Lunedì, 14 Marzo 2022 - 349.03 Kb - pdf - 67e5c2ad62fc9210d912c81b07900413 - H. Fraenkel, Storia di una nazione proletaria, G. C. Sansoni editore, Firenze 1938-XVIIV- Crisi e lotte contro le crisi (1887-1900)La figura di Crispi è stata oggetto di odio e di ammirazione che non si sono spenti fino ad oggi. Il fascismo onora in lui il primo imperialista, i democratici gli rimproverano il suo regime “dittatoriale”, che secondo loro avrebbe provocato i disordini sociali che gli successero. Ma neppure essi possono fare a meno di riconoscere il suo appassionato patriottismo. Gli anni che egli passò al timone dello Stato (dall’estate del 1887 ai primi del 1891, quindi dal dicembre del 1893 alla primavera del 1895) erano anni davvero difficili. Alle crisi commerciali, che s’abbattevano l’una dopo l’altra sull’economia mondiale, e dalle quali l’Italia, per la sua posizione finanziaria indebolita, risentiva il peggior danno, s’aggiungevano i disordini politici e sociali dai quali l’Europa era scossa. In Francia il generale Boulanger organizzava lo “chauvinismo”, mentre in Germania il socialismo alzava la testa, e Bismarck voleva abbatterlo con la violenza. Intanto l’Imperatore Guglielmo II denunziava il trattato di riassicurazione, e la Russia s’alleava con la repubblica francese. Mentre l’ondata di fango dello scandalo del Canale di Panama invadeva il mondo, anche l’Italia ebbe il suo “Panamino”, rappresentato dal fallimento della Banca Romana. La guerra doganale, conseguenza del disaccordo politico tra Francia e Italia, peggiorò la situazione economica, e la sciagura d'Adua diede il colpo mortale al primo imperialismo italiano. Secondo le parole pronunziate in Senato dal senatore Boccardo, “un malanno generale intaccava la vita sociale”.Crispi non era certo il solo, nell’Europa di quel tempo, che governasse con sistemi autoritari. In che cosa consisteva, alla fin dei conti, la sua “dittatura”? Dopo la politica incerta di Depretis, intesa soltanto a tenere in piedi la macchina del governo, tutti desideravano un regime che fosse cosciente di se stesso. Da ogni parte si chiedeva l'avvento d’un uomo forte, che col coraggio delle proprie responsabilità aiutasse il Paese a uscire dal trasformismo. Il carattere energico di Crispi s’era già fatto valere mentre egli aveva tenuto il portafoglio degli Interni, nel Gabinetto Depretis: il suo orgoglio coloniale e la sua aspirazione a una forte politica estera trovarono ampia eco nella Camera e nell’opinione pubblica. Così, per il fatto che egli poneva di nuovo davanti alla nazione mete chiare e determinate, ne riscosse per brevi anni la fiducia illimitata. [...]