoperti neanche i lati. Esso determinerà la perdita di acqua che in parte verrà assorbita dal sale stesso e, in parte, scolerà sul piano di appoggio. Per evitare che la cotica diventi molle, si utilizza un piano inclinato o si sposta frequentemente la pancetta oppure la si pone su un piano forato che permetta all'acqua di allontanarsi. Il contatto con il sale dura da un minimo di tre giorni a un massimo di sette giorni. Durante questa fase la carne assorbe la quantità di sale che le permetterà di conservarsi nel tempo. Conciatura Terminato il periodo di salatura, si elimina il sale non sciolto o non assorbito. Si può lavare la carne con del vino bianco e la si lascia asciugare per una mezza giornata. Quindi si cospargono le superfici con spezie varie: pepe macinato, peperoncino, semi di finocchio a seconda dei gusti. Le spezie, poiché la pancetta è ancora umida, aderiscono alla carne e non si staccano neanche se essa è appesa, nel caso di pancetta piana. In quello di pancetta arrotolata o coppata tale eventualità non esiste perché le spezie sono fortemente strette al centro del prodotto.
La stagionatura
Periodo di stagionatura Per ottenere un'ottima pancetta occorrono 3 mesi. Tuttavia, già dopo due mesi il prodotto può essere consumato. Ambiente per la stagionatura e periodo della macellazione dei maiali
Nelle produzioni industriali c'è il condizionamento dell'ambiente riguardo alla temperatura, alla umidità e alla velocità dell'aria. La produzione, allora, può essere realizzata in qualsiasi periodo dell'anno.
Nelle produzioni artigianali invece conta la stagionalità . Il maiale si ammazza in inverno e le preparazioni con le sue carni sono effettuate in questa stagione. La pancetta, come le salsicce e gli altri salumi, è messa a stagionare in un ambiente fresco e arieggiato. Ciò che conta è il freddo, soprattutto nei primi giorni di stagionatura. Il grasso non si deve sciogliere ma deve essere sodo. L'animale è macellato durante giornate ventilate.
Varianti
Pancetta arrotolata Nelle produzioni artigianali la pancetta, una volta conciata, è arrotolata con la cotica attaccata e con un lato a contatto dell'aria; la cotica verrà eliminata al momento del consumo. Un altro sistema consiste nell'eliminare una parte della cotica (circa la metà) e arrotolare la parte senza cotica in maniera tale che la parte di cotica residua serva a coprire tutta la superficie esposta all'aria; in questo caso qualcuno stacca una parte della cotica rimasta per incastrarla all'altra estremità della pancetta una volta arrotolata. Il motivo è da ricercare nel fatto di non lasciare nessuna parte della pancetta a contatto dell'aria ed evitarne così l'ossidazione superficiale. Una volta arrotolata, la pancetta è stretta fortemente con dello spago. Nelle produzioni industriali, la cotica viene asportata completamente e la pancetta è inserita in un budello artificiale oppure naturale, in quelle più di pregio. Pancetta piana Il prodotto è lasciato così com'è senza avvolgerlo. E' cioè lasciato con la cotica ed è messo a stagionare appeso da un lato oppure semplicemente appoggiato su un piano, ovviamente dalla parte della cotica. Pancetta coppata Consiste nell'avvolgere la pancetta attorno al filetto del maiale, ossia attorno alla coppa. Per quel che mi risulta, sul Gargano un tal tipo di prodotto non esiste.
Curiosità
Qualità del prodotto e colesterolo Maiale allo stato bradoPancetta = grasso = colesterolo. L'equazione è sempre valida? Da ricerche effettuate dal Ministero per l'Ambiente è risultata una cosa interessantissima. I prodotti ricavati da animali allevati secondo le tecniche tradizionali (non con i sistemi intensivi) e lavorati secondo le tecniche artigianali (con tempi di stagionatura lunghi) hanno una composizione degli acidi grassi particolare. In essi prevalgono gli acidi grassi insaturi e la quota di quelli saturi, responsabili del colesterolo, è bassa. Con la lunga stagionatura, cioè, i grassi saturi si trasformano in grassi insaturi avvenendo così una specie di piccolo miracolo che ben conoscevano i nostri nonni anche se non ne erano consapevoli. Ecco che allora si ha che, al di là del sapore, con il mutare della tecnica di allevamento e di lavorazione, cambia la qualità intrinseca del prodotto finale. Colore della pancetta Se si compra una pancetta prodotta industrialmente, si nota subito che essa ha un colore rosso vivo. Se invece si ha per le mani una pancetta prodotta artigianalmente, si vede che il suo colore, almeno per quel che riguarda la carne, è rosso scuro, forse meno accetto alla vista. Come mai? La prima, per mantenere il suo bel colore, è trattata con nitrati, la seconda no. Ingredienti a confronto
Dalla lettura di una etichetta di pancetta prodotta industrialmente si ricavano le seguenti indicazioni: suino, sale, zucchero, destrosio, aromi naturali, Antiossidante E 301, Conservanti: E 252 - E 250.
Gli ingredienti di una pancetta artigianale sono i seguenti: suino e sale; a piacimento: pepe, peperoncino, semi di finocchio.
Scegliere il maiale, specialmente per chi ha possibilita di farlo tra gli incroci col Cinghiale allevati con i sistemi tradizionali, può costituire, oltre che l'esercizio del controllo, anche un'ottima occasione per una gita in campagna.
Animale macellato e ridotto a mezzene, pronto per essere sezionato. Il peso non è elevato e si tratta di una femmina.
Pancetta arrotolata. La quantità di spezie utilizzate non è elevata. Lo si nota dal fatto che al centro non se ne vedono tracce evidenti. Il colore rosso induce a pensare che siano stati utilizzati conservanti. Infatti, il prodotto è stato acquistato in un negozio che lo vendeva come prodotto artigianale (era privo di etichetta).
Il maiale è macellato in azienda. Le condizioni igieniche non sono ottimali, ma l'importante è che l'animale non sia ammalato o afflitto da parassiti pericolosi per la salute dell'uomo.
Pancetta arrotolata messa a stagionare. Si notano le dimensioni grandi, indice che l'animale dal quale è stata ricavata aveva un peso elevato, adatto per questo tipo di prodotto.
Pancetta piana e messa a stagionare, dopo essere stata conciata. In questo caso le costole non sono state tolte. Si nota la grande quantità di peperoncino utilizzato.
Raccolta delle uve. Va fatta con tempo asciutto e a maturazione giustaIl vino fatto con le tecniche artigianali tradizionali è un prodotto vivo. Se ben curato, dà risultati e soddisfazioni; al contrario, se trascurato, si altera facilmente, in tutti i sensi. Per ottenere un buon vino non bisogna ricorrere ad alcuna alchimia chimica, basta osservare le regole sotto elencate. Materia prima Uva sana e matura, ma non sovrammatura. Scartare i grappoli con muffe di vario genere. Uva ben colorata con gradazione zuccherina attorno ai 18 gradi che darà un vino sugli 11-11,5 gradi alcolici. Qualora il grado zuccherino fosse superiore ai 18, utilizzare l'uva anche se non del tutto matura. Infatti, quando l'uva è in questa condizione ha un grado di acidità maggiore e questa, assieme al grado alcolico, determina la serbevolezza del vino. Si può verificare il fatto che un'uva abbia un elevato grado zuccherino che svilupperà un elevato grado alcolico ma un basso grado di acidità. Il vino che ne deriverà difficilmente riuscirà a conservarsi sino all'estate. Infatti, non appena arriveranno i primi caldi primaverili, si accelereranno i meccanismi di una serie di trasformazioni negative che cambieranno sia il colore che il sapore del vino rendendolo inaccettabile per il consumo. Grappolo di uva neraE' da evitare la raccolta dell'uva mentre piove e, qualora ciò avvenisse, coprire l'uva durante il trasporto. Sul Gargano la qualità della materia prima tende a diventare sempre più scadente e questo è legato alla forma di allevamento della vite. Il tendone sta sostituendo tutte le altre forme soprattutto per la sua produttività elevata (attorno a 200 q di uva rossa per ettaro). L'ottimale, per una buona qualità del vino, è una produzione di uva per ettaro non elevata (60-80 q). Difficilmente, infatti, qualità e quantità vanno d'accordo. Uva rossa di tendone che superi i 18° zuccherini è difficile trovarne a meno che non si abbia una buona annata. Nella media ci si assesta attorno ai 17-17,5 gradi. Uve del genere, raccolte al momento opportuno, con un buon grado di acidità, possono dare vino che arriva all'estate inalterato.
Procedimento
Pigiatura-diraspatura Far passare l'uva in una pigia-diraspatrice appoggiata direttamente sul tino in maniera tale che vinacce e succo cadano in esso e i raspi cadano all'esterno del tino. Se si desidera ottenere un vino di pronta beva, i raspi non vengono utilizzati. Se le caratteristiche dell'uva lo permettono e si desidera ottenere un vino che superi l'anno, si mette nel tino una parte dei raspi (20-30 % del totale).
Fermentazione primaria Grappolo di uva-Varietà Montepulciano d'AbruzzoIl tino non deve essere riempito sino all'orlo perché deve permettere l'innalzamento del 'cappello' di vinacce che si forma durante la fermentazione. Si lascia fermentare il contenuto del tino immergendo almeno 2 volte al giorno il cappello. Questa è una operazione molto importante sia per dare colorazione al vino (i coloranti si trovano nella buccia dell'uva e quindi nelle vinacce) sia per evitare l'innesco di processi indesiderati. La fermentazione procederà per 3-12 giorni in base alla temperatura dell'aria sino a che il mostimetro arriverà a zero, sino cioè a che tutto lo zucchero sarà trasformato in alcool. In realtà resta circa il 2% di zucchero, dato soprattutto da fruttosio poco fermentescibile e pentosi che non sono attaccabili dai lieviti ma dai batteri con produzione di acido acetico. Quindi attenzione a creare le condizioni di sviluppo di questi ultimi (temperature elevate, bassa acidità, presenza di ossigeno, scarse condizioni igieniche). Spremitura delle vinacce Il giorno prima della svinatura, cioè del trasferimento del mosto-vino dal tino in altro recipiente (damigiana, botte, vasca in vetroresina, in acciaio, ecc.), torchiare le vinacce e rimettere il liquido che ne esce nel tino per far proseguire la fermentazione dello zucchero residuo presente nelle vinacce. Svinatura Trasferire il mosto-vino nei nuovi recipienti. Non lasciarlo direttamente a contatto con l'aria, ma usare i vasi colmatori in commercio (ce ne sono di tutti i tipi, damigiane comprese). Nei vasi colmatori basta metterci semplice acqua il cui livello va ripristinato di tanto in tanto a causa dell'evaporazione. Fermentazione Secondaria Inizia dal momento in cui il vino, dal tino, viene messo in damigiana e dura circa 1 mese. Consiste nella trasformazione dell'acido malico in acido lattico con diminuzione della astringenza e scomparsa dell'"acerbo". La fermentazione secondaria può essere seguita avvicinando una candela al collo della damigiana. Si osserveranno colonne di bollicine, come quelle che si osservano quando si beve lo spumante, date dalla anidride carbonica, CO2. Questa viene prodotta durante la fermentazione secondaria e va a saturare lo spazio tra collo della damigiana e vaso colmatore impedendo all'ossigeno, O2, di esercitare la sua azione nociva. Quando sarà in eccesso rispetto allo spazio disponibile uscirà attraverso l'acqua del vaso colmatore. La quantità di CO2 che si sviluppa è notevole e notevole anche la pressione da essa esercitata. Molti lasciano la damigiana scoperta per tutta la durata della fermentazione secondaria mettendo direttamente il vino a contatto dell'ossigeno dell'aria. E' una operazione errata che innescherà processi di ossidazione indesiderati che, durante l'inverno, per la bassa temperatura, saranno contenuti, ma che subiranno un'accelerazione con i primi caldi primaverili. Altri tappano le damigiane dopo un certo tempo e prima che la fermentazione sia terminata ottenendo due risultati: un vino frizzantino che può essere gradevole se voluto, ma non desiderato per vini di corpo; nei casi meno fortunati la rottura della damigiana, causata dalla pressione esercitata dalla CO2. Travasi e imbottigliamento Sono evidenti i resti di un trattamento antiparassitario con poltiglia bordolese, il comune verderameI vini di pronta beva possono essere consumati già a novembre. Per gli altri occorre aspettare un po'. Per Natale può avvenire il primo travaso. Il peso delle scorie e l'azione chimico-fisica del freddo faranno depositare nel fondo della damigiana un residuo. Quando si metterà il vino travasato in una nuova damigiana, a causa del deposito, il vino non la riempirà tutta. Si provvederà a riempire le damigiane con il contenuto di altre damigiane della stessa partita. Per vini rossi di pronta beva basta un travaso che può essere effettuato direttamente dalla damigiana nelle bottiglie. Per vini che devono durare 1-2 anni si effettuano 1-2 travasi (verso Natale e sul finire dell'estate). Nella damigiana o botte avviene la cosiddetta fase ossidativa che comporta una serie di trasformazioni chimiche accompagnate da scarico elevato di corpo e di ammorbidimento (addolcimento) del vino. Per vini che devono durare e maturare a lungo, si effettuano 2 travasi all'anno (Natale e fine estate), 3 nel primo anno (Natale, fine inverno, fine estate). Secondo la tradizione i travasi si eseguono con la luna in fase calante. Secondo le conoscenze tecnico-scientifiche è bene tener conto delle fasi lunari, ma è più importante la barometria: non travasare e imbottigliare il vino quando c'è molto vento né in giornate tendenti alla pioggia; operare in giornate calme e chiare. Terminata la fase di maturazione in damigiana (o botte) si provvede al trasferimento del vino nelle bottiglie dove avviene la fase riduttiva che consiste in un'altra serie di reazioni chimiche che determinano l'arricchimento del bouquet, cioè degli aromi. Recipienti, tappi Grappoli di uva neraPer vini di pronta beva e che devono essere bevuti entro 1 anno o al massimo 2, come contenitori vanno bene damigiane in vetro, vasche in acciaio e vetroresina. Per vini che richiedono una lunga maturazione l'ideale sarebbe avere a disposizione botti di rovere. Scartare senz'altro quelle in castagno, meno costose, perché hanno pori più grandi e lasciano passare una quantità di ossigeno che può nuocere al vino. Per i tappi la tradizione vuole tappi di sughero che però, puntualmente, ogni anno, vengono messo sotto processo dagli esperti perché lasciano passare piccole quantità di ossigeno che influisce negativamente sulla qualità del vino. Del resto ognuno di noi avrà fatto l'esperienza con le sensazioni offerte da un vino che sa di tappo. Sembra che il miglior tappo in circolazione sia il tappo a corona che ha un unico grande difetto: costa troppo poco. Su vini di grande qualità dove si spende molto anche per l'estetica, il costo bassissimo del tappo a corona è ritenuto un vero affronto.
Curiosità
Procedimento La tecnica riportata può essere definita standard. Sicuramente ci sono delle variazioni in funzione delle varietà di uva e degli usi locali. Quanto qui esposto è frutto di esperienze vissute e di quanto ascoltato tra coloro che il vino lo fanno. Volutamente sono stati tralasciati i procedimenti prima definiti 'strani'. Se si verrà a conoscenza di procedimenti particolari e degni di nota verranno pubblicati. Gradazione zuccherina Spesso si sente parlare di uve che arrivano a 22-24 gradi zuccherini. Ci sono persone disposte a giurarlo, a testimoniarlo di persona e a darne la prova provata. Ad uno che insisteva in modo particolare gli chiesi questa prova. Andammo a misurare la gradazione zuccherina della sua uva con il mostimetro. La gradazione superava effettivamente i 20 gradi zuccherini. Solo che il mostimetro utilizzato non misurava lo zucchero in gradi Baumé, Bé, come si usa generalmente fare e come convenzionalmente si intende, ma in un'altra scala di misura. In gradi Bé superava appena i 17 gradi. Anidride solforosa Montepulciano d'AbruzzoIn tutti i testi di enologia viene raccomandato l'utilizzo di questa sostanza sotto vari formulati (di solito bisolfito) per vari motivi: facilita la solubilità dei coloranti contenuti nelle bucce, controlla gli apiculati, miceti non favorevoli alla fermentazione alcolica, e i batteri (azione antimicrobica), ha azione antiossidante, defecante (separa le sostanze sospese nel vino), ecc. Si può tranquillamente affermare che, se le uve sono sane, i recipienti e tutte le attrezzature sono accuratamente pulite, gli ambienti dove avviene la fermentazione e dove si conserva il vino sono igienicamente a posto e il procedimento è corretto, non vi è alcun bisogno di anidride solforosa per ottenere un buon vino con buona serbevolezza. Il guaio è che molte volte non solo gli ambienti dove avviene la fermentazione e dove viene conservato il vino non sono idonei, ma si impiegano procedimenti a dir poco strani. In questi casi l'uso di anidride solforosa, di solito in eccesso, impedisce un rapido deterioramento del vino ma lo rende imbevibile per la puzza di zolfo perché, l'idea imperante, anche in questo caso, è melius abundare quam deficere. Acido tartarico Uva neraI principali fattori per la conservazione del vino sono il grado alcolico e l'acidità. Difficilmente da noi qualcuno ricorre al parziale appassimento delle uve e mai al mosto concentrato o allo zucchero per aumentare il grado alcolico che si accetta così come il 'cielo' ce lo manda. Sono in molti invece a ricorrere all'acido tartarico, la "polverina" delle farmacie agricole, per aggiustare l'acidità. Non c'è cantina sociale che non ne faccia uso. Per gli amanti del vino buono si consiglia di agire non sul prodotto finale, il vino da 'aggiustare', ma sulla qualità dell'uva, in particolare sulla quantità per ettaro e sull'epoca e modalità della raccolta secondo quanto esposto al paragrafo Materia Prima. Forme di allevamento e scomparsa di varietà locali La sostituzione delle forme di allevamento indigene con il tendone avviene anche a scapito delle varietà locali che sono sostituite da varietà più produttive. Ciò porta ad una perdita irreversibile di materiale genetico selezionato in secoli di attività. Questo fenomeno è ancora più accentuato dalla eliminazione del vigneto lungo i litorali per far posto a campeggi e costruzioni di ogni genere. Nelle zone interne siamo ormai invece verso il compimento di un'opera di distruzione determinata da 50 anni di abbandono delle campagne. Pur tuttavia sarebbe ancora possibile andare a recuperare materiale genetico tra ciò che resta di antichi pergolati e uve maritate un tempo con i fruttiferi e ora abbarbicate su piante autoctone che li hanno sostituiti. Per un'azione del genere bisognerebbe agire in fretta prima che, con la scomparsa degli ultimi contadini, scompaia la memoria di quanto da essi conosciuto. Varietà di uve rosse locali del Gargano Il dr. Nello Biscotti, nel numero 10-2001 di Gargano Parco, elenca 28 vitigni tra rossi, rosa e neri, tutti locali ad eccezione di 3-4 introdotti da fuori. Essi sono concentrati per lo più tra Vico, Vieste e Ischitella. Nulla viene detto dei vitigni di S. Marco in Lamis, Rignano Garganico, Cagnano, Lesina, Carpino, Mattinata, ecc., perché non rinvenuti ad una prima indagine.
Nome locale
Area di diffusione
Tipo
Gagghjoff
Vieste, Ischitella
Nero
Uva della macchia, Pampanone, Uva di Vieste
Ischitella, Vico del Gargano, Vieste
Nero
Uva nera tosta
Ischitella, Vico del Gargano
Nero
Uva di Don Michele
Vieste
Nero tipo Malvasia
Sumariello nero
Vieste, Peschici, Vico del Gargano, Ischitella
Nero
Sumariello rosso
Vieste, Peschici, Vico del Gargano, Ischitella
Rosso
Bombino nero
Vieste, Peschici, Vico del Gargano, Sannicandro
Nero
Moscato tamburro
Vico del Gargano
Rosa
Moscato nero
Vieste, Peschici, Vico del Gargano
Nero
Neretto
Vico del Gargano, Monte Sant'Angelo
Nero
Pudicin tener
Peschici, Vico del Gargano
Nero
Ottaviano
Vieste
Nero
Malvasia nera antica
Vico del Gargano
Nero
Zagarese
Vico del Gargano
Nero
Plaus nera
Vieste
Nero
Uva a nocella
Ischitella
Nero
Uva S. Anna nera
Ischitella, Vico del Gargano
Nero
Moscatiddone nero
Vico del Gargano, Vieste, S. Giovanni Rotondo, Ischitella, Monte Sant'Angelo
Nero
Ottaliano
Vico del Gargano
Nero
Cassano
S. Giovanni Rotondo
Nero
Nutrito nero
S. Giovanni Rotondo
Nero
Dundurin
Vieste, Vico del Gargano
Nero
Cestoneia nera
Vieste
Nero
Mostosa
Vico del Gargano
Rosa-rosso
Barbaroscia
Ischitella, Vico del Gargano
Rosso
Sangiovese
Vieste, Vico del Gargano, Ischitella, Sannicandro, Monte Sant'Angelo
Nero
Malvasia d'Abruzzo, Montepulciano
Vieste, Vico del Gargano, Ischitella, Sannicandro, Monte Sant'Angelo
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(Autore scheda Alessandro Augello. Foto A. Augello e Michele Colletta)
La materia prima
La razza Carne di maialeLa razza di appartenenza del maiale dalla quale deriva la materia prima ha scarsa importanza per l'ottenimento di una buona pancetta. Intanto bisogna dire che dei suini in commercio, quelli allevati nei grossi centri di produzione, pochi sono di razza pura essendo la gran parte di essi data da ibridi (o meglio incroci o meticci) il cui ottenimento è un segreto industriale. Razze pure, e in particolare razze locali, è possibile trovarle nei piccoli allevamenti o nelle fattorie dove magari ci sono ancora gli eredi di antichi ceppi conservati più per la caparbietà di qualche allevatore che per i reali meriti produttivi, qualità a parte, naturalmente. Sistema di allevamento dei maiali Il sistema di allevamento è importante soprattutto per la ginnastica funzionale e per l'igiene e, solo indirettamente, per la qualità della alimentazione in quanto, oltre a quella data dall'allevatore, ci può essere la ricerca e la scelta di alimenti da parte dell'animale. Però, il fattore più importante per l'ottenimento di una buona materia prima è senz'altro l'alimentazione. I sistemi di allevamento praticati per i suini sono i seguenti.
Sistema industriale ovvero allevamento in box Consiste nell'assegnazione, entro un box, di un certo spazio (in mq) per ogni maiale. Per esempio 20 maiali in 30 mq. L'alimentazione è controllata come pure è sotto stretto controllo l'aspetto sanitario. Gli animali di partenza sono ibridi e la qualità della carcassa dipende anche dai livelli nutritivi. Si tratta di allevamenti con migliaia di capi allevati, dove ogni piccolo risparmio su un solo fattore produttivo si traduce in grosse cifre per l'elevato numero dei capi. Il risultato di questo sistema di allevamento lo può giudicare chiunque. Per quanto riguarda il sapore, tra maiale, pollo, tacchino e vitello, è bravo chi riesce a distinguere cosa sta mangiando
Sistema artigianale mediante utilizzo di un recinto Si tratta del maiale o dei maiali, comperati da piccoli presso un allevamento industriale oppure prodotti in azienda, ai quali si danno gli scarti di produzione (per esempio siero di latte, frutta piccola e malformata e via dicendo) o gli avanzi, integrati da crusca, mais, grano, fave, ecc. Sono animali che danno buona materia prima e, per lo più, servono per l'auto-approvvigionamento della famiglia del contadino
Sistema semibrado Si tratta di piccoli allevamenti messi su da contadini e allevatori che hanno a disposizione degli spazi: per esempio un pascolo, un bosco, un'aia, ecc. L'animale è libero di andare dove vuole e ritorna all'azienda per l'acqua e la integrazione alimentare, di solito con concentrati (cruscami, cereali, leguminose da granella). I ritmi di accrescimento sono quelli naturali e non ci sono forzature. La materia prima che si ottiene è ottima.
Sistema brado Gli animali, scrofe e figli, se ne vanno in giro per tutto il giorno dove vogliono. Ritornano in azienda la sera per bere e integrare l'alimentazione trovata. Talora ritornano in azienda dopo essersi assentati per qualche giorno. Può mancare il verro, sostituito da Cinghiali allo stato libero, per cui gli animali che ne derivano sono incroci tra il Cinghiale e il Maiale. Una situazione del genere presuppone un gran numero di ettari a pascolo e territori più o meno marginali e difficili dove gli animali hanno la possibilità di riprodursi in libertà. Sul Gargano ce ne sono molti di posti del genere e chi riesce ad ottenere questi maiali, è fortunato: la qualità della materia prima è eccellente. La razza, in questo caso, ha scarsa rilevanza
Alimentazione, peso alla macellazione e qualità della carcassa Pancetta di maiale o ventrescaPer avere una buona pancetta bisogna partire da animali di un certo peso e che abbiano un buono strato di grasso. Gli animali allevati con il sistema industriale sono macellati attorno ai 70-80 kg per avere una carcassa magra da consumare come carne. La pancetta ottenuta da questi animali, al di là della qualità, è una pancetta magra, non certo l'ideale per un prodotto di qualità. Gli animali allevati in azienda, a questo peso, possono avere anche uno strato di lardo elevato perché di solito le conoscenze zootecniche di chi alleva questi animali non sono grandi. Per cui ci possono essere errori alimentari, legati soprattutto ai livelli nutritivi, (bassi agli inizi ed alti alla fine quando dovrebbe essere esattamente il contrario) che portano ad un maiale grasso che non sarà l'ottimale per la carne, ma è ottimo per la pancetta. Gli animali allevati con il sistema brado e semibrado, sui 70 Kg, presentano, di solito, una scarsa quantità di grasso, ma i 70 kg li raggiungono ad un'età molto più avanzata degli animali allevati con il sistema industriale. Una buona pancetta potrà ottenersi, col sistema brado e semibrado, da animali al di sopra del quintale
Le fasi di preparazione del prodotto
Scelta dell'animale Maiali allo stato bradoNell'allevamento tradizionale, dati i pesi elevati che si richiedono per questo prodotto, è importante che i maschi siano castrati per evitare sapori poco graditi. Altrimenti bisognerà indirizzarsi verso una femmina. Siccome la pancetta è un prodotto da consumare crudo, occorre accertarsi sulle caratteristiche igieniche dell'animale per evitare infestazioni da parte di parassiti. Sotto questo aspetto, la produzione industriale offre maggiori garanzie perché gli animali sono sottoposti a visite periodiche da parte del veterinario e la loro macellazione avviene nei macelli dove c'è la visita da parte del veterinario. Nella produzione artigianale, invece, l'animale è ammazzato in casa. Fa fede allora unicamente l'esperienza da parte dell'allevatore nel riconoscere situazioni sanitarie anomale e soprattutto la sua onestà. Ad ogni modo, dare un'occhiata in prima persona in questa fase non è una soluzione da scartare se vi è la possibilità di farlo. La consuetudine sul Gargano lo consente. Sezionamento della carcassa e sagomatura dei pezzi A seconda del tipo di pancetta che si vuole ottenere, si ottengono pezzi diversi. Se si vuole una pancetta da arrotolare, si ricava un pezzo intero dal quale si eliminano le costole. Per una pancetta piana si possono ricavare anche pezzi più piccoli. Si possono lasciare, in questo caso, anche le costole. Salatura Si ricopre la carne con abbondante sale grosso in modo da non lasciare scoperti neanche i lati. Esso determinerà la perdita di acqua che in parte verrà assorbita dal sale stesso e, in parte, scolerà sul piano di appoggio. Per evitare che la cotica diventi molle, si utilizza un piano inclinato o si sposta frequentemente la pancetta oppure la si pone su un piano forato che permetta all'acqua di allontanarsi. Il contatto con il sale dura da un minimo di tre giorni a un massimo di sette giorni. Durante questa fase la carne assorbe la quantità di sale che le permetterà di conservarsi nel tempo. Conciatura Terminato il periodo di salatura, si elimina il sale non sciolto o non assorbito. Si può lavare la carne con del vino bianco e la si lascia asciugare per una mezza giornata. Quindi si cospargono le superfici con spezie varie: pepe macinato, peperoncino, semi di finocchio a seconda dei gusti. Le spezie, poiché la pancetta è ancora umida, aderiscono alla carne e non si staccano neanche se essa è appesa, nel caso di pancetta piana. In quello di pancetta arrotolata o coppata tale eventualità non esiste perché le spezie sono fortemente strette al centro del prodotto
La stagionatura
Periodo di stagionatura Per ottenere un'ottima pancetta occorrono 3 mesi. Tuttavia, già dopo due mesi il prodotto può essere consumato. Ambiente per la stagionatura e periodo della macellazione dei maiali
Nelle produzioni industriali c'è il condizionamento dell'ambiente riguardo alla temperatura, alla umidità e alla velocità dell'aria. La produzione, allora, può essere realizzata in qualsiasi periodo dell'anno
Nelle produzioni artigianali invece conta la stagionalità. Il maiale si ammazza in inverno e le preparazioni con le sue carni sono effettuate in questa stagione. La pancetta, come le salsicce e gli altri salumi, è messa a stagionare in un ambiente fresco e arieggiato. Ciò che conta è il freddo, soprattutto nei primi giorni di stagionatura. Il grasso non si deve sciogliere ma deve essere sodo. L'animale è macellato durante giornate ventilate
Varianti
Pancetta arrotolata Pancetta di maiale arrotolataNelle produzioni artigianali la pancetta, una volta conciata, è arrotolata con la cotica attaccata e con un lato a contatto dell'aria; la cotica verrà eliminata al momento del consumo. Un altro sistema consiste nell'eliminare una parte della cotica (circa la metà), e arrotolare la parte senza cotica in maniera tale che la parte di cotica residua serva a coprire tutta la superficie esposta all'aria; in questo caso qualcuno stacca una parte della cotica rimasta per incastrarla all'altra estremità della pancetta una volta arrotolata. Il motivo è da ricercare nel fatto di non lasciare nessuna parte della pancetta a contatto dell'aria ed evitarne così l'ossidazione superficiale. Una volta arrotolata, la pancetta è stretta fortemente con dello spago. Nelle produzioni industriali, la cotica viene asportata completamente e la pancetta è inserita in un budello artificiale oppure naturale, in quelle più di pregio
Pancetta piana Il prodotto è lasciato così com'è senza avvolgerlo. E' cioè lasciato con la cotica ed è messo a stagionare appeso da un lato oppure semplicemente appoggiato su un piano, ovviamente dalla parte della cotica
Pancetta coppata Consiste nell'avvolgere la pancetta attorno al filetto del maiale, ossia attorno alla coppa. Per quel che mi risulta, sul Gargano un tal tipo di prodotto non esiste
Curiosità
Qualità del prodotto e colesterolo Un maiale allo stato bradoPancetta = grasso = colesterolo. L'equazione è sempre valida? Da ricerche effettuate dal Ministero per l'Ambiente è risultata una cosa interessantissima. I prodotti ricavati da animali allevati secondo le tecniche tradizionali (non con i sistemi intensivi) e lavorati secondo le tecniche artigianali (con tempi di stagionatura lunghi) hanno una composizione degli acidi grassi particolare. In essi prevalgono gli acidi grassi insaturi e la quota di quelli saturi, responsabili del colesterolo, è bassa. Con la lunga stagionatura, cioè, i grassi saturi si trasformano in grassi insaturi avvenendo così una specie di piccolo miracolo che ben conoscevano i nostri nonni anche se non ne erano consapevoli. Ecco che allora si ha che, al di là del sapore, con il mutare della tecnica di allevamento e di lavorazione, cambia la qualità intrinseca del prodotto finale. Colore della pancetta Se si compra una pancetta prodotta industrialmente, si nota subito che essa ha un colore rosso vivo. Se invece si ha per le mani una pancetta prodotta artigianalmente, si vede che il suo colore, almeno per quel che riguarda la carne, è rosso scuro, forse meno accetto alla vista. Come mai? La prima, per mantenere il suo bel colore, è trattata con nitrati, la seconda no.
Ingredienti a confronto
Dalla lettura di una etichetta di pancetta prodotta industrialmente si ricavano le seguenti indicazioni: suino, sale, zucchero, destrosio, aromi naturali. Antiossidante E 301, Conservanti E 252 - E 250
Gli ingredienti di una pancetta artigianale sono i seguenti: suino e sale; a piacimento: pepe, peperoncino, semi di finocchio
Il giusto prezzo dell'olio extravergine di olivaQuesta è una bella domanda, ancor più se pensiamo alle offerte che tutti i giorni troviamo a scaffale nei supermercati; dove gli oli in assortimento variano da ca. € 2.85 sino a € 12.90/15.50 e talvolta anche oltre. In questa forbice troviamo oli di tutti i prezzi: € 3.35 € 3.60 € 4.00 € 4.40 € 5.90 € 7.20 € 7.75 ecc.: come fare allora ad orientarsi? Sicuramente come accade per qualsiasi altro prodotto, anche nell'olio esiste un rapporto prezzo/qualità, poi le variabili che contribuiscono a determinare un prezzo sono molte; noi proveremo a spiegare perché e come i prodotti di una certa Marca hanno prezzi diversi. Prima di entrare nello specifico del mondo di un qualsiasi grande produttore diamo alcune indicazioni di carattere generale, che allo stesso tempo costituiscono i caposaldi per comprendere cosa è la qualità nell'olio extravergine d'oliva e la relativa determinazione del valore:
Tanto più è basso il suo valore tanto più sale la quotazione dell'olio, comunque non è una regola rigida e non è automatico che un olio di bassa acidità abbia un buon gusto/sapore. La legge in vigore indica nello 0,8% il limite massimo dell'acidità, affinché un olio possa fregiarsi del titolo di Extra Vergine di Oliva.
Mediamente da 1 q.le di olive mature si riesce a produrre (resa) ca. 20 kg di olio, quindi il 20%; se le olive vengono raccolte in anticipo di maturazione (le olive in anticipo di maturazione forniscono oli che solitamente vengono chiamati 'Fruttati' e soprattutto contengono valori più alti di antiossidanti naturali come i polifenoli e la vitamina E) la loro resa in olio è minore per cui la compensazione per la minor quantità di olio ottenuto si ha con l'aumento del prezzo.
L'esame organolettico, cioè l'assaggio, è il vero giudice della qualità di un olio, infatti spesso accade che oli perfetti nei dati analitici presentino all'esame organolettico dei difetti notevoli, tanto da venire declassati con conseguenti quotazioni a ribasso.
Questa variabile è vera in particolare per oli speciali come i D.O.P. (Denominazione di Origine Protetta) e gli oli provenienti da Agricoltura Biologica. Gli oli DOP, salvo qualche rarissima eccezione, provengono da aree ridottissime con conseguenti piccole produzioni (vedi la Dop Garda o la Dop Umbria), così come non sono ancora molto diffusi gli uliveti a conduzione biologica; e quindi per la legge della domanda e dell'offerta e per la loro elevata qualità, la materia prima è molto più costosa di altri oli.
Altro elemento fondamentale nella determinazione del prezzo è il tipo di raccolta, specie la raccolta manuale 'a pettine' che si rende necessaria quando gli ulivi sono locati in zone impervie come in quasi tutta l'Umbria (es. coste di collina), con conseguenti alti costi di mano d'opera.
Come accade per qualsiasi prodotto agricolo, anche la qualità dell'olio è fortemente influenzata dall'andamento delle condizioni climatiche negli 11 mesi che intercorrono tra un raccolto e l'altro. In particolare l'ulivo risente della siccità come delle forti umidità, delle gelate se si verificano in primavera quando la pianta è in movimento vegetativo, delle grandinate di tarda estate quando i frutti sono già in fase avanzata. Tutti questi elementi possono determinare sia raccolti scarsi che una minore qualità. L'ulivo? una pianta secolare, questo significa che vive in forte simbiosi con l'ambiente dove è posta, acquisendo un 'codice genetico' specifico alle caratteristiche di quell'area; ciò fa si che anche a fronte di impercettibili (per l'uomo) variazioni del microclima, varierà il valore della qualità dell'olio che si otterrà. Sintetizzando si può affermare che l'olio ottenuto dallo stesso ulivo presenta delle differenti sfumature di qualità da un raccolto all'altro, e questo è un fattore che differenzia notevolmente l'abilità dell'uomo nel cercare di offrire un prodotto con un gusto il più possibile costante nel tempo.
L'olio di oliva. Commercializzazione, Legislazione, Truffe, Furbizie e Affari
L'olio di oliva da un punto di vista commerciale Parco Nazionale del Gargano Olivo. Tronco contorto e molto vecchioL'olio che si ottiene dalla spremitura delle olive, da un punto di vista commerciale e secondo la normativa europea, ha diritto ad essere denominato con il termine 'vergine' e attualmente viene così classificato.
Olio d'oliva extravergine Olio vergine con acidità (espressa in acido oleico libero) non superiore a 1 gr/100 gr e con le altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria.
Olio d'oliva vergine Olio vergine con acidità (espressa in acido oleico libero) non superiore a 2 gr/100 gr e con le altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria.
In commercio, al vasto pubblico e cioè al minuto, arrivano anche altri due tipi di olio:
'Olio di oliva', cioè senza il termine vergine, il quale è olio lampante rettificato chimicamente e con l'aggiunta di un 10-15 % di olio extra vergine di oliva.
Olio di sansa di oliva. Olio di sansa di oliva raffinato tagliato con oli di oliva vergini, diversi dall'olio lampante, con acidità (espressa in acido oleico libero) non superiore a 1,5 gr/100 gr.
In commercio, inoltre, ma per fini di industria, si trovano i seguenti tipi di olio:
Olio d'oliva vergine corrente. Olio vergine con acidità (espressa in acido oleico libero) non superiore a 3,3 gr/100 gr e con le altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria.
Olio d'oliva vergine lampante. Olio vergine con acidità (espressa in acido oleico libero) superiore a 3,3 gr/100 gr e con le altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria.
Olio d'oliva raffinato. Olio vergine ottenuto per raffinazione di oli di oliva vergini e con acidità (espressa in acido oleico libero) superiore a 0,5 gr/100 gr.
Olio di sansa di oliva greggio. Olio ottenuto dalle sanse di oliva mediante solventi.
Olio di sansa di oliva raffinato. Olio ottenuto dalla raffinazione dell'olio di sansa di oliva greggio con acidità (espressa in acido oleico libero) non superiore a 0,5 gr/100 gr.
Perché una legge così complicata sull'olio prodotto dalle olive Tramonto su vecchio frantoio abbandonato ed ormai in rovinaLa prima motivazione è che non tutti gli oli sono uguali: ci sono oli buoni, altro meno buoni, altri cattivi, altri pessimi. La legge, con tutte le distinzioni sopra ricordate, tende a fotografare questa situazione e quindi a riconoscere le differenze tra gli oli. La qualità di un olio di oliva è qualcosa di molto complesso in quanto dipende da molteplici fattori tra i quali i più importanti sono in relazione al metodo di raccolta delle olive, al tempo che intercorre tra la raccolta e la molitura, al momento della raccolta. La seconda motivazione dovrebbe essere quella di valorizzare la qualità. In realtà, come si vedrà nel capitolo frodi, riguardo a questo la legge è ambigua e più che altro tende a difendere gli interessi della grossa industria. Perché si produce olio di oliva di cattiva qualità Volutamente in questo capitolo si tralascia l'olio di oliva proveniente dall'estero che in genere non è di elevata qualità. Riferendoci all'olio prodotto in Italia, bisogna dire che i motivi sono due: 1- culturali ed 2 - economici. Motivi culturali In molte zone d'Italia la raccolta per caduta rappresenta la tradizione: così si è sempre fatto e così si continuerà a fare. Per molte zone d'Italia l'utilizzo di un olio molto acido è la norma e nessuno se ne scandalizza. Motivi economici Parco Nazionale del Gargano Olivo. S. Marco in Lamis, località Lammioni. Ricovero per gli animali tra gli olivastri innestatiIl guaio è che anche in zone dove la raccolta per caduta non esisteva, essa comincia a prendere piede: qui la produzione di un olio di oliva di cattiva qualità è un fatto puramente economico. Il fenomeno comincia a diffondersi anche in qualche zona del Gargano. Il tutto è legato alla commercializzazione dell'olio: un olio di oliva di qualità elevata viene pagato, all'ingrosso, attorno alle vecchie £ 5.000/kg. Un olio lampante viene pagato appena il 10% in meno, cioè a £ 4.500/kg. La differenza, cioè le 500 lire, con copre assolutamente i costi per ottenere un olio di qualità. Alcuni contadini cominciano allora a programmare una doppia produzione: quella per la famiglia e i compratori al minuto disponibili a pagare l'olio a non meno di £ 8.000/litro per quantitativi non inferiori ai 30 litri e una produzione per l'industria. La prima produzione prevede la raccolta per brucatura, la seconda la raccolta per caduta. C'è da aggiungere che, nella raccolta per caduta, al risparmio per l'operazione di raccolta, si aggiunge anche quello derivante dalla mancata esecuzione di una potatura adeguata. Le leggi più importanti che riguardano il riconoscimento della qualità dell'olio di oliva Parco Nazionale del Gargano Olivo. S. Marco in Lamis, località Calderoso. Non si capisce se sono più aspre le rocce o i tronchi degli olivi1) Legge 5-2-92 N. 169. Disciplina per il riconoscimento della denominazione di origine controllata degli oli di oliva vergini ed extravergini. Consta di 34 articoli. Qui si riportano solo i primi quattro
Art. 1 Le denominazioni e le definizioni degli oli di oliva sono quelle stabilite dal regolamento CEE n. 136/66, come modificato dal regolamento CEE n. 1915/87 e dal regolamento CEE n. 2568/91.
Art. 2 Possono avere il riconoscimento della DOC gli oli vergini ed extravergini che possiedono le caratteristiche fisico-chimiche ed organolettiche previste dai regolamenti CEE 1915/87 e 2568/91.
Art. 3 Per DOC si intende il nome geografico che individua una zona caratterizzata da specifici fattori naturali o umani, usato per designare gli oli vergini ed extravergini che ne sono originari e le cui caratteristiche sono dovute essenzialmente agli oliveti da cui è ricavata la materia prima, ai predetti fattori naturali e umani e alla tecnica di lavorazione.
Art. 4 1. ....2. Il riconoscimento della DOC, la delimitazione della zona di produzione e trasformazione e l'approvazione del disciplinare di produzione sono effettuati contemporaneamente con Decreto del Ministero dell'agricoltura e foreste.
2) Decreto ministeriale 4-11-93 N. 573. Regolamento recante norme di attuazione della legge 5.02.92, N. 169, per la disciplina del riconoscimento delle denominazioni di origine, dell'albo degli oliveti, della denuncia di produzione delle olive e dell'attività delle commissioni di degustazione degli oli a denominazione di origine controllata. Parco Nazionale del Gargano Olivo. Nevica anche sugli oliviLa legge si compone di 34 articoli; sono acclusi i modelli per le varie dichiarazioni e l'elenco delle varietà di olive ufficialmente iscritte nello schedario oleicolo italiano. 3) Decreto del Presidente della Repubblica 20.03.93 N. 164. Regolamento sull'organizzazione e sul funzionamento del Comitato nazionale per la tutela delle denominazioni di origine degli oli. Il decreto si compone di 12 articoli. Il comitato nazionale ha riconosciuto 24 denominazioni di origine: 'Garda', 'Brisighella', 'Sabina', 'Canino', 'Riviera Ligure', 'Terra di Bari', 'Dauno', 'Terra d'Otranto', 'Laconia', 'Collina di Brindisi', 'Bruzio', 'Umbria', 'Aprutino Pescarese', 'Colline Teatine', 'Monti Iblei', 'Monte Etna', 'Val di Mazara', 'Valli Trapanesi', 'Laghi Lombardi', 'Veneto', 'Colline Salernitane', 'Penisola Sorrentina', 'Cilento'. Dalla normativa europea sinora è stata accordata la protezione solo a 5 delle 24 denominazioni di origine: 'Aprutino Pescarese', 'Sabina', 'Canino', 'Collina di Brindisi', 'Brisighella'. 4) Decreto 23.06.92. Istituzione dell'albo nazionale degli assaggiatori degli oli di oliva vergini ed extravergini a denominazione di origine controllata. Il decreto si compone di 7 articoli. 5) Decreto 14.05.96. Modificazione al decreto ministeriale 23 giugno 1992. Il decreto si compone di 2 articoli. L'albo passa dallo Stato alle Regioni. Parco Nazionale del Gargano Mattinata. Il terreno franerà pure, ma questo olivo di franare non ne ha alcuna voglia6) Regolamento CEE N. 2081/92. Protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d'origine dei prodotti agricoli e alimentari. Il Regolamento si compone di 18 articoli.
Definizioni
Denominazioni d'origine Nome di una regione, di un luogo determinato o, in casi eccezionali, di un paese che serve a designare un prodotto agricolo alimentareoriginario di tale regione, di tale luogo determinato o di tale paese ela cui qualità o le cui caratteristiche siano dovute essenzialmente o esclusivamente all'ambiente geografico comprensivo dei fattori naturali ed umani e la cui produzione, trasformazione ed elaborazione avvengano nell'area geografica delimitat Indicazione geografica Nome di una regione, di un luogo determinato o, in casi eccezionali, di un paese che serve a designare un prodotto agricolo alimentareoriginario di tale regione, di tale luogo determinato o di tale paese edi cui una determinata qualità, la reputazione o un'altra caratteristica possa essere attribuita all'origine geografica e la cui produzione e/o trasformazione e/o elaborazione avvengano nell'area geografica determinata. 7) Regolamento CEE N. 2037/93. Stabilisce le modalità di applicazione del regolamento CEE2081/92. Il Regolamento si compone di 7 articoli. Truffe, furbizie ed affari con l'olio di oliva Olivo. Agrigento, Valle dei templi. Olivo: monumento della natura tra i monumenti dell’uomoLa truffa legalizzata. L'olio in commercio sotto la denominazione di 'olio di oliva' deriva da una miscela olio di oliva rettificato e di olio extravergine (10-15 %). L'olio di oliva rettificato è olio lampante, che, per odore nauseabondo e caratteristiche chimiche, non è commestibile e un tempo veniva destinato a tutt'altro uso rispetto a quello alimentare (illuminazione, produzione di sapone, ecc.). L'olio lampante diventa commestibile dopo trattamento chimico con alcali e manipolazioni fisiche. È quindi il risultato del laboratorio chimico. La legislazione, per proteggere gli interessi dell'industria olearia, permette una terminologia ambigua. Il consumatore che legge sull'etichetta 'olio di oliva' immagina che si tratta di olio derivante dalla spremitura delle olive e non dal laboratorio chimico. Soltanto il consumatore più informato sa che l'olio buono, quello che effettivamente dovrebbe chiamarsi 'olio di oliva', commercialmente va sotto il nome di 'olio extravergine di oliva'. Si sa, l'Italia è paese di poeti e inventori (ma nemmeno l'Europa scherza!) e il legislatore non è da meno per cui ha assegnato la denominazione naturale di un prodotto ('olio di oliva') al risultato dell'industria chimica e al prodotto naturale un nome d'arte: 'olio extravergine di oliva' Guarda caso, in Italia l'olio più venduto è proprio l'olio con un 1,5 % di acidità, che potrebbe corrispondere per la legge ad un olio d'oliva vergine, ma molto più facilmente all'"olio di oliva". Per rendere più evidente l'idea di come potrebbe essere una legislazione più chiara, si propone una specie di scherzo. L'olio buono, quello che commercialmente viene venduto come 'olio extravergine di oliva' dovrebbe essere venduto sotto la denominazione di olio di oliva di 1° qualità. L'"olio vergine di oliva" dovrebbe essere venduto come olio di oliva di seconda qualità; l'"olio di oliva" dovrebbe essere venduto come olio rettificato così come è nella realtà. Questo, però, più che uno scherzo, è un sogno. Aggiunta di olio diverso da quello di oliva La truffa più semplice e forse la più comune consiste nell'aggiungere all'olio di oliva olio di semi. La legge, per prevenire questa sofisticazione, obbliga i produttori di olio di semi ad aggiungere nell'olio prodotto piccoli quantitativi di olio di sesamo facilmente evidenziabile alle analisi. L'aggiunta dell'olio di sesamo, in termini tecnici, viene definita 'denaturazione'. La denaturazione, in campo alimentare, viene applicata spesso: un altro esempio è l'alcool denaturato che viene utilizzato per disinfettare. Per evitare che tale alcool venga utilizzato per fini alimentari, si aggiunge ad esso acido ftalico che conferisce il caratteristico odore e colore rosa. Parco Nazionale del Gargano Olivo. Olive prossime alla raccoltaSe quindi uno sprovveduto volesse miscelare un olio di semi con quello di oliva sarebbe facilmente beccato, a meno che ... A meno che non venda piccoli quantitativi a privati che non faranno mai analizzare l'olio che comprano; il truffatore può essere un contadino, il proprietario di un frantoio, ecc. A meno che, inoltre, il truffatore non riesca ad ottenere partite di olio di semi non denaturato. In quest'ultimo caso può sempre essere beccato, ma le analisi sono più complicate. Infatti, si sa che, benché le varietà di olivo siano circa 700, la composizione dell'olio di oliva è costante. Caratteristiche Un olio di semi differisce dagli altri oli di semi e da quello di oliva per la composizione degli acidi grassi. Basta pertanto fare delle analisi accurate per stabilire di che olio si tratta. Se si trattasse solo di questo, però, i sofisticatori sarebbero a posto. Infatti, un'altra sofisticazione consiste proprio nella Fabbricazione di olio di oliva a partire da glicerolo e acidi grassi: L'origine degli acidi grassi in questo caso è varia. Potendo scegliere, i sofisticatori riescono ad imitare alla perfezione la composizione dell'olio di oliva. Naturalmente, anche questa truffa può essere scoperta.
Olio venduto come prodotto in certi luoghi, in realtà proveniente da altri Le grandi industrie importano olio di oliva dall'estero, per esempio dall'Algeria, dove l'olio costa di meno perchè di meno costa la manodopera. Leggendo le indicazioni sulla bottiglia delle marche di olio più comuni, non ci risulta che da qualche parte qualcuno citi la Tunisia.
Parco Nazionale del Gargano - Olivo. Tronchi di olivo trattati con calce quando si fanno potature drastiche. Il colore bianco ha lo scopo di riflettere il troppo calore che danneggerebbe la pianta non più adeguatamente protetta dal folto fogliameMa le grosse industrie importano anche olio dal Meridione d'Italia e lo vendono come ottenuto ad esempio sulle colline liguri e toscane.È questa una truffa? Per carità! La legge glielo consente e noi non diremo mai che coloro che attuano queste pratiche siano dei truffatori. Colorazione dell'olio Un olio dal colore verde si vende meglio di un olio dal colore giallo. I produttori che ci tengono a questo particolare, mettono in atto un innocuo espediente che non è certamente una truffa: aggiungono alle olive da molire una certa quantità di foglie affinché i coloranti in esse contenute, la clorofilla (una sostanza naturale che conferisce il colore verde alle piante), passino nell'olio in maniera da farlo diventare più verde. La truffa si ha quando si miscela olio di semi, dal colore bianco-giallino, all'olio di oliva. In questo caso, per ravvivare il colore e farlo diventare verde, basta aggiungere qualche goccia di clorofilla e il giochetto è fatto.
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