Vista dall'alto, questa immensa foresta copre valli e monti nel suo spesso manto nero e si spinge fino al mare. Da Vieste, dove sono le segherie, si parte un tronco di ferrovia a scartamento ridotto che si spinge nell'interno della foresta per 17 chilometri.
Il sentiero non è mai pianeggiante; s'inerpica, discende, si avvolge; scompare nel buio per apparire più lontano tutto punteggiato di dischetti d'oro per il sole che vince; s'inselva e a volte si perde fra i rovi che ne cancellano la traccia. Da mezz'ora, forse, si procede verso l'alto; non chiedo alla mia guida ove mi conduca.
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Attraversiamo qualche radura ove, stesi al suolo, sono alberi giganti: paiono abbattuti dalla furia di un fulmine. Più innanzi un mormorìo sommesso di voci ci avverte che ci avviciniamo ad un luogo abitato, qualche passo ancora e si sbuca in una grande radura, la maggiore fra quante ne abbia visto fino ad ora.
Attorno a vari piccoli crateri, dai quali escono tenuissime trame di fumo, stanno i carbonai, gli alberi giganti si accalcano intorno; solo, a levante, è un varco verso il quale la mia guida mi conduce. Il panorama che mi si svela ad un tratto è fra i più incantevoli.
Come mi rivolgo, vedo i carbonai intenti ad aprire le buche del carbone. Lavorano di lena senza parlare; uno solo si leva e mi chiede se sono un inviato dal Governo: alla mia risposta negativa resta sorpreso, e con ragione perché quassù non capitano se non inviati governativi; che potevo andarci a fare io per mio conto?
Riprendiamo la strada. Pulputulo mi narra storie di pastori e di lupi, di briganti e di soldati. I lupi sono molto frequenti nella Selva Umbra ed assaltano con facilità le greggi.
- In un giorno solo, un pastore amico mio, ne uccise tre - mi dice Pulputulo.
Poi soggiunge come commento: - E guadagnò sette pecore!
Verso sera siamo alla Selva Calinella; una deliziosa selva di pini marittimi che si distende lungo il mare, ne incorona le rade, le mille anfrattuosità, scende fin sugli scogli, inquadra, fra i suoi tronchi vetusti, superbe marine.
Vieste, la remota, la perduta dal mondo, è laggiù, oltre gli ultimi scogli. Fra poco piacendo al destino, ne vedremo l'ardito profilo. Mi torna in mente una canzone di dispetto udita altre volte ad Otranto:
Li Turchi se la puozzono pigliane
La puozzono portare a la Turchia
La puozzono fa Turca da Cristiana!
E fu il destino della misera terra