a) Mestieri tradizionali
Una panoramica sulle attività svolte da quella che era la popolazione attiva di S. Marco in Lamis nei passati decenni delinea mestieri legati al ciclo delle stagioni e alle risorse del territorio: pastori, agricoltori, fruttivendoli, mugnai, cavapietre, che vivendo in stretto rapporto con la natura, ne dipendono fisicamente; oppure mestieri trasversalmente collegati a questi per la produzione degli attrezzi, quali fabbri, falegnami, sellai, carradori, stagnini, Tra i mestieri legati al fabbisogno locale della popolazione sono stati rilevati quelli del muratore, sarto, orafo, calzolaio, in un contesto in cui le risorse locali soddisfacevano le esigenze legate al ciclo della vita. A questo riguardo le attività lavorative della popolazione femminile sono ugualmente significative: ricamatrici, tessitrici, magliaie, sarte, lavandaie che con il loro lavoro, per lo più integrativo del bilancio familiare e svolto tra le pareti domestiche, provvedevano alla biancheria e al vestiario, sia per il quotidiano che per le occasioni straordinarie, quali il matrimonio, il carnevale, le feste.
Per quanto riguarda invece il lavoro femminile, mancando completamente qualsiasi attività operaia, esso si orientava verso l'attività di coadiuvante agricola o verso attività inerenti alle esigenze della casa e dell'abbigliamento. Le bambine imparavano presto a ricamare, a tessere, a cucire, a lavorare a maglia, e trascorrevano l'adolescenza a preparare il corredo. Strumenti usati erano il telaio con i cavalletti per il ricamo, quello a due o quattro pedali per la tessitura o anche il telaio piccolo per ricamare a macchina, la navetta, il pettine, il subbio, il portagomitolo, l'arcolaio, l'aspo, il fuso, la macchina da cucire o per la maglieria. I punti principali ricamati erano l'intaglio, il filè e lo sfilato. Alcune donne poi continuavano a ricamare o tessere per integrare il bilancio familiare o si dedicavano all'insegnamento del mestiere di sarta o ricamatrice, prendendo presso di sé delle ragazze come apprendiste.
La maggior parte dei mestieri qui analizzati risultano oggi in via di estinzione: è stata rincontrata una sola presenza quanto all’attività dei carbonai, cavapietre, fabbri, falegnami, stagnini, sarti si è ridotto a poche unità. Altri mestieri sono scomparsi e tra essi quello del cardalana, dell'arrotino, del venditore di neve.
b) l'arredo della casa
c) L'abbiglamento
I capelli erano intrecciaci e raccolti sulla nuca con l'ausilio di forcine, perché questa acconciatura era adatta ai lavori domestici e agricoli, nel qual caso un fazzoletto proteggeva i capelli.
L'abbigliamento maschile era confezionato dai sarti, che utilizzavano tessuti chiari per gli abiti estivi e tessuti blu o marrone per gli abili invernali: si trattava di cappotti, giacche, gilè, camicie, pantaloni, in particolare alla zuava, indossati su biancheria lavorata in casa.
d) L'alimentazione
Il pane, così confezionato, durava per sette-dieci giorni e veniva usato dalla famiglia per preparare il pancotto: di solito, tozzi di pane bagnato e serviti con verdura, patate e legumi. Oltre al pancotto si usava molto cucinare la farina di granturco che veniva utilizzata in diversi modi: versata in acqua bollente con l'aggiunta di sale, fagioli, patate, grasso di maiale e olive, oppure, dopo averla bollita, arrostita sulla graticola e condita con l'olio, o, infine, ricoperta con una sfoglia di pane e cotta al forno. In occasione delle festività le donne preparavano crostoli e pèttole di Natale, e biscotti, taralli, propati e canestrelti a Pasqua.
e) La medicina popolare
La credenza del malocchio è connessa ad una serie di pratiche e oggetti per allontanarlo. Una donna, che sia esperta del rituale, versa in un piatto pieno d'acqua tre gocce di olio recitando una formula e segnando col segno della croce la persona colpita dal malocchio, La prima goccia di olio che si allarga conferma l’esistenza del malocchio, mentre il permanere del malocchio richiede la ripetizione del rituale per tre volte nella giornata. La formula può essere trasmessa solo nella notte di Natale. Oggetti tenuti in casa per difendersi dal malocchio sono il ferro di cavallo, il corno, la testina.
La medicina popolare ha elaborato rimedi contro le riniti, le emorragie, le infreddature e il carbonchio. L'influenza era curata con la santolina, l'aglio pestato e la menta. Per il morbillo e gli orecchioni si facevano impacchi caldi di camomilla. Olio e vino servivano per rimarginare le ferite: questo rimedio era definito 'medicina di Gesù Cristo'. Un disturbo intestinale tipico dei bambini, l'ossiurìasi, veniva curato da una persona al corrente del rituale, appoggiando le mani sul ventre, pronunciando una formula e facendo il segno della croce. La tosse era curata con il decotto di malva e il morbillo somministrando al bambino solo del latte.
La cultura materiale
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