Senza mettere in conto anche l'infausta sorte del convento di S. Matteo che, scampato alla soppressione del governo murattiano per merito della sua cospicua rendita, dovette soccombere nel 1866 e ridursi poi in uno stato di così deplorevole abbandono, da venir definito una ‘taverna-locanda’ e ricevere, anche se per un solo mese, l'interdetto del vescovo di Foggia.
Un campo, invece, in cui ebbero modo di rifulgere l'ingegno e l'operosità della popolazione sammarchese fu quello dell’artigianato, con fine ed apprezzate lavorazioni in ferro, legno e oro, di cui, purtroppo, non si conservano che scarse testimonianze. Un altro avvenimento degno di rilievo fu la nascita della diocesi di Foggia, della quale S. Marco in Lamis forma attualmente un vicariato foraneo.
In questo secolo, le possibilità di sviluppo edilizio della città erano tutte nell'alternativa tra il continuare ad inerpicaisi lungo il dorso della collina a nord e lo spingersi al di là del torrente Iana. Dal punto di vista climatologico e igienico, è innegabile che la scelta della prima soluzione sarebbe stata di gran lunga preferibile, ma altre ragioni anch'esse validissime, quali, ad esempio, l'approvvigionamento idrico e una maggiore facilità di traffici commerciali, dovettero far propendere per la seconda.
Il secolo ventesimo si aprì all'insegna della speranza e della rinascita, bene auspicate dall'erezione della Croce sul monte Celano nel 1900. Accanto all'occupazione prevalente, che era l'agricoltura, continuò a fiorire l'artigianato che rappresentò anche, fino a un quarto di secolo fa, un motivo d'orgoglio della città. Negli anni trenta-quaranta, sono da segnalare la nascita dei viali, della villa comunale, del viale della Rimembranza e della villetta, che offrono anoor oggi l'aspetto migliore della città, e la nascita delle nuove parrocchie delle Grazie, dell'Addolorata e di S. Giuseppe.
Un'alterna tendenza ha fatto registrare questo secolo nell'andamento demografico: verso l'alto, fino agli ultimi anni quaranta, verso il basso, dopo di allora. Vennero censiti 18.200 abitanti nel 1921 e 22.050 nel 1951; nel 1961, invece, essi scesero a 19.014, a 16.256 nel 1971 e 15.379 nel 1981. Questo costante e inesorabile decremento è certamente dovuto al fatto che S. Marco in Lamis non è riuscita a superare felicemente il passaggio dall'economia di tipo agricolo-artigianale a quella di tipo industriale. Allo spopolamento delle campagne e all'abbandono delle attività artigianali, non ha fatto seguito un opportuno decollo industriale, e ciò ha provocato quell'inarrestabile emorragia migratoria che affligge tuttora la città.
Fu dopo la conquista francese del regno di Napoli nel 1806, allorché venne trasferito dall'autorità religiosa a quella civile l'obbligo della tenuta e della conservazione dei registri dello stato civile, che in questi comparve puntualmente l'indicazione del domicilio. Tuttavia, la prima disciplina delle denominazioni delle vie si ebbe solo dopo l'unificazione italiana con la legge del 20 marzo 1865, n. 2248, allegato F, che, oltre a indicare quali strade dovevano classificarsi tra le comunali, sanciva per tutti i Comuni l'obbligo di redigere un elenco delle strade e di farlo omologare dal prefetto, dopo averlo tenuto per un mese affisso all'albo pretorio. E a distanza di oltre un secolo, si può quasi dire che questa è ancora la sola legge che regolamenta la toponomastica stradale. Ad essa, infatti, si sono appena aggiunti il R.D.L. 10 maggio 1923, n. 1158, e la Legge 23 giugno 1927, n. 1188, che dettano norme sul mutamento del nome delle vie e sull'intitolazione di vie a personaggi contemporanei.
Questa premessa vale a mettere in chiaro che anche per guanto riguarda S. Marco in Lamis, nel descrivere le caratteristiche della toponomastica stradale, bisogna tener distinto il periodo precedente al 1865 da quello seguente.
Nel XIX secolo
powered by social2s