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Da Qualesammarco, Nr. 2 del 20.09.88
La fiera di S. Matteo per le antiche mulattiere.
Di Michele Ceddia
In questo mese di settembre ricorre la festività di S. Matteo che il nostro paese e i fedeli sammarchesi hanno sempre solennemente onorato.
Tempi addietro, nel corridoio principale del Convento, erano esposti moltissimi quadri ex-voto che raffiguravano le molteplici grazie, secondo i fedeli, ricevute dal Santo sempre presente e sempre disposto ad aiutare chi si trovava in disgrazia. Uomini salvati dall’aggressività di bestie inferocite; oppure sotto le ruote dei carri; sull’orlo di una piscina colma d’acqua; sotto le ruote di una “carrozza senza cava|li”; morsicati da un cane arrabbiato o alle prese con un branco di lupi ecc. ecc.
Con le festività che duravano tre giorni (21, 22, 23) coincideva una grande fiera di bestiame che richiamava molti commercianti, tra i quali anche quelli dell’artigianato del rame lavorato, della biancheria ed altro.
Con l’andare del tempo, la fiera ha perduto oltre alla notorietà anche la sua caratteristica che la distingueva dalle altre che si svolgevano nei paesi della zona.
Quella manifestazione aveva tradizioni che venivano da molto lontano tanto che le sue origini si sono perse lungo il cammino dei secoli, anzitutto a causa della distruzione degli archivi del Convento avvenuta nell’anno 1799 e forse anche dell’incuria delle autorità comunali che non hanno saputo conservare, nel passato, documenti di tale importanza.
Delle origini, nonostante la buona volontà di chi si è impegnato in questa non facile impresa, non si è riusciti a venirne a capo.
La biblioteca del Convento non ha nessun documento da poter risalire, se non alle origini, appunto, quanto meno ad una fase immediatamente successiva per poter adeguatamente informare i nostri concittadini. La stessa biblioteca comunale ne è sprovvista, pertanto si potrebbero avanzare delle supposizioni, anche le più approssimative, ma rimarrebbero tali e alla fine meglio attenersi ai fatti cosi come sono.
Tuttavia, pur nelle evidenti difficoltà, non siamo stati fermi e attraverso i ricordi di cittadini molto avanti negli anni siamo venuti in possesso di notizie che risalgono al secolo scorso.
La festa aveva inizio il ventuno e si protraeva nei due giorni successivi. Ma già il venti era tutto pronto. Le mercanzie arrivavano con anticipo sui carretti dalle diverse zone circostanti e da regioni diverse. Anche il bestiame giungeva prima, attraverso le mulattiere del Gargano, a decine e centinaia per venire ad occupare un posto più centrale nel vasto campo dedicato alla fiera. Mandrie intere di pecore, capre, maiali, cavalli delle diverse razze. Le mucche la facevano da padrone.
I pastori venivano da tutti i paesi del Gargano a vendere il loro bestiame e da altrettanti paesi venivano ad acquistarlo.
Interessati alla manifestazione fieristica erano anche paesi e città del Tavoliere. Primi fra tutti i devotissimi cittadini di Cerignola i quali ancora oggi, il giorno della ricorrenza, sono presenti in gran numero sia per adorare il Santo, ma anche, approfittando della bella stagione, per passare qualche giorno nei nostri boschi e godersi il clima di fine estate particolarmente dolce e consumare buone quantità di vivande e bevande creando, così, le premesse di entusiasmo generale tra quella comunità che la porta a gestire la processione.
I primi ad arrivare in paese erano gli abruzzesi con i prodotti di rame. Molte baracche piene di caldaie, pentole, tegami, bacinelle, bracieri, piatti e poi recipienti (le Conche), di tutte le forme e dimensioni, imbandivano l’attuale Viale della Repubblica e Piazza M. delle Grazie.
Da San Severo, da Foggia, dal Barese e dal Napoletano arrivavano commercianti di stoffe e biancheria varia. E poi il torrone di Benevento che era molto buono e i sammarchesi, pur nelle difficoltà economiche, ne consumavano in quantità considerevoli. Le nocciuole abbrustolite e le arachidi aiutavano ad alzare frequentemente il gomito.
Per l’occasione arrivavano perfino i gelatai che giravano le vie del paese con i loro carrelli provocando i bambini che, aggrappati alle lunghe gonne delle mamme piangevano perché gliene comperassero uno. Purtroppo a quei tempi non sempre venivano accontentati.
Il bestiame occupava tutta l’area dell'attuale Piazza Europa compresa la villetta, che altro non era che un unico prato non curato né sistemato.
Al centro del Largo Piano c’era la Casenella di Angelone, una figura estroversa, tipica del buontempone, sempre in vena di scherzare, che vendeva bevande analcoliche e tutto quanto riusciva a mescolare per dissetare i forestieri. Al lato del chiosco si piazzava immancabilmente la giostra compreso un baraccone che gli abitanti di allora chiamavano “teatro" perché davano degli spettacoli con delle sceneggiate più o meno strappa-lacrime, tutte basate sull’onore della donna e la guapparia degli uomini.
Il massimo della festa si svolgeva tra il venti e il ventuno. A mezzogiorno usciva la processione della Madonna dalla chiesa dell'Addolorata che attraversava i due Corsi principali portata a spalle da otto giovani paganti.
Ci diceva un amico, Angelo, di ottantaquattro anni, che qualche possidente locale, sia per tradizione o per devozione al Santo, accompagnava la processione in carrozza, che veniva pulita e lustrata con cavalli anch’essi strigliati e bardati a festa e il cocchiere con palandrana e cilindro in testa per la grande occasione.
Un altro carissimo amico, Tobia, di novantasette anni, ci racconta che al ritorno della processione si svolgeva una vecchia usanza paesana, tramandata di generazione in generazione e consisteva in una sparatoria generale, con fucili e pistole, in una piscina sita a poca distanza dalla porta della chiesa. Quella tradizione ebbe fine allorché un partecipante non riportò una grave lesione agli occhi che lo privò parzialmente della vista.
Oltre al “teatro", per allietare i nostri concittadini si invitavano le migliori bande musicali esistenti sulle piazze di allora e si facevano svolgere dei concorsi a premi.
Tra queste non sfigurava la banda di Sammarco che partecipava con profitto considerevole. I nostri artigiani, oltre ad essere dei bravissimi operai erano anche dei discreti intenditori di musica classica e lirica e seguivano concerti con passione e competenza i quali si svolgevano abitualmente sul Corso Umberto l (Corso Matteotti), di fronte alla Casina delli signure.
Altre manifestazioni avevano luogo in paese, che tenevano cittadini in spasmodica attesa ed entusiasmante partecipazione come la Corsa dei Cavalli e, soprattutto, quella degli asini con in testa il sempre vittorioso Petre Mola. Un altro giuoco che attirava molta gente era la “secchia". Un secchio di legno pieno d’acqua legato ad una fume tenuta alle estremità da cittadini su due bastoni di fronte ad una certa altezza. Di sotto, un uomo a cavallo: un asino (?, NdR) con lo spiedo in mano doveva infilarlo in un buco di un pezzo di lamiera appositamente sovrapposta al secchio. Quando il “cavaliere" si avvicinava con lo spiedo teso pronto ad infilarlo, ai manovratori della fune bastava far dondolare Ia “secchia” per fargli buscare una scarica d’acqua addosso. E’ facile immaginare le risate.
Ancora un giuoco: la sertania (padella) tutta nera di fuliggine e al centro del fondo attaccata una moneta legata con lo stesso sistema del secchio. Anche qui di sotto c’era un cavaliere montante un asino e doveva avvicinarsi alla sertania e cercare di staccare la moneta con i denti senza l’aiuto delle mani. La faccia si sporcava per la gioia dei presenti e dopo molti tentativi, quando la faccia era tutta nera e non si vedevano che gli occhi e i denti, lo si lasciava staccare la moneta.
Altri concorsi e sfide, sempre nell’ambito della festa di settembre, avevano luogo per i fuochi artificiali che piazzavano nei punti nevralgici che meglio credevano, tutt’intorno al paese.
l fuochi pirotecnici avvenivano sempre di sera molto presto perché la gente, i lavoratori specie quelli di campagna, non potevano aspettare la mezzanotte.
ln quei giorni si concludevano moltissimi piccoli e grandi affari come l'acquisto di intiere partite di ovini, bovini, ecc. oppure singoli “pezzi”: un maiale da ingrassare e poi venderlo, pochissime capre o pecore, o un cavallo.
Per l’acquisto di partite di maiali venivano da Modena addirittura e tutti quegli acquirenti, era d’obbligo, passavano per il Convento per farsi benedire il proprio bestiame.
Altri grossi acquisti avvenivano nel campo della biancheria e del rame. Chi aveva una figlia da maritare quella era l’occasione buona per completare la “dote”, ammesso, è ovvio, che ci fossero i soldi in casa.
Quando doveva passare la processione, le ragazze, non avendo i mezzi per comperare i coriandoli, mandavano i fratellini a raccattare, nella confusione frastornante della fiera, le carte delle caramelle e dei cioccolatini che tagliuzzavano riducendole a minuscoli pezzettini multicolori. Poi li raccoglievano in un cestino e quando passava la Madonna li lanciavano nell’aria come una miriade di stelline dai gioiosi, variopinti colori.
Le ultime due sere la zona della fiera rimaneva nella semioscurità e chi ci passava avvertiva la malinconia e il senso di solitudine lasciato dalle serate precedenti cariche di suoni e colori frastornanti.
Solo il “teatro” continuava per qualche serata ancora a far piangere chi seguiva ’O zappatoreMamma perdoneme oppure Voce 'e notte.
Dopo di ciò ci si dava l’appuntamento con se stessi per il prossimo anno.

Hai mai visto gli ex voto di san Matteo? Conosci Giovanni Gelsomino?