L'articolo 20 del decreto del 7 luglio 1866 suona così: “
Il Comune di S. Marco fu tra i primi a chiedere al Governo la cessione del convento S. Matteo. Se proprio volesse mettere un asilo infantile, o un ospedale in un convento distante dall'abitato e tuffato nei boschi di Monte Celano, c'è da dubitare. Ma la formuletta faceva comodo, ed il Sindaco Francesco Centola ne profittava.
Il 25 giugno 1867, veniva stipulato l'atto di cessione tra il Ricevitore del Registro Maresca e il Sindaco Centola.
“L'Amministrazione del Fondo Culto cedeva e consegnava al Comune di S. Marco in Lamis il locale del fabbricato dell'ex convento dei Padri Minori Osservanti di S. Matteo”.
Secondo il Ricevitore, detto convento aveva 48 stanze, oltre i locali del pianterreno; vi era il campanile con tre campane di bronzo; la chiesa ad una sola navata 'con quattro altari laterali di fabbrica, e un altro maggiore di marmo nostrale'.
Il Comune, a cui veniva ceduto un convento, doveva assumersi l'onere di far officiare la chiesa aperta al culto, doveva presentare una terna di nomi di sacerdoti al Prefetto, e ciò senza alcuna ingerenza dell'Autorità Ecclesiastica (Nota 48). In quei tempi nella Prefettura di Foggia si parlava di chiesa nazionale.
Dal Comune di S. Marco furono fatti, al Prefetto, i nomi di tre sacerdoti: Pietro Longhi, Francesco Paolo Cera e Federico Nardella, per officiare la chiesa di S. Matteo" (Nota 49). In una relazione al Generale del Ministro Provinciale P. Ludovico Barbaro del 1872 viene confermato: 'il convento di S. Matteo si appartiene al Municipio, il quale non ha permesso, almeno sino ad ora, che vi abitasse qualche frate; e perciò il locale è in via di deperimento. Permette solo che vi accedano tre cappellani preti a celebrarvi qualche Messa quando attalenta loro, per raccogliere limosine nella festa di S. Matteo e nel mese di maggio per il concorso immenso dei devoti e pel passaggio dei pellegrini' (Nota 50).