Da Qualesammarco, n. 3 del 1993
Un latinista cartesiano del primo Ottocento
Nel Seicento l’abbazia di Port-Royal divenne un centro di studi linguistici; vi si produssero e pubblicarono una Grammatica generale e ragionata e una Logica o l'arte del pensare, che stabilivano la fondazione di ogni grammatica su rigorosi canoni di logica.
In base a tale principio venivano anche redatti “Nuovi metodi” per lo studio del latino e del greco, e di lingue moderne (italiano, spagnolo).
Oggi è pacifica la convinzione che conoscere una grammatica non vuol dire saperne usare la lingua nelle svariate occorrenze del parlato e dello scritto (allo stesso modo in cui conoscere com’è fatto e come funziona un pianoforte non significa certo saperlo suonare); ma dal XVII secolo fin oltre la metà del Novecento lo si è creduto, e si è generalmente seguito quel metodo d’insegnamento detto “grammatica-traduzione”. In tale convinzione e pratica didattica hanno avuto il loro grande peso, in tutta l”Europa, le elaborazioni linguistiche di Port-Royal.
Queste, scheletricamente parlando, propugnavano appunto la corrispondenza tra le categorie della logica e quelle della grammatica; e aspirando a ingenerare idee “chiare e distinte”, procedevano per regole di evidenza, univocità, ordine naturale, scomposizione del complesso - principi razionalistici di dichiarata ispirazione cartesiana.
Dunque don Liberale portava nell'isolato Gargano ottocentesco quella che allora si poteva considerare una corrente metodologica e culturale consolidata ed in voga.
Di per sé non fece nulla di originale e autonomo: condensò e adattò la secentesca Nouvelle Méthode pour apprendre [...] la langue latine di Port-Royal (e con onestà intellettuale chiamò il suo lavoro “Sunto”). A tale scopo usò una traduzione italiana dell'originale francese, che potrebbe essere stata quella uscita a Napoli nel 1822, “all’uso del seminario napolitano”. Napoli, evidentemente città dei suoi studi teologici oltre che suo luogo di pubblicazione, Il metodo a cui don Liberale si affida è essenzialmente quello francese: abbiamo prima la “regola”, enunciata però non come ci aspetteremmo ma attraverso strofette ottonarie, quindi facilmente memorizzabile (questa era appunto la “novità” di Port-Royal): «Ogni Verbo, s’è Finito,/Vuole avanti il Retto avere:/Ma dirai Scio Petrum fiere,/Perché il Quarto ha l’Infinito”; abbiamo poi una “Dichiarazione”›, in cui la regola è spiegata in prosa e con esempi; poi una “Osservazione”, che fornisce dettagli e casi particolari sulla regola; e può esserci un finale “Avviso” ai discenti, per metterli in guardia da possibili difficoltà.
Ciò che l”autore anche adopera, distanziandosi dal modello, è un metodo esplicativo a domanda e risposta, contenuto nella rubrica “Dimanda all’oggetto”. Le strofette che don Liberale usa sono in buona parte tratte dalla traduzione italiana di cui si serve; così le spiegazioni e gli esempi, per lo più adattati o semplificati.
Il paio di veloci visite in biblioteca dedicate al buon don Liberale non mi permettono di ricostruire storia e fortuna del suo diligente compendio. Vedo, però, che la stampa della sua fatica si completò in provincia di Foggia: una seconda parte (sintassi) e una terza (prosodia e metrica) furono impresse a “Lucera - Da’ tipi di Salvatore Scepi” nel 1845.
Così don Liberale portava il suo contributo alla formazione delle menti giovani. Credeva nella virtù didattica della razionalità.
Il richiamo alla chiarezza e distinzione di conoscenza, a p. 10 del suo primo volume, lo rivelano cartesiano di derivazione portorealese. E tutta la sua operetta può ben essere vista quale paragrafo se non capitolo, nella storia della più vasta influenza che Port-Royal ebbe in Italia.
Ma se non fosse il suo sforzo didattico, la sua passione divulgativa, a me lo avvicinerebbe il ricordo di una strofetta dialettale che ai tempi della scuola media ci dicevamo fra compagni per ricordare l”imperativo presente di alcuni verbi latini: “Dic duc fac fer/mitte ‘mmane la curtella,/si non fosse per fio fis/t’accedesse a te e gghisse”. Che risalga anch’essa al nostro sacerdote, come tentativo di ulteriore adattamento, vernacolare, dei metodi di Port-Royal?