Estratto da Paolo Sylos Labini, Scritti sul Mezzogiorno (1954-2001), a cura di Giuliana Arena, Lacaita, Manduria, 2003
Nord, Centro e Sud
La fondamentale stabilità delle tre grandi classi sociali, che avevamo notato esaminando i dati nazionali, si nota anche al livello delle tre circoscrizioni (Nord, Centro e Sud), sebbene a questo livello le oscillazioni risultino più accentuate. Anche per queste circoscrizioni vale l'osservazione che le variazioni più importanti hanno luogo all'intemo delle classi medie e della classe operaia: flessione dei lavoratori autonomi ed aumento degli impiegati; flessione dei salariati in agricoltura ed aumento dei salariati nelle altre attività, specialmente nell'industria.
Queste flessioni e questi aumenti, che sono l'espressione di un processo di "modernizzazione", hanno luogo in tutte e tre le circoscrizioni; ma, com'era da attendersi, nel Nord sono molto più accentuati.
A causa dell'esodo agrario, negli ultimi vent'anni i contadini proprietari (più i mezzadri e i fittavoli) e i salariati si riducono sensibilmente. È da notare che la velocità assoluta e relativa dell'esodo agrario nel Sud è paragonabile a quella dell'esodo che ha avuto luogo nel Nord e nel Centro, sebbene le occasioni di lavoro extra-agricolo, in queste due aree, fossero molto maggiori e sebbene l'emigrazione in regioni lontane (o all'estero) sia molto più dolorosa, umanamente, di spostamenti nell'ambito della stessa regione. Questo fatto è chiaramente la conseguenza delle condizioni di miseria e di deficienza e di precarietà delle occupazioni, soprattutto nelle zone agrarie dell'interno. L'esodo agrario e l'emigrazione, insieme con lo sviluppo molto fiacco della domanda di lavoro fuori dall'agricoltura, spiegano l'agghiacciante caduta nel Sud, ben più grave che nel Centro e nel Nord, del tasso di attività.
In generale, la flessione dei gruppi sociali legati all'agricoltura e l'accrescimento di quelli urbani tende ad aggravare l'instabilità politica, almeno in una prima lunga fase. D'altra parte, l'ipertrofia dell'impiego pubblico accompagnata all'ipotrofia dell'impiego privato tende, come sempre, in linea generale, a rafforzare le posizioni della conservazione, poiché gli impiegati privati, quando sono collegati alla produzione e, in particolare, alle fabbriche, tendono ad essere politicamente più "progressisti" dei loro colleghi del settore pubblico, ove prospera il clientelismo. Tutto questo è grave e preoccupante, ma comprensibile: in una situazione economica come quella meridionale, la domanda di lavoro extra-agricolo cresce lentamente; soprattutto i giovani appartenenti ai ceti medi impiegatizi e professionali, o i giovani appartenenti ai ceti medi costituiti dai lavoratori relativamente autonomi (specialmente artigiani e contadini proprietari), che non vogliono o non possono trovare impiego nelle attività dei loro padri, premono in tutti i modi per ottenere un posto, un impiego, dopo essersi muniti di un diploma o di una laurea. In queste condizioni le fortune stesse degli uomini politici sono legate alle loro capacità di procurare "posti"; ed i "posti" spesso vengono assegnati in gran parte in modo indipendente dalle capacità delle persone.
Domina dunque, nel Mezzogiorno, il clientelismo politico e amrninistrativo. Gli stessi partiti di sinistra, quelli che hanno la falce e il martello e magari un libro come simbolo, rimangono inquinati da una tale situazione. Il clientelismo piccolo-borghese rischia di travolgere anche questi partiti, che in teoria dovrebbero costituire, in primo luogo, l'espressione dei contadini piu poveri e dei salariati agricoli (falce) e dei lavoratori salariati dell'industria (martello). In realtà, questi partiti, almeno negli organismi centrali, sono gestiti e diretti da piccoli borghesi più o meno illuminati: l'elogio del "proletariato", la proclamazione della sua egemonia, spesso diventano una maschera della situazione reale, in cui l'egemonia è dei piccoli borghesi: molto libro, poco martello, pochissima falce. In verità che i piccoli borghesi hanno conquistato l'elettorato attivo e quello passivo, mentre gli uomini della falce e del martello di regola hanno solo l'elettorato attivo.
Le critiche ed anzi le invettive che Gaetano Salvemini scaglia contro la piccola borghesia meridionale sono dunque largamente valide anche oggi. Ecco qualche citazione:
"La vita pubblica nel Mezzogiorno è assolutamente impraticabile per chi non sia una canaglia (. ..). Va da sé che le lotte tra le fazioni non hanno nessun contenuto né sociale né politico.
Nel nostro tempo, in alcuni centri meridionali ove si sono insidiate grandi imprese si è creato un peculiare modus vivendi, di tacita divisione di attività fra la piccola borghesia locale e i dirigenti delle nuove unità industriali: i piccoli borghesi locali si occupano dell'amministrazione pubblica, assai spesso con metodi clientelari non molto diversi dagli antichi, e i dirigenti si occupano dell'attività produttiva: sfortunatamente, non c'è stata, o non c'è ancora stata, una vera integrazione su un livello moderno e civilmente accettabile (A. Graziani, Il Mezzogiomo nell'economia italiana degli ultimi anni, nel volume Nord e Sud nella società e nell'economia italiana di oggi, Atti del convegno promosso dalla Fondazione Luigi Einaudi, Torino, 1968, spec. pp. 34-37).
Dal principio del secolo ad oggi, dunque, le condizioni della vita pubblica sembra siano mutate più nella forma che nella sostanza. In gran parte le cose stanno proprio così. Tuttavia, se l'osservatore riesce a dominare le sue emozioni e l'angoscia e la rabbia di fronte ad uno spettacolo spesso barbaro ed incivile, egli deve riconoscere che molte cose sono cambiate anche nella sostanza; ed i cambiamenti hanno avuto luogo non solo nelle campagne (le condizioni economiche dei contadini sono molto migliorate ed il loro numero è fortemente diminuito per via dell'emigrazione), ma anche nelle città dove, in certi casi, sono sorti nuclei piccoli ma dinamici di classe operaia moderna.