I cercatori di funghi
Li fugnare uscivano di casa la mattina, di buonora, e non rientravano prima di avere il tascapane o la bisaccia piena dei prodotti che erano andati a cercare per la campagna e che, poi, la moglie, nel primo pomeriggio, andava a vendere al mercato. Ad ogni stagione dell'anno sapevano in quale zona recarsi e che cosa cercare. Per esempio, in certi mesi dell'anno, ci sono i funghi sia lungo la Pedegarganica che nel bosco.
Sotto le feste pasquali rifornivano il mercato di carducce (piccoli cardi) e asparagi, che si cucinano con le uova.
Conoscevano a menadito tutte le vie e i sentieri che conducevano nelle diverse contrade. Sapevano, inoltre, leggere il cielo: bastava che di notte si alzassero dal letto e dessero uno sguardo alle stelle oppure all'orizzonte e sapevano dire, in linea di massima, il tempo per le prossime dieci, quindici ore e comportarsi di conseguenza. Quando alla sera tornavano, non riportavano mai il tascapane vuoto. Potevano portare un giorno di più e un altro di meno, ma non tornavano mai a mani vuote.
Tutti portavano con sé un cane capace, di notte, di cacciare i ricci, la cui carne, si dice, è tanto buona. D'inverno andavano a scavare li lampasciune (cipollacci selvatici che si cuocevano nella brace e, spellati, venivano conditi con olio, sale e aceto). In altri periodi dell'anno portavano le lumache (ciammariche e ciammarechedde).
Rifornivano, insomma, il mercato di tutto quanto la terra produceva spontaneamente. Raccoglievano origano e menta che vendevano a mazzetti.
Per fare questo mestiere bisognava avere gambe buone per camminare. Quando la mattina uscivano di casa non andavano mica a prendere il pullman. Partivano a piedi e, attraverso monti e valli, raggiungevano le zone dove operare. Giunti sul posto iniziavano a camminare in cerca di funghi, cicorie, lumache, olive, mandorle, castagne e, ancora, uva, grano tra le stoppie, a seconda della stagione e della zona. Il loro era un lavoro che si basava soprattutto sulla capacità di camminare. Camminavano tutto il giorno e, quando credevano di aver raccolto abbastanza per il guadagno della giornata, smettevano, riordinavano la roba e si rimettevano in cammino per ritornare a Sammarco.
Quando arrivava l'autunno e iniziava la raccolta delle olive, essi seguivano a distanza i raccoglitori e tra i rovi e le erbacce riuscivano a trovare tante di quelle olive che prima di sera la loro bisaccia si riempiva. A volte la bisaccia era tanto pesante che era una vera fatica percorrere a piedi quindici, venti chilometri con quel carico sulle spalle. Arrivavano sudati e stanchi. Ma, cocciuti, continuavano ancora nei giorni successivi a raccogliere olive, sino al termine della stagione.
Con gli anni, lentamente, giorno dopo giorno, anche a Sammarco si cominciò ad avvertire un certo benessere economico e le condizioni di vita cominciarono a cambiare in meglio. Ultimamente anche l'artigiano, il professionista, l'impiegato hanno scoperto il piacere di girare per la campagna in cerca di quei prodotti che un tempo erano l'esclusiva dei fugnare.
Quando tutto questo è cominciato ad accadere, i più vecchi, ormai privi dell'energia e della forza necessaria, "andarono in pensione”. I più giovani hanno preferito la via dell'emigrazione in Germania o altrove. E così dei vecchi fugnare è rimasto solo qualcuno.
Quel cane sciolto, che non aveva né padrone né caposquadra sul lavoro, libero da tutto e da tutti, mai sicuro del domani, ma pur sempre fiducioso nella propria sorte, non esiste più. È proprio il caso di dire: c'era una volta...
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