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Da Qualesammarco, n. 1 del 1988
Dodici pagine, per capirci di più
Il numero “zero” e stato diffuso e letto. Non vogliamo illuderci di aver stimolato affetti travolgenti, ma pensiamo solo di aver buttato un primo sasso nello stagno. Per un giornale occorre del tempo per verificare le sue ipotesi di lavoro e quindi non abbiamo fretta di trofei. Non possiamo neanche lamentarci, del resto, se finora quasi nessuno ha fatto sentire la sua voce attraverso lo “Spazio Aperto” riservato ai lettori. Abbiamo bisogno di fiducia e di rodaggio anche per questo incontro che ci auguriamo imminente e vivace.
Questo secondo foglio esce a dodici pagine. Non è la mera quantità che conta, ma l'oggettiva disponibilità ad accogliere più fatti, più opinioni, più documenti.
Offriamo, anzitutto, il tema fin troppo attuale della disoccupazione e della condizione dei giovani. Siamo convinti che attraverso la questione del lavoro passano le scelte fondamentali dello sviluppo immediato e futuro del paese. Tutto dipende da come saranno dirette queste scelte, quali risorse le puntelleranno e quali processi riusciranno ad innescare. Per questo diventa importante rendere tutti più responsabili, più partecipi, più attenti: l’alternativa può essere ancora una volta una nuova emigrazione e una più acuta disgregazione della comunità.
Le trasformazioni hanno bisogno soprattutto di progetti, non certo di narcotici o di risse.
E i progetti sono anche progetti politici di solidarietà e di lealtà tra classi e ceti che lottano in fondo per il miglioramento complessivo della vita civile.
In questo processo sono chiamati in causa, e proprio in questo numero, anche gli intellettuali del paese. Si vorrebbe da loro un intervento, una riflessione, un dibattito e una messa in campo della loro coscienza. Si vorrebbe da loro l'abbandono di certe mentalità neocorporative o di certi pericolosi comportamenti da lumache saggiamente barricate nel guscio. Noi pensiamo che occorra recuperare orizzonti “bassi”, immergersi nelle realtà e riqualificare i propri metodi di azione. Guai a gettare la spugna e a sentirsi di nuovo attratti dalle sirene di splendidi isolamenti, vestendo radicalmente il paese e con esso molte altre zone periferiche del Mezzogiorno. Tali trasformazioni potrebbero facilmente far perdere i percorsi e far credere che si viva in un presente magmatico, sicuro solo delle sue piccole tecniche di sopravvivenza, comprese quelle deteriori dell’opportunismo e dell'arrivismo. Le trasformazioni hanno bisogno soprattutto di progetti, non certo di narcotici o di risse.
L’invito finale è a leggere e a intervenire: tutti, di ogni età e condizione sociale, senza pregiudizi e pudori. Scriveteci, dunque, o consegnateci direttamente i vostri messaggi.
S. D.