Da Qualesammarco, n. 3 del 1993
Anche qui c’è un muro da abbattere
Certo è casuale che questo giornale, nello giungere sino a quest'altro autunno, abbia avuto la ventura di andar costeggiando anni cruciali per il mondo. Tra l'88 e il '92 corrono appena cinque anni, ma quanti cambiamenti e quali! Uno dopo l'altro, i muri che l'uomo ha eretto sono crollati: emblematico quello di Berlino, possente e duraturo quello ideologico del blocco comunista. E mentre nessuno ha il diritto di pretendere un giudizio risolutivo su questa parte di storia, rimettendo semplicemente gli scacchi alle caselle lasciate nel 1917, un altrettanto forte turbamento tiene desta l'attenzione di questi nostri mesi. La degenerazione del sistema politico, la crescita terribile della criminalità organizzata (i delitti Falcone e Borsellino), la sensazione di una sfiducia montante nella convivenza civile.
Altri sono i muri, dunque, che noi dobbiamo abbattere. Essi ci impediscono di vedere e di sperare, ci rinserrano nella nostra aiuola di egoismo e di paura, ci costringono a tacere. Dappertutto, muri da superare o da sbrecciare, fiducia e volontà da recuperare, chiarezza e ragione da conquistare. E vero, si è stanchi e le guide si son fatte scarse. Ma è solo un tratto della nostra storia, giacché da qualche parte si sta già dissodando nuova terra per nuovi frutti.
S. Marco non manca di energie e di intelligenze. E’ un luogo forse bizzarro e refrattario, incostante e sorprendente, tuttora indefinibile. Ci sono fatti, situazioni, persone che umiliano questa comunità. La colpa è di nessuno e di tutti!
Chi scrive crede che proprio il muro naturale delle colline che lo chiudono sia un monito costante per il paese. La valle è una specie di acquario o di conchiglia. Un acquario rende opachi e lenti gli eventi, la conchiglia chiude o soffoca gli slanci. Un nemico visibile, però, è già un nemico vulnerabile.
E dunque, questa invidiabile posizione di S. Marco è una sfida e una lotta: sfida contro la pigrizia e lotta contro l'inerzia. Prima che un qualsivoglia impegno politico, è un imperativo morale. E un modo, anche, e forse, per salvarsi l'anima (e poi dicono che la siepe di Leopardi non serviva a nulla!).
Sergio D'Amaro