Giovedì, 29 Dicembre 2022 - 188.19 Kb - pdf - b8c0885ed1275b162e3cf8fe91c471da - Gaetano Salvemini, Pasquale Villari e l'opera sua.Gaetano Salvemini, Nuova Rivista Storica, Anno II, Fasc. II, Marzo-Aprile 1918[...] La vita gli è mancata nell'ora triste del disastro dell'Isonzo. Non è giunto a superar quel dolore. Non vedrà l'alba del nuovo giorno.Di chi è la colpa? dev'essersi domandato più volte, sotto il peso della grande angoscia, in attesa del supremo viaggio. Di chi è la colpa? E la risposta deve essere stata quella di cinquant'anni or sono: - Non riduciamo a questione di partito una questione, che riguarda la nostra esistenza e il nostro avvenire, in un momento in cui ci troviamo a esperimentare così dolorosamente la incapacità, gli errori e la mancanza d'uomini in tutti i partiti. Vi è in Italia un gran colpevole: e quest'uno, siamo tutti noi.Si trova in guerra quel che si era preparato in pace. Questo popolo, che un bel giorno abbiamo inviato in trincea, rivelandogli che per la Patria, per la libertà, per la civiltà, ha il dovere di sopportare, non per un giorno, non per un mese, ma per anni, un inaudito martirio; questo popolo si era mai sentito considerato, protetto, amato, nella patria nostra, come in una patria, che fosse anche la patria sua? Che cosa abbiamo fatto per renderlo partecipe, in giusta misura, di quella libertà, di quella civiltà, per cui oggi gli ingiungiamo di morire? A compiere oggi con anima eroica il suo dovere, l'avevamo forse preparato, adempiendo, prima noi, verso di lui, negli anni della lunga pace, i nostri, tanto più agevoli e meno penosi, doveri? E se noi - classe dirigente - abbiamo sempre avuto, se finanche mentre infuria la tempesta, continuiamo ad avere un così debole sentimento della giustizia sociale e della solidarietà nazionale, abbiamo noi il diritto di pretendere dal nostro popolo quello che da tutti i popoli esige questa immensa guerra? Per nostra immeritata fortuna, in cinquant'anni di unità nazionale e di progresso generale, il mondo ha camminato coi suoi piedi anche fra noi: la forza delle cose ha supplito in parte alla imprevidenza e all'egoismo degli uomini. Nel 1866, l'Italia si sentì vinta, dopo la sola battaglia di Custoza, con soli 736 morti. Oggi il nostro popolo, sebbene combatta da due anni e mezzo la guerra più micidiale della storia, si è ripreso dopo un attimo di funesto abbandono, è tornato ad affermare la sua volontà di resistenza e di vita, grida di nuovo in faccia al nemico la coscienza del suo onore. Esso è assai migliore di noi. Ha in sé tutti gli elementi per divenire un nobile popolo libero, purché trovi alfine una classe dirigente, capace intellettualmente di comprenderlo, degna moralmente di governarlo. Perché “popolo libero è quello solamente, in cui i potenti e ricchi fanno un perenne sacrificio di sé ai poveri e ai deboli. Aiutare coloro che soffrono, vicino a noi, è il nostro dovere, è il nostro interesse, supremo, urgente; e ci restituirebbe l'ideale perduto”.Gaetano Salvemini.