Da Qualesammarco n. 1 del 1990
Diaristi dell’800 (in margine ad una mostra)

Da Qualesammarco n. 1 del 1990
Da Qualesammarco n. 1 del 1990
Una mostra è anche un’occasione per itinerari personali; e in quella sul brigantaggio locale (al circolo “F.P. Borazio - Lu Spite” di San Marco, lo scorso aprile-maggio) io mi sono lasciato incuriosire dai diari d’epoca che vi ho veduto. Ben quattro, dovuti a due medici, un notaio e un giudice le categorie di persone che, insieme ai canonici, erano fra le poche a possedere capacità di scrittura in un mare di povertà e di analfabetismo, se è vero che in una San Marco di 18.000 anime, intorno al 1860, 901 abitanti su 1.000 non sapevano né leggere né scrivere.
Passo in rassegna questi diaristi dell'Ottocento sul filo delle evocazioni che mi mandano i reperti in bacheca, e delle notizie che trovo nel catalogo della mostra, minuziosamente redatto da Tommaso Nardella, La Capitanata tra reazione e brigantaggio. 1860-1864 (pres. A. Motta, San Marco in Lamis, Centro Regionale Servizi Educativi e Culturali – Distretto Fg/27, 1989, pp. 121).
ll più antico di essi, Leonardo Giuliani (1786-1865), notaio, sindaco, studioso della microstoria del luogo e autore di scritti in tal senso, lascia un manoscritto, “L'ottobre 1860 in San Marco in Lamis, San Giovanni Rotondo e Cagnano Varano” completato da un “Cenno storico sul brigantaggio garganico” ad opera del figlio, il sacerdote Pietro Maria Giuliani.
Appunti della reazione borbonica” è il titolo dato al proprio diario dal medico Pasquale La Porta (1848-1913), sommaria ma talora “incalzante” cronistoria del triennio 1860-63.
Scorci drammatici hanno poi le voluminose “Rimembranze dei momenti più memorabili di mia vita” di un altro medico, Giuseppe Tardio (1863-1899), pubblicate in parte, a cura dello stesso Nardella, in un opuscolo ormai non facilmente reperibile, I giorni del brigantaggio a S. Marco in Lamis (pref. P. Soccio, s. l., Quaderni de “ll Gargano”, 1962).
Da Qualesammarco n. 1 del 1990
Da Qualesammarco n. 1 del 1990
A distanza di un secolo e più, questi diaristi ci appaiono in luce di cronisti. E come tali li usa Pasquale Soccio, peraltro filtrandoli dove necessario, nel suo Unità e brigantaggio in una città della Puglia (Napoli, ESI, 1969).
Cronista ancora diventa Marco Centola (1827-1899), il cui ricordo dell'arrivo di Garibaldi a Melito di Porto Salvo, proprio mentre egli era giudice nella cittadina calabrese, è stato ripreso e illustrato da Tommaso Nardella nel volume Marco Centola e lo sbarco garibaldino a Melito (Napoli, Fausto Fiorentino, 1969). Centola fu inoltre giudice a San Marco nei giorni roventi del brigantaggio; e anche questa esperienza trova posto nelle 26 pagine del suo “Diario”.
Mi chiedo con che animo questi nostri concittadini e antenati scrivessero le proprie memorie. Per testimoniare avvenimenti di portata storica - reazione borbonica, appunto, e brigantaggio? Per ordinare nel proprio vissuto un tratto di realtà caotica che sconvolse il paese e i suoi individui? Per il gusto di recuperare il minimo locale? E avevano in mente di pubblicare per i posteri quei loro scritti?
Un po' di tutto questo, si direbbe, se leggiamo dalla sua profondità secolare la prima pagina di diario del Giuliani, tenera nel vento turbinoso della storia, ricercata nella sua retorica di sapore ottocentesco, bisognosa d’un uditorio tanto che il “Lettore” ne costituisce l’incipit:
“Lettore mio, quale non è il piacere in sì bel mese di cara stagione sedere in sul pendio di una collina sotto una fresca e verdeggiante ombra e passare in rivista gli oggetti che li circondano! Quando il venticello dolce e fresco si trastulla nel fogliame che tappezza le colline e le (sic) fa risaltare la duplice tinta ora verde, ora argentea.
Arrogi le infinite varietà di tinte che qua e la macchiano il paese, e col loro fogliame fanno risaltare il ricco castagno e tutti i vegetali seminati sulle colline e nella pianura.
Ed ecco perché, nell’approssimarsi di questo mese, felice un tempo, tutte le ville, specialmente dell’Italia meridionale, si aprivano all’aria, al sole, ed il villico della campagna pieno di allegria dirigeva e presiedeva ai campestri lavori.
Ma, oh vista, l’ottobre del '60 (....) le sue spoglie ce le lascia spruzzate di sangue innocente, e covrendo il suo sguardo di tetro velo, cede i suoi dì al novembre che ne accoglie le lacrime (....)”.
Cosma Siani