Che poi i nostri aborigeni fosser pastori, ciò si può dedurre da quel che innanzi è stato detto; e molto più se consideriamo che l'agro Badiale era una folta interminabile boscaglia fornito di buoni erbaggi, né le terre di quest'agro furon ridotte a coltura, se non in tempi remotissimi e molto vicini a noi. Dacché possiamo davvantaggio supporre che per provvigioni di vettovaglie, poche famiglie indigene scendessero in Puglia da coloni.
Nota
(1) P. Giannone lib. 7. cap. 1. Abate Troyli Tom: III. fol: 303.
Si ha per costante tradizione, come pur dalla Storia, che distrutta la città di Arpi nella Daunia per opera dei Saraceni, chiamati dall'Africa da Romano Imperatore di Costantinopoli, a sedare i Calabresi e i Pugliesi in rivolta, e dai quali venner distrutte dall'anno 846 al 915 le primarie città del nostro regno (Nota 2); gli abitanti di quell'antichissima città campati al furore dei barbari cotanto nemici del cristianesmo rifuggiarono nei boschi del Gargano, ed ingrandirono il nostro S. Marcuccio. La nobilissima città di Arpi fu fondata da Diomede Re degli Etoli, che dopo la distruzione di Troja verso gli anni del mondo 2740, prima della edificazione di Roma 432, ed innanzi la nascita di Gesù Cristo 1184; avendo ripudiata Egiola sua consorte, abbandonò la Grecia; e divenuto genero del Re Dauno, per i costui favori e mezzi fondò molte città, tra le quali la nostra Argirippa od Arpi, Canosa, Lucera e Seponti (Nota 2).
Non prima però delle concessioni, che nel secolo XI gli Imperatori di Costantinopoli fecero alla Badia di S. Giovanni in Lamis, si ha l'epoca certa della esistenza nel feudo badiale dei due piccioli paesi S. Marco in Lamis, e S. Giovanni Rotondo, i quali erano gli uomini del feudo di cui fa menzione Alesio Xifea nel suo Diploma del 1006, e nel Diploma del conte Enrico del 1095; ove si legge Homines vero tam dicti Monasterii; quam Sancti Iohannis, quam Sancti Marci in Lamis vaxalli dicti Monasterii, qui infradictum territorium habitant seu habituri erunt vadant libere per totum territorium Demanii nostri viciniorum nostri Monasterii.
Nei registri della regia dogana di Foggia S. Marcuccio veniva tassato per D. 40. Salv: Grana discus: 7. della Regia dogana, fol. 159.
Dopo che l'imperatore Federico Secondo fece rimanere nel Demanio Regio S. Giovanni Rotondo, sottraendolo alla giurisdizione della Badia; e data questa in commenda dalla Santa Sede, allorché emigrarono i Cistercensi, i commendatarii portavano pure il titolo di Abati di S. Marco, e i Sammarchesi uomini del Feudo.
Note
(1) Pietro Gian: lib. 6. cap. 6. pag. 2. 16. Troyli lib. 3. fol. 371.
(2) Summonte lib. 2. Strabone lib. IV. Vedi Teofilo nella sua Cronaca.
Ipotesi sulla fondazione
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