Ernesto Rossi, Il Malgoverno, pp. V-IX, Laterza 1955
Prefazione
- Se una squadra di arabi doveva trasportare a spalla una longarina, appena la squadra si muoveva, sempre uno di loro si abbassava un poco, per scaricare il peso sui compagni; un altro seguiva subito il suo esempio, poi un altro, poi un altro. Dopo cssersi curvati tutti più che potevano, per abbassarsi ancora più, andavano con le gambe piegate. Alla fine erano tutti ginocchioni, quasi schiacciati sotto la longarina.
- Quegli arabi - feci allora osservare al mio compagno di cella - si meritavano la cittadinanza italiana. Erano “furbi” come noi. Per aver cercato di scaricare sugli altri il peso relativamente lieve della cosa pubblica, che ognuno di noi doveva portare, ci troviamo ora schiacciati da una banda di avventurieri senza scrupoli, che ci fanno star tutti quanti ginocchioni.
L'immagine degli arabi aotto la longarina mi è tornata più volte alla mente mentre scrivevo gli articoli che ho raccolti in questo libro.
I grandi industriali sono “furbi” quando fanno svalutare la moneta per annullare i debiti con i quali hanno costruiti i loro impianti. I latifondisti sono “furbi” quando aumentano le loro rendite, facendo raddoppiare il prezzo del pane col dazio sul grano. Gli statali sono “furbi” quando levano taglie e balzelli su chiunque chieda un documento, una registrazione, un timbro ai loro uffici. I generali sono “furbi” quando accrescono gli stipendi ed allargano gli organici con i miliardi che dovrebbero servire a migliorare gli armamenti. I plutocrati sono “furbi” quando si intendono con gli agenti del fisco per sottrarre all'imposta la maggior parte possibile del loro reddito imponibile.
Tutti “furbi” in Italia. Tutti “furbi” che fan finta di prendere molto sul serio, ma mai si lasciano veramente incantare dalle proclamazioni dei grandi principi sulla libertà, la democrazia, la giustizia sociale, la solidarietà nazionale.
Il vanto a cui maggiormente tengono gli abitanti della città più miserabile d'Italia - “Cà nisciuno è fesso” - potrebbe essere inciso come motto araldico sullo stemma della nostra Repubblica. E siccome “nisciuno è fesso”, tutti sono disposti a dar fuoco a una intera foresta, se la foresta è della collettività, per cuocersi un uovo al tegamino.
Questa è la vera ragione della nostra miseria. Questa e non la scarsità delle terre coltivabili e delle materie prime.
In due pagine ristampate ultimamente nel Buongoverno, Luigi Einaudi spiega che i fattori principali della ricchezza delle nazioni non sono le risorse naturali; sono le qualità morali degli abitanti:
“La culla della ricchezza americana - scrive Einaudi - non è stata nelle regioni del Sud, ricche di cotone, nelle pianure centrali feconde di frumento, nelle terre a carbone a ferro od a petrolio. Fu negli Stati della Nuova Inghilterra, nelle inospiti, pietrose contrade, poste fra New York e i confini del Canada, dove la terra non dà messi, perché la roccia affiora dappertutto, dove le foreste vengono a stento, dove non ci sono miniere di nessun minerale, dove mancava tutto, salvo l'energia indomabile dell'uomo”.
La Svizzera è un paese più ricco del nostro solo perché è un paese meglio amministrato. Ed è un paese meglio amministrato perché gli svizzeri sono meno “furbi” di noi.
Gli articoli che ho raccolti in Settimo: non rubare e quelli che ho scelti in questo libro possono - a me sembra - dare al lettore una prima idea delle conseguenze della nostra generale “furberia” nei rapporti con i nostri simili.
In conseguenza delle trincee che ogni gruppo scava a difesa dei propri interessi sezionali, è raro che in Italia il lavoro venga eseguito dalle persone che lo sanno eseguire, nel luogo e nel modo in cui riuscirebbe più redditizio. Alle spalle di ogni persona adulta, che effettivamente lavora, ne vivono senza lavorare almeno un paio: grattascartoffie, controllori, intermediari, procacciatori, azzeccagarbugli, monache, frati, militari, grandi baroni E una volta ottenuto il prodotto, la gran parte va perduta in operazioni di arrembaggio, con le quali i più “furbi” ancora riescono a spogliare coloro che dovrebbero esserne i legittimi proprietari.
Finché gli italiani continueranno ad essere “furbi” a questo modo, nessun piano di investimenti, nessuna politica produttivistica, riuscirà a guarirli dalla loro miseria. Anche se l'Italia divenisse, per miracolo, dalla sera alla mattina, tutta quanta pianeggiante e fertile come la “Campania felice”, anche se la precipitazione delle acque fosse sempre in tutte le regioni la più favorevole alle diverse culture, anche se scoprissimo nel sottosuolo i più ricchi giacimenti di oro, rame, ferro, carbone, petrolio, gli ultimi strati della nostra popolazione sarebbero sempre costretti a vivere in condizioni di vita bestiale.
È questa una verità che non dobbiamo stancarci di ripetere contro coloro che vorrebbero scaricare molto comodamente le responsabilità di tutti i nostri malanni sul governo e sul Padreterno.
Roma, agosto 1954.
Ernesto Rossi