Andiamo a deporre all'albergo (avrò occasione di parlare altrove di ciò che si intende per albergo al Gargano) gli indumenti non immediatamente necessari e ci si dirige subito al santuario. Passato un cavalcavia, addossata ad un muro in una piazzetta, vediamo una colonna reggente una statua dell'Arcangelo che vuolsi sia opera di Michelangelo. Si tratta unicamente di un pio desiderio!
Attraversato un vestibolo, si sbocca in un'ampia scala che discende verso una seconda porta gotica. Tale scala è tagliata nella rupe e sormontata da archi gotici, per essa si riesce ad un'antica corte coronata da una balconata. Addossate al muro e difese da cancelli, sono alcune tombe. Si entra nella chiesa dal lato orientale di detta corte.
La porta che vi immette è adorna di imposte di bronzo che il ricco cittadino di Amalfì Pantaleone, fece costruire a Costantinopoli nell'anno 1076. Tali imposte sono divise in ventiquattro compartimenti lavorati in niello. Lo stile è ingenuo e primitivo.
In ogni compartimento sono rappresentate apparizioni di angeli, cominciando dall'angelo che compare ai nostri progenitori, dopo il peccato, e li scaccia dal Paradiso Terrestre. Molte sono le iscrizioni che accompagnano le tavole; trascrivo la seguente che mi pare originale:
Rogo et Adjuro Rectores Sancti Angeli Michael, ut Semel in Anno Detergere Faciatis has Portas Sicuti Nos nunc ostendere Fecimus ut Sini Semper Lucide et clare.
(Prego ed imploro dai preti di San Michele, di pulire questa porta ogni anno 'nel modo come ho fatto io, perche resti sempre pulita e lucida.)
Il senso dello straordinario e del miracoloso che è nell'anima di questi popoli li ha condotti a credere che di tali imposte, una sia discesa dal cielo e l'altra sia venuta dal mare.
Il tempio fu edificato da Cario I d'Angiò; ha una sola navata in istile gotico. Dalla sinistra, ove è situato il coro giunge, benché tenue, la luce del giorno. A destra si apre l'oscura caverna ove l'Arcangelo impera.
Così, nei silenzi di Patmos, Giovanni Evangelista eternò la sua visione:
E si fece battaglia nel cielo; Michele e i suoi angeli combatterono col dragone; ll dragone parimente, e i suoi angeli combatterono.
Ma non vinsero, ed il luogo loro non fu più trovato nel cielo.
E il gran dragone, il serpente antico, ch'è chiamato Diavolo e Satana, il quale seduce tutto il mondo,fu gettato in terra; e furono con lui gettati ancora i suoi angeli.
La concezione orientale, sommamente pratica, di questi spiriti ultrapossenti che rotavano pei cieli dietro ai bagliori stellari, passavano nel sole come un alito di fiammma riempiendo di sé l'universo ed eran in tutte le luci dell'infinito, sorti dal palpito e dal moto delle costellazioni, trasmigrò al tempo in cui gli Ebrei erano schiavi a Babilonia, nella loro mitologia giudaica. Varia fu la fortuna che seguì gli Ams-chaspan nel viaggio ch'essi intrapresero verso l'anima occidentale; tre soli mantennero il loro dominio e furono: Michele, Raffaele e Gabriele.
Nella città degli ori, nel placido giglio lagunare vivono ancora, nella corte del palazzo dei Dogi, scolpiti su capitelli. Michele tien alta la spada di fiamma; Raffaele è armato di mazza e Gabriele protende un giglio fiorito.
Dei tre che emigrarono a noi, Michele assurse al più alto soglio - egli fu come il sole, il duce del Signore Iddio - innanzi alla sua spada le tenebre scomparvero nell'abisso. Questo vide e fermò, nei silenzi di Patmos, Giovanni l'Evangelista.
Nel IV secolo, il Concilio di Nicea dichiarò canonico il culto degli Angeli.
Così cominciarono, nel nostro mondo, le apparizioni dell'Arcangelo. Egli scacciò gli antichi idoli, sostituì Mitra, Mercurio, Ercole, si impose all'idolatria delle turbe e l'idolatria stessa non lo trasfigurò fino a renderlo un ridicolo fantoccio.
Disceso dalla profondità dei cieli dove più il pensiero si perde, dall'eterno abisso nel quale ogni mondo è una favilla, nel quale la più ardita concezione umana trema come una nidiata sotto il vento boreale, egli, il possente, la forza feconda e regolatrice egli, il nato dal divino bacio del sogno e della paura, nel mistero della buia caverna, attende. Attende che l'umanità stanca, macerata, esausta da un dolore senza speranza ritorni all'idealità che le dette vita; attende quell'ora probabile per disciogliersi dai vili legami in cui i piccoli rigattieri del tempio l'hanno costretto e librare il suo volo verso i gurgiti dell'infinito.
Tempo ritornerà di maraviglia; gli antichi simboli delle forze astrali avranno un impero novello.