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Le Acli delle origini a San Marco Veduta di San Marco in Lamis.Sulle origini del circolo Acli a San Marco in Lamis non esiste una precisa documentazione scritta. Molte notizie si potrebbero ricavare dai documenti della locale sezione della DC ora UDC, ma di questi registri, pur conoscendone personalmente l’esistenza, non è stato possibile, almeno per il momento, l’accesso alla lettura, in quanto scomparsi buona parte con i dirigenti del partito che gelosamente li hanno conservati nelle loro abitazioni. Infatti, le Acli a San Marco sono nate, quasi contemporaneamente se non addirittura prima della DC e precisamente nella primavera del 1945, quando in paese si è cominciato a parlare delle Acli e di Camera del Lavoro concorrenti ad occupare strutture del crollato regime fascista. Poi, verso la fine del 1945 e gli inizi del 1946 si sente parlare di Acli e DC e della loro complementarietà organizzativa sul territorio. Prima di queste date non esiste alcun documento scritto o tantomeno orale né sulla DC né sulle Acli e devo fare appello ai ricordi della mia infanzia vissuta in famiglia e nelle scuole elementari dal 1943 al 1948. I miei ricordi infantili portano a constatare che, con la caduta del fascismo, il 25 luglio 1943, in paese non c’è stata alcuna reazione in bene o in male, semmai preoccupazione e perplessità per quello che sarebbe potuto accadere dopo. Una veduta dell'interno della chiesa del Purgatorio, chiusa al pubblico.L’ambiente familiare in cui ho vissuto la mia infanzia è stato permeato di cattolicesimo liberale. Mio padre, invalido della Grande Guerra, impiegato comunale, è stato molto legato al mondo clericale e ha passato il suo tempo libero nella chiesa del Purgatorio, molto frequentata allora per il culto di Sant’Antonio di Padova ed oggi, purtroppo, chiusa da decenni, col rischio di irreversibile degrado. È vivo in me il ricordo di una lezione di democrazia in tempi in cui la parola stessa era considerata una bestemmia. Nel coro della chiesa, tutto in legno intarsiato, c’erano figure di anime purganti emergenti dalle fiamme con le braccia elevate e anelanti alla liberazione dai tormenti del fuoco, che si intervallavano agli scanni, dove in semicerchio erano seduti con camice bianco e mantello rosso bordato, da candido ermellino, tutti i fratelli professi della congrega per eleggere il priore. Un confratello girava con un cestino in vimini appeso alla punta di una lunga canna, per raccogliere i voti anche sugli scanni più in alto ed in esso vi depositavano con il pugno chiuso una fava secca in caso di voto favorevole al candidato indicato o un fagiolo secco in caso di voto contrario. Uno dei due organi presenti nel Convento di S. Matteo a S. Marco in Lamis.Nel contempo i confratelli si esibivano a squarciagola, per mostrare le proprie qualità canore, in un incomprensibile e disarmonico canto in latino “maccheronico” per invocare l’aiuto dello Spirito Santo, che a stento un piccolo e sgangherato armonium, suonato dal prete rettore della chiesa, don Domenico, riusciva a coordinare. Finito il canto, finite le operazioni di voto, il confratello raccoglitore, gridava il nome del candidato, tirava dal cestello adibito ad urna fave e fagioli e, se raggiungeva la maggioranza delle fave veniva eletto priore, tra applausi e canto di gloria e osanna ancora più disarmonico e sguaiato. Se non si raggiungeva la maggioranza delle fave, legume prediletto per Santa Lucia, si procedeva a nuova votazione, nuovo scrutinio per un nuovo candidato. Avevo assistito all’elezione di mio padre, a priore della congrega del Purgatorio, in quella cornice surreale agli occhi di un bambino, e il ricordo rimarrà impresso per sempre nella mia memoria come la mia prima lezione di democrazia proprio in un ambiente cattolico. Mio padre alternava il suo tempo libero tra la chiesa e la sezione invalidi, dove si adoperava, gratuitamente, in pratiche assistenziali, che continuerà poi anche nel circolo Acli. In quel tempo in cui l’analfabetismo trionfava, mio padre era tenuto in grande considerazione e rispetto da tutti, anche dai comunisti, che gli affidavano fiduciosi le loro pratiche, pur consapevoli delle sue note e spiccate simpatie per i popolari di Sturzo. Pasquale ed Angelo Soccio.Mia madre, accanita lettrice di libri e di Famiglia Cristiana, della quale ci leggeva o ci faceva leggere alcune pagine davanti al braciere di carboni ardenti, nelle fredde serate invernali, aspettando con le mie sorelle che mio padre tornasse a casa, accettava e conciliava benevolmente la cultura liberale ricca di tensioni etiche e civili con il suo cattolicesimo. Tensioni che toccava con mano nella vita dei suoi fratelli Angelo e Pasquale Soccio, ai quali è intestata oggi una importante Fondazione culturale che dà lustro e prestigio a tutta la provincia di Foggia. Il fratello Angelo, in particolare, si è distinto come assessore al Comune, presidente dell’Ospedale e dell’Opera Pia Gravina da lui fortemente voluti e costruiti proprio durante il suo mandato, mentre il fratello Pasquale, Preside del Liceo Classico di Lucera, è stato studioso e scrittore di numerose opere. Attuale ingresso delle Acli a San Marco in Lamis.Il fascismo dunque era vissuto con indifferenza, non solo dalla mia famiglia ma anche dalla maggior parte dei sammarchesi del ceto medio anticomunista che lo accettavano passivamente ed in un certo senso lo giustificavano al punto che in molti di essi serpeggiava il detto che il fascismo è stato rovinato dai fascisti prepotenti, teppisti ed amici dei nazisti assassini. Era questo il clima che si viveva in paese al momento della mobilitazione delle masse, sia da parte del mondo cattolico, sia da parte dei vecchi socialisti, riapparsi dopo la liberazione e tornati in paese, insieme a nuovi e insospettati antifascisti, i cosiddetti pentiti dell’ultima ora, con le medaglie della Resistenza, circondati dall’alone eroico di reduci della persecuzione e desiderosi di rivincita politica ed economica. È nato in quei mesi una sorta di bipolarismo che si accentuava sempre di più dopo l’elezione dell’Assemblea Costituente ed il Referendum monarchia-repubblica. Un lavoratore nelle costruzioni.Da una parte la Chiesa cattolica accoglieva sotto il suo manto pietoso, in un ferreo patto d’alleanza, come male minore, liberali e monarchici, suoi antichi nemici risorgimentali, alleanza necessitata come argine al comunismo marxista ateo, nella quale accorreva anche la piccola e media borghesia terriera ed imprenditoriale, impaurita dal pericolo rosso. Dall’altra parte la sinistra unita dal mito dell’uguaglianza e della libertà che credeva in un mitico paradiso terrestre, incarnato nella “Santa Russia” dove le promesse di rivendicazioni sociali si sono realizzate con l’avvento del socialismo. Una propaganda capillare di stampa, di filmati proiettati nelle piazze mostravano masse rurali ed operai delle fabbriche nei Paesi socialisti, felici ed osannanti verso il Comunismo. Case del popolo da una parte, Comitati Civici dall’altra, organizzavano manifestazioni di piazza accese, a volte con episodi violenti e luttuosi, fortunatamente limitati. Ed in questo clima rovente, nella DC, nel Comitato civico, nella Chiesa, scopriamo le Acli con la loro specifica presenza per adempiere sul territorio le direttive nazionali emanate da Achille Grandi, Giovanni Gronchi e Giulio Pastore, tramite la diocesi di Foggia e padre Gerardo Di Lorenzo, frate francescano nei conventi di San Matteo e Stignano.
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