Lu carevunere
Per comporre una "carbonaia" occorreva una quantità considerevole di legna, comunque non inferiore ai trecento quintali (bisogna tenere presente che solo un quinto del peso della legna si trasforma in carbone).
La legna "cotta" rimaneva in piedi, intatta, e, alla fine, dovevano essere i carbonai stessi a fare in pezzi tutto quanto. Lungo tutta la struttura, all'altezza di trenta centimetri circa, si praticano dei fori ogni metro per far sì che quando il fuoco bruciava l'aria avesse la possibilità di giocare dentro.
Tuttavia non sempre, come in ogni cosa, tutto filava per il verso giusto. Il vento, la pioggia ed altri fenomeni atmosferici potevano provocare danni irreparabili se non si stava con gli occhi ben aperti a tenere continuamente tutto sotto controllo.
Quando il carbonaio sentiva che la cottura era arrivata al punto giusto si predisponeva a spegnerla e iniziava con l'operazione del "disarmo". Cominciava a tirar via la terra con un rastrello, polverizzandola sul posto; quindi era la volta della "camicia" che veniva tirata via per iniziare l'opera di spegnimento. I tronchi d'albero carbonizzati non dovevano essere spenti con l'acqua come facilmente si sarebbe portati a credere, ma era la stessa terra tolta a farlo.
Oggi di carbone se ne produce ancora, ma kerosene, gas, elettricità ed altro lo stanno gradatamente soppiantando. Del resto gli "appartamenti" moderni non consentono, per molte e svariate ragioni, di consumare il carbone per riscaldarsi. Anzi si attende con impazienza l'arrivo anche a Sammarco del metano che è molto più comodo e meno costoso.
Abbiamo parlato del carbone e di come si produceva, ma non del produttore, di colui che si applicava giorno e notte, dal principio alla fine, senza riposo e senza tregua perché il lavoro fatto non andasse perduto per mancanza di assidua e costante assistenza.
Il carbonaio era soggetto a malattie bronco-polmonari a causa della persistente esposizione alle avversità del tempo, particolarmente frequenti in autunno e primavera, senza parlare dell'inverno. E la polvere?
Per scrivere questo pezzo mi sono rivolto a più di un operaio o, meglio, ex operai, oggi pensionati, che, negli anni passati, hanno lavorato in questo campo. Soprattutto il signor Luigi Villani mi ha informato su tutti i particolari, essendo egli stesso produttore e commerciante di carbone in Sammarco.
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