Da Qualesammarco del 20.09.88
Caro Ospedale, non possiamo più aspettare
L'Ospedale di S. Marco in Lamis è stato sempre una creatura in certo senso anomala, fin dalla epoca della sua costituzione in Ente Ospedaliero (1970), quando, progettato e costruito per una ricettività di 50 posti letto, è stato, sulla carta e di fatto, portato a contenere 130 posti letto (tale era il numero minimo dei posti letto previsti dalla legge per un ospedale di zona).
Per lunghi anni, dunque, attrezzature, ammalati, personale di assistenza sono stati compressi in una struttura nettamente insufficiente per numero di locali e servizi. Purtuttavia, tra comprensibili disagi di pazienti ed operatori, si sono sviluppate negli anni esperienze e qualificazioni professionali: a conferma di ciò, il numero dei pazienti ricoverati è costantemente aumentato ed il bacino di utenza dell'ospedale si è allargato, per la presenza di pazienti provenienti anche da paesi vicini, che hanno preferito e preferiscono ricoverarsi nell'ospedale di S. Marco.
Negli anni, vari consigli di amministrazione si sono succeduti, con varie maggioranze ed opposizioni, finché nel 1977 si è giunti ad una gestione commissariale (durata 2 anni) che veniva a supplire ad un lungo periodo di incuria politico-amministrativa. Durante questi due anni è stato dato un impulso importante alla realizzazione di una nuova ala dell'ospedale, aperta solo nel 1987, che ha consentito una sistemazione più decorosa sia dei pazienti che degli operatori. Elemento negativo di questo periodo è stata invece la soppressione di convenzioni in precedenza stipulate con vari specialisti (ortopedico, otorino, neurologo), che esercitavano in giorni stabiliti attività di consulenza a favore dei ricoverati. Tali convenzioni non sono state più ripristinate, per cui a tutt'oggi è necessario trasportare all'ospedale di S. Giovanni Rotondo pazienti, per usufruire delle consulenze dei vari specialisti.
La presenza dell'ospedale di S. Giovanni Rotondo a soli 10 Km. di distanza, se da un lato ha reso superflua l'espansione dell'Ospedale di S. Marco con la creazione di altre divisioni, dall'altro costituisce un vantaggio anche per i ricoverati nell'ospedale di S. Marco, che possono usufruire di attrezzature modernissime.
Un problema fondamentale, ancora irrisolto, è l'assenza da ormai nove anni di un medico responsabile del Servizio di Radiologia, sebbene esistano nella pianta organica tre posti. Attualmente un radiologo in regime di convenzione è presente in ospedale per circa due ore in soli due giorni della settimana: ciò è una limitazione enorme sia dell'attività diagnostica dei vari reparti (che è rallentata), sia dell'efficienza dei medici impegnati nell'attività di Pronto Soccorso, i quali devono spesso improvvisarsi radiologi e decidere se un paziente, giunto in pronto soccorso, possa ritornare dopo 34 giorni, senza danno, a ritirare il referto della radiografia eseguita, o debba essere ricoverato o trasferito in altro ospedale.
Esiste un'attrezzatura radiologica costosissima, in cantina da circa 8 anni, che doveva sostituire quella attualmente utilizzata, ormai antiquata. Il radiologo responsabile è ormai per i medici dell'ospedale una specie di Messia: ogni due anni circa ne viene annunziata la venuta, ma finora non è mai apparso. Radiologia e Laboratorio sono i pilastri su cui poggia l'attività di tutti i reparti di un ospedale: devono quindi funzionare ogni giorno.
L'istituzione delle USL nel 1981 (oltreché variare la denominazione da Ospedale di zona in Presidio Ospedaliero) ha determinato gli stessi guasti denunziati a più riprese dalla stampa nazionale in tutte le strutture sanitarie ospedaliere, escludendo dalla gestione anche tecnica i medici.
In una piccola struttura come l'ospedale di S. Marco gli effetti di una gestione clientelare (certo non sconosciuta prima dell'avvento delle USL) sono balzati subito agli occhi e aggiunti alle carenze di base hanno determinato talora situazioni critiche.
L'assenza di una scelta politica unanime sul futuro dell'ospedale, con le ricorrenti vaghe voci di chiusura o riconversione, le carenze nell'organico di tutto il personale di assistenza diretta ai malati, l'attenzione rivolta all'ospedale da vari esponenti politici locali solo negli immediati periodi preelettorali, o per problemi personali, familiari o talora di speculazione politica sono stati tra i fattori che hanno favorito negli anni scorsi il trasferimento in altri ospedali di medici professionalmente validi.
Da molti anni, soprattutto il personale medico si assoggetta a turni di lavoro largamente al di fuori di ogni legge o contratto di lavoro.
La recente apertura di un servizio di endoscopia digestiva e la decisione di istituire nell'ambito della divisione di Medicina Interna un ambulatorio specifico per la cura e la prevenzione del diabete testimoniano la volontà dei medici di adeguare il tipo di interventi alle patologie concretamente presenti e più rilevanti nella popolazione. Tuttavia non è possibile gestire o incrementare altre attività senza un immediato adeguamento degli organici: se il letto si allunga e la coperta resta sempre la stessa, resteranno per forza scoperte la testa o i piedi: cioè si ridurrà il tempo di assistenza ai malati o funzioneranno a ritmo ridotto gli ambulatori.
In definitiva, quello che gli operatori dell'ospedale si attendono dalla attuale seconda gestione commissariale è che consenta loro di lavorare bene e serenamente. Quello che non sono disposti a tollerare è il protrarsi della situazione attuale, con il rinvio sine die della soluzione dei problemi più urgenti.
La speranza è che l'attuale crisi in cui versa l'ospedale sia una crisi di crescita, perché non è interesse né della comunità, né degli operatori stessi che esperienza e professionalità, frutto di venti anni di lavoro comune, vadano disperse.
Dott. Giorgio Arpaia