Aspettando il ’48
Dal 2 giugno 1946 al 18 aprile 1948 la storia paesana è ricca di fermenti politici e di attivismo organizzativo, puntellati da alcuni episodi, che, pur rasentando la farsa e il grottesco, dipingono, meglio di qualsiasi cronaca, il quadro politico e sociale del tempo. Oggi, a distanza di oltre sessant’anni, questi episodi muovono al sorriso e fanno meditare su quanto la gente allora credesse nei propri ideali, su quanto fosse aperta e sincera nel sostenere il proprio credo politico con una fede quasi religiosa nel partito di appartenenza e nei suoi dirigenti ai quali credeva senza chiedere o aspettarsi favori di sorta. Naturalmente i furbetti c’erano comunque, anche se erano pochi e non apparivano, e chiedevano la tessera a più partiti antagonisti tra di loro, per poter poi salire sul carro del vincitore dopo l’esito del voto del ’48.
Capitò che un cittadino conosciuto, stimato e onesto, al di sopra di ogni sospetto, smarrisse nella fiera di San Matteo, nel settembre del ’47, il portafogli, che naturalmente qualcuno trovò, lo spogliò del poco danaro contenuto e lo consegnò alla buca delle poste. Aperto per individuarne il proprietario, con somma sorpresa, si scoprì che questo cittadino era ricco di ideali politici antagonisti e contrastanti. C’era la tessera del PCI, della DC, dell’Uomo Qualunque e del Partito d’Azione. Erano quelle tessere il passaporto per attraversare i confini del ’48 verso il Governo vincente. Naturalmente lo scandalo si divulgò velocemente e aprì un dibattito popolare su quanti fascisti c’erano in paese e avevano traghettato sulla sponda comunista o democristiana, anche a livello dirigenziale, dopo il ’43, per continuare a stare “nel mazzo delle carte del potere”. La conclusione fu che questi ultimi si erano comunque esposti alla critica e al rischio, mentre l’uomo delle tessere si nascondeva invece dietro tutte le bandiere, pronto a essere uomo onesto per tutte le stagioni politiche e per sopravvivere in oscura tranquillità.
Eletti i deputati alla Costituente e superato il trauma del referendum istituzionale, con l’esilio del re Umberto di Savoia e l’elezione, a presidente provvisorio della Repubblica, del noto giurista napoletano Enrico De Nicola, i partiti e le organizzazioni iniziano un insolito attivismo organizzativo già dall’autunno del 1946 fino alla primavera del 1947. Ci si organizza da una parte e dall’altra, per la grande battaglia elettorale, con le regole e i principi che l’Assemblea Costituente prepara per la nuova Costituzione Repubblicana, nella convinzione che si doveva essere pronti, per questo scontro, nel più breve tempo possibile. È per questo che la sede del circolo Acli è una fucina di iniziative ed un laboratorio di idee.
Come abbiamo già scritto precedentemente ricordiamo come il primo presidente era stato designato direttamente da padre Gerardo Di Lorenzo, frate francescano nei conventi di San Matteo e di Stignano. Ma già agli inizi del ’47, il circolo dimostra una forte dialettica interna e riesce a scrollarsi da ogni tutela esterna eleggendo democraticamente il proprio presidente nella persona dell’insegnante Pietro Vocale, contemporaneamente designato rappresentante della corrente cattolica nel sindacato unitario. Va ricordato che con la rottura del sindacato e la nascita della CISL, l’insegnante Vocale ne sarà automaticamente nominato segretario, contemporaneamente alla sua dimissione dalle Acli. Sempre nel ’47, dopo un breve periodo alla presidenza Acli di Napoleone Cera che, poco dopo, nella primavera opta per la segreteria DC, viene eletto presidente il dottor Luigi Nardella, farmacista. Cera più tardi lascia anche la DC trasferendosi a Foggia e viene sostituito nel partito provvisoriamente da Nazario Di Giovanni e poi dall’insegnante Bonifacio Napolitano e da Peppino Lombardozzi, costretti tutti a lasciare l’incarico per motivi di lavoro nel breve arco di tempo, autunno ’46 inizio ’47. Poi segue per un breve periodo Matteo Parisi, per tutto il ’47 seguito dall’avvocato Antonio Schiena che regge il partito per consegnarlo a Vincenzo Celozzi, commerciante originario della vicina Torremaggiore, il quale, arrivato a San Marco, ha qui formato famiglia e piantato le radici da alcuni anni prima della guerra. Egli guiderà il partito coraggiosamente nel ’48 e per molti anni dopo con dedizione e impegno costante.
È evidente come, con una sezione DC in via di formazione e con dirigenti precari, la sede delle Acli fosse il punto di riferimento per ogni iniziativa organizzativa e politica. Il Farmacista Nardella, presidente del circolo Acli, ospita ed organizza numerose iniziative dopo aver chiesto come assistente don Matteo Nardella, giovane e colto sacerdote di grande rettitudine ed elevatura morale. In quell’anno le Acli svolgono corsi di dattilografia, incontrando giovani e adulti e colloquiando con essi. Seguono con attenzione la cooperativa La Fiorita fatta di muratori e carpentieri impegnati in lavori di ristrutturazione edile e stradale, procurando lavoro, in momenti difficili, a tanti giovani manovali e operai, riuscendo ad accaparrarsi appalti privati e pubblici, grazie all’intraprendenza di Leonardo Pontonio, Domenico Del Conte e Ciro Del Campo. Attivismo che diventa sempre più capillare per questi ed altri dirigenti che si spostano, a seconda delle esigenze politiche, dalle Acli al partito ed al {tip Da www.alleanzacattolica.org (continua...)::[...] L’idea di Gedda incontra resistenze all’interno dell’ACI, soprattutto da parte del presidente generale Vittorino Veronese (1910-1986), dell’assistente generale monsignor Giovanni Urbani (1900-1969) e della vicepresidente generale Armida Barelli, detta Ida, tutti convinti della necessità dell’unità politica dei cattolici attorno alla DC. Ma Papa Pio XII scioglie gl’indugi e chiede a Gedda di costituire l’organismo che prenderà il mome di CC. L’intenzione non è né di sostituire la DC, né di affiancare a essa un altro partito cattolico, ma anzitutto e soprattutto quella di portare al partito un incremento elettorale che da solo non avrebbe potuto procurarsi. I risultati daranno ragione a chi aveva voluto i CC, perché la DC guadagna quasi cinque milioni di voti rispetto alle elezioni politiche del 1946, passando da 8.101.004 a 12.741.299. Il 7 marzo 1975 l’arcivescovo di Genova, card. Giuseppe Siri (1906-1989), si rivolge agli attivisti del CC zonale con queste parole: “[…] chi è che ha salvato l’Italia nel 1948? Il Comitato Civico. Direte tutti i cattolici italiani e il partito che più di tutti gli altri li rappresentava! D’accordo. Ma tutti i cattolici italiani hanno avuto modo di essere orientati e il partito che più li rappresentava ha potuto essere vittorioso perché c’è stata dietro questa armatura, che si è dimostrata inattaccabile”.
I dirigenti come l’ingegnere De Filippis, Bonfitto, Limosani, Pontonio, La Porta, Di Giovanni, Napolitano, Del Conte, M. Contessa, Matteo Parisi, Michelina Lombardi, Lombardozzi e tanti giovanissimi insegnanti, quali Sebastiano Rendina, Giovanni Fusco, Giuliani, Gabriele Villani e tanti altri che non riesco a ricordare, sono gli attivisti e gli attori che insieme a tante donne si sono prodigati con abnegazione per il risultato elettorale del ’48.