Da Qualesammarco n. 1 del 1990

Da Qualesammarco n. 1 del 1990
Da Qualesammarco n. 1 del 1990
I commercianti chiedono...
Egr. Direttore, prima di tutto un sincero apprezzamento per l'iniziativa di dare al Ns. paese un giornale che tratti problemi concreti e reali e che ha visto una partecipazione sempre più crescente da parte dei cittadini proprio a sottolineare un'esigenza sentita e che Lei ha saputo soddisfare egregiamente.
Il mio intervento, essendo un operatore commerciale, mira a mettere a fuoco un delicato problema da sempre irrisolto e che rappresenta la spina nel fianco di tutta la Ns. categoria e, a ben guardare, di tutta la cittadinanza: il mercato settimanale ambulante.
S. Marco è un'isola felice per l'ambulantato che trova, comunque, uno spazio per poter vendere la propria merce in barba alle più elementari norme di igiene (i latticini non dovrebbero essere venduti SOLO confezionati?), amministrative (quanti sono titolari di regolare posteggio?) e di circolazione (c'è viabilità il mercoledì mattina?).
Così a poco a poco il mercato settimanale è cresciuto a dismisura coinvolgendo, con un numero di operatori sempre più incontrollabile (saranno 220? oppure 270? o forse 350?), zone ed aree fino a poco tempo fa libere ed ancora non violentate da bancarelle, camions e mercanzie (sembra una continua Festa di S. Matteo). Preciso che è lungi  da me un atteggiamento razzista verso l’ambulante: forse è più giusto dire che ho sentimenti di biasimo verso chi permette un mercato del genere.
A questo punto la riflessione: Il nostro paese versa nel degrado sociale più nero e nel contempo impoverisce economicamente. Qualcuno degli amministratori o dei cittadini si è mai chiesto quanto costa a S. Marco un mercato settimanale? Ebbene ogni mercoledì escono dal nostro paese centinaia di milioni che in un anno fanno decine di miliardi. Eliminando discorsi protezionistici perché sempre fedele alla libera concorrenza, e sapendo che non sono quei miliardi i soli che rendono misero il nostro paese domando ai lettori - con un chiaro intento ad aprire un dialogo - se è giusto che, per l”assenza di un regolamento richiesto da decenni dall’intera categoria dei commercianti, sia il locale commercio a posto fisso a subire una concorrenza sleale e senza limiti con ripercussioni sull'intera ricchezza di S. Marco.
La ringrazio fin da adesso e Le auguro un buon lavoro.
Gabriele Perilli
Presidente Confcommercio
In margine a “San Marco in alghis”...
Da Qualesammarco n. 1 del 1990
Da Qualesammarco n. 1 del 1990
Caro D’Amaro, (omissis) il tuo “j'accuse” contro l'indolenza e l’apatia degli intellettuali capaci per quanto faccia da eco ad analoghe denunzie comparse sulle pagine di nostri periodici editi in tempi più o meno lontani (La Frusta - La Fionda - Il Solco - La Striglia - La Torre di Babele - Il Celano -La Valle), e indubbiamente motivato e degno di considerazione, ma sono sicuro che non verrà recepito vuoi dai depositari di alta cultura, che disdegnano furbescamente di impegnarsi sul piano sociale per non correre l’alea di perdere simpatie ed aderenze, vuoi dalla pletora degli intellettualoidi, freneticamente impegnati nelle parrocchie politiche alla ricerca di un posticino su Palazzo Badiale o di un incarico nel pletorico sottogoverno per l’appagamento di esigenze personali, nell’assoluto dispregio delle norme del buon vivere sociale. Indubbiamente il tuo caloroso invito a collaborare avrà il consenso, ma solo verbale, di quanti vorrebbero che i problemi cittadini venissero trattati con ampiezza di informazioni e con tono energico. Ma quali e quanti sono i problemi della nostra città! Sono tanti da poter dire che S. Marco è un lago di problemi, anzi è un gravissimo problema, difficile da dipanare, sicché mi consento di ricordare i versi del Buonarroti: “Grato mi è il sonno e più l'esser di sasso mentre che il danno e la vergogna dura. / Non sentir, non veder m’è gran ventura, / deh, non mi destar ma parla basso!”.
Se la mia esperienza di collaboratore, a suo tempo, de Il Corriere di Foggia” e de Il Gazzettino Dauno, di corrispondente dei quotidiani nazionali Il Messaggero e Il Roma, di direttore di n. 2 numeri del periodico goliardico La Torre di Babele, di redattore capo di alcuni numeri de Il Celano, nonché quella di uomo politico e non di lacché di ibridi coaguli piduistici, non fosse sensibilmente negativa ed amara, ed ancora avessi alle spalle uomini disposti a sostenermi generosamente nella battaglia, non esiterei un solo istante a servirmi della mia modesta penna per denunciare anomalie, soprusi, irregolarità, settarismi, faziosità, senza tacere i nomi di quanti, autentici briganti sotto i falsi paludamenti di un perbenismo pacchiano e miserando, ritengono di amministrare la cosa pubblica ad usum delphini, infischiandosi delle critiche e delle rimostranze mosse dai pochi cittadini culturalmente e moralmente sani. La “Cultura” è ben poca cosa se non diventa strumento di lotta per il progresso morale e materiale della società umana. Ci vuole glasnost a Palazzo Badiale! - Gli intrighi, le beghe, i personalismi, di pretto sapore bizantino, sono espressione eloquente di un'avvilente pochezza mentale, di un pauroso vuoto spirituale, di desiderio sfrenato di costruire le proprie fortune sui sacrifici e sul sudore di tanta povera gente, di uno spirito mafioso che si va irrobustendo e diffondendo di giorno in giorno nelle nostre contrade. Purtroppo, ad una certa età, lo spirito goliardico si va affievolendo e la consapevolezza di non poter lottare per nobili finalità, come un tempo, rattrista non poco.
Oggi, e non oggi soltanto, la fortuna in genere sorride ai prepotenti, agli intriganti, ai pagliacci, ai menzogneri, a chi ama trastullarsi nel pantano delle facili promesse e di tristi intrallazzi. E Giovenale, in una satira ci dice che “la critica risparmia i corvi, e tormenta le colombe”.
Ed allora, caro D'Amaro, a te e all'amico Giuseppe Soccio, che siete l'anima del periodico, io chiedo di mettervi idealmente su di un elicottero e di girare sulla nostra conca tettonia, un tempo ricca di vigneti e di castagneti, per osservarne i macroscopici aspetti negativi e di volerli esaminare con puntiglioso spirito critico, con mano vigorosa e con parola semplice, ripudiando i ghirigori del linguaggio politichese e le seduzioni della retorica. E’ una sfida che vi lancio, ammesso (e ci credo poco) che le parole riescano a smuovere le coscienze, a demolire il muro del disinteresse ai problemi della comunità, a favorire un processo dialettico non vago, non generico, non settario e non velleitario, ma sereno, ricco di contenuti documentabili, obiettivo e perciò costruttivo. Con tutta cordialità.
Michele Martino
Abbiamo dovuto, per ragioni di spazio, ospitare solo la seconda parte della lettera del prof. Martino. Il destinatario concorda senz'altro sull’indifferenza e sulla sordità di chi detiene il potere.
Meno, invece, sul "linguaggio politichese e le seduzioni della retorica” che lasciamo ai giornalisti stipendiati. Siamo disposti da subito ad ospitare interventi di Martino (e di altri) che denuncino "anomalie, soprusi, irregolarità ecc. ”.
È questo che il giornale vuole da noi cittadini di S. Marco.