Qualesammarco, Nr. 0 del Maggio 2008
Un efferato delitto di fine ottocento
di Tommaso Nardella
A San Marco in Lamis, in Piazza Maestra, all’altezza di via Cernaia, alle Cinque pomeridiane del 23 novembre 1889 si Consumò un assurdo quanto belluino assassinio la cui eco raggiunse anche la Stampa nazionale con la presenza in paese di cronisti di varie testate giornalistiche.
Un giovane seminarista, Angelo Tricarico, di anni 28, si invaghì di Mariantonia Napolitano di anni 24, figlia di Bonifacio, alias Muschidde, di anni 55.
Il 29 settembre 1888 Mariantonia venne rapita, con suo pieno consenso. Il 25 ottobre del medesimo anno sposò Angelo che buttò l’abito talare alle ortiche. Il 29 giugno dell’anno successivo arrivò un bel bambino.
Per un fatto del genere e per un matrimonio celebrato civilmente l’intera famiglia Napolitano si ritenne mortalmente offesa nella reputazione e nell’onore. Pubblicamente tutti i Napolitano giurarono di lavare col sangue il disonore subito.
Era ormai noto il disegno vendicativo di Bonifacio, padre della sposa, e dei figli Francesco Saverio di anni 28 medico e straordinario poeta dialettale antisocialista, Michelangelo e Ferdinando, entrambi orafi, di 21 e 23 anni.
Più volte il Tricarico chiese perdono ai familiari della moglie, ma le sue preghiere e i buoni uffici di diverse persone non vennero mai ascoltati.
Prima di partire per incontrare in Foggia il Vescovo Domenico Marinangeli, tentò, ancora una volta, di recarsi con il bambino in casa del suocero per chiedere per l’ennesima volta pace e perdono.
Fu male accolto. La cognata Manuela e lo Zio canonico Michelangelo non esitarono a cacciarlo fuori casa.
Uscì mortificato e confuso senza replicare agli insulti e alle continue minacce di rnorte.
La sera del 23 novembre 1889 tutti i Napolitano decisero di affrontare l’odiato spretato.
Si nascosero in via Cernaia in attesa del rientro in casa del cognato. Non appena apparve in piazza lo assalirono con bastone e coltelli. Il primo a colpire la testa del Tricarico fu il medico Francesco Saverio il cui bastone gli verrà strappato dalle mani dall’agricoltore Giuseppe La Porta, abitante a pochi passi dal luogo dell’agguato.
Tutti gli altri si accanirono a pugnalarlo.
Vennero subito arrestati dal maresciallo dei Carabinieri, Rozzi Algiso, e tradotti nel carcere di Lucera. ll 29 agosto 1890 i giudici della Corte di assise lucerina li condannarono alle seguenti pene: Bonifacio a venti anni di carcere, Francesco Saverio a venticinque, Ferdinando e Michelangelo a quattordici anni ciascuno. Tutti i condannati dovevano risarcire alla parte lesa la somma di diecimila lire.
Il 26 maggio 1893 i Napolitano fecero appello alla sezione della Corte di Assise di Appello di Trani che ridusse la pena solo di tre mesi.
Il 31 agosto 1893 i Napolitano fecero ricorso in Cassazione che respinse la loro richiesta.
Scontata la pena tornarono a casa ad eccezione di Francesco Saverio che si accasò per pochi anni nel Comune di Rignano Garganico.Morì a Torremaggiore nel 1935.
02 - 2008-0 - Tommaso Nardella - Un efferato delitto d'onore
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