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La Valle, Numero unico, Settembre 1971
Libri
Mani legate
Poesie di Antonio Motta (Rebellato editore, 1971- Lire 900)
di Cosma Siani
Questo esile libretto dalla simpatica veste tipografica contiene ventisette brevi poesie di Antonio Motta. Non sapevamo che egli scrivesse, né lo aveva mai manifestato. La presente raccolta costituisce il primo frutto delle sue segrete esercitazioni svolte in questi ultimi anni.
E’ raro che il primo frutto poetico sia perfetto. Perciò non pretenda chi vuole leggere Mani legate, di trovarvi piena maturità di emozione ed espressione, e nemmeno, cercandovi “grande poesia» e non trovandola, si lasci andare ad un facile disprezzo: l’autore stesso confessa, nel tirolo, di sentirsi le “mani legate”.
Le poesie della raccolta sono di valore diseguale. Abbiamo il primo tentativo, ingenuo, impacciato, fatto di annotazioni slegate: come Notte, e, in sostanza, Prima del suono dell’Ave Maria, Stanchezza, Gli infiniti, Affiorano i simboli, La festa dei morti. Abbiamo poi il brano gà più armonico come Tempo d’amare:

Sono in ozio,
Siedo lungo la scogliera,
verde selvaggia di muschi;
e ritrovo le promesse di secoli,
i colloqui tenui fatti di un sì,
il pudore degli scogli che tacciono
al vento, al passante che è puntuale,
ai tramonti che lambiscono
la veste rossa del cielo,
C’è la luna, una luna piena,
avida perché non c’è lei;
e il falò.
Accendilo vecchio del mare e
abbandonati al sonno continuo, d’un fiato.

Qui ogni annotazione (scogliera, promesse, passante ecc.) è legata alle seguenti dal tono uniforme del brano, ed anche dalla sintassi, in un periodo di ampio respiro. La chiusa, poi, ripete e suggella il tono poetico di tutti i particolari precedenti: ed è un tono di gradevole abbandono (“ozio”, al primo verso ed imminente riposo, per il vecchio traghettatore) che si riflette nelle cose viste e fa emergere i ricordi di lei. Tale è l’atmosfera più propizia all’autore per far poesia; tale è l’atmosfera dei primi quattro brani, che ci sembrano i migliori.
Infatti, Motta si dimostra poeta che si ispira soprattutto nella osservazione stupefatta delle voncrete cose che vede (o pensa) intorno a sé: una strage di esseri umani gli fa dire “caprioli accecati”; gli affamati di sesso gli appaiono “pietraie soleggiate”; un sonno inquieto è “fuga fra le coperte fino allo scheletro del materasso”.
Le “cose”, più che il pensiero, riempiono queste poesie. E meglio riesce l’autore laddove le cose non diventano simboli di idee astratte (come in Ascesa al cielo, Nell’era del Signore), ma piuttosto dove esse sono osservate e riferite senza che la ragione le scavi e le approfondisca (Tempo d’amare, Indianapolis, Al nuovo domani, ecc.).
Elenchi di particolari, contemplazione, stupefazione sono i tratti dominami di Mani legate.
D’altra parte non si può tacere una diffusa incertezza di espressione rilevabile soprattutto nella scelta di certi vocaboli (“al prosieguo d’un sogno p. 24), in alcune forzature grammaticali (“la strada assaporava di acqua piovana”, p. 8 ), e genericamente nel muoversi confuso o ripetersi dei pensieri in alcuni brani (C’era piena oscurità, Se sapessimo, ecc.).
Stando a quanto appare in questa prima raccolta, il dono di Motta sarebbe soprattutto dono di osservazione e di fantasia.
Ma la disciplina artistica, chiamiamola così, non riesce a padroneggiare del tutto la spontanea capacità contemplativa; la quale già trapela, qua e là, in sicuri sprazzi.
Se quegli sprazzi siano tutto quanto l’autore può dare, o se siano solo il principio di cose future, si vedrà.

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